John Grant Grey Tickles, Black Pressure
2015 - Bella Union
#John Grant#Rock Internazionale#Folk #Jack White #Roger Nelson #Tracey Thorn
S. Paolo, I lettera ai Corinzi, 13, 4-8, Intro e Outro di Grey Tickles, Black Pressure.
Tutto comincia e tutto finisce con l’amore, per John Grant. Anche le sue crisi di mezza età – Grey Tickles tradotto dall’islandese – e ogni incubo – Black Pressure tradotto dal turco. L’amore di un gay, sieropositivo ed ex tossicodipendente che piglia dalla Bibbia l’inno alla carità cristiana e lo trasforma in un più umano e carnale sentimento, alla faccia anche degli insegnamenti etero-coniugali della teologia paolina.
Terzo capitolo da solista, dopo Queen of Denmark e lo splendido Pale Green Ghosts, Grey Tickles, Black Pressure enfatizza ancor più le movenze electro del disco precedente, ma senza fare torto alla tipica ricerca melodica che Grant ha sempre diluito nelle sue ballads orchestrali e dolenti (qui Global Warming, Magma Arrives, Geraldine e la title track). Solo che l’inquietudine esistenziale del songwriter statunitense stavolta vira verso soluzioni sonore che amalgamano differenti generi musicali in un campionario stilistico per niente omogeneo. Non più solo pop d’autore e sofisticate atmosfere sintetiche, ma un complesso armamentario di citazioni funk/rock ben digerite e rielaborate per dare sostanza multipla a un disco solo apparentemente disorganico.
Difficile non scorgere il minimal-electro-funk del “Principe” Roger Nelson nelle chitarre e nelle stoppate ritmiche di Snug Slacks, come è impossibile non riconoscere le sterzate acide di Jack White nell’incalzante linea di basso e nella multistrumentalità rock di Guess How I Know. Incursione revivalistica ‘80/’90, invece, per Disappointing – traccia spiazzante ma ben sostenuta da Tracey Thorn – che su uno schermo ultrapop proietta coretti Eurythmics e tastiere Daft Punk (Around The World). Come ’90 è il folk-rock di Down Here, in bilico tra Smiths e suggestioni country.
In Grey Tickles, Black Pressure John Grant si spinge oltre se stesso, persino oltre le sue già collaudate nuances elettroniche ancora vive in You And Him. E lo fa magnificamente nell’uso kraftwerkiano del synth, estenuato nella “macchinazione” vocale space-rock di Black Blizzard.
Forse è vero: chi è un nostalgico del cantautore Grant, tutto archi, chitarra, pianoforte e caverne baritonali, si sentirà tradito nelle aspettative, soprattutto dopo l’album del maestoso live con la BBC Philarmonic Orchestra, uscito a gennaio 2015. Ma al songwriter di Denver e ora islandese – che parla anche russo, tedesco e spagnolo – non sembra interessare molto l’identità, figuriamoci quella discografica. E se entra a gamba tesa sui pronostici dell’abitudine, lo fa con un disco che gli ribadisce un talento e un’eleganza sempre all’apice di qualunque attesa.
Grey Tickles, Black Pressure è un disco da masticare più volte, prima di poterne assaporare i ricercati retrogusti che nasconde e solo in questo modo, non c’è dubbio, se ne può godere la complessità senza dover rimpiangere tutto ciò che lo ha preceduto.