
James Maddock Insanity vs. Humanity
2017 - Appaloosa Records / IRD
Questo è Maddock, e l'ultimo disco lo conferma: il ragazzo inglese, trapiantato da diciotto anni a New York, gioioso, ma mai superficiale, grande sportivo, impegnato socialmente e profondamente indipendente, apprezzato anche da Springsteen e Letterman, è rimasto, nel profondo, fedele alla propria identità, e, a distanza di trent'anni dagli inizi, autoproduce un disco che, composto durante la campagna elettorale e registrato durante le elezioni americane, affronta tematiche politiche con piglio ed energia.
Maddock si impegna a riflettere e far riflettere su capitalismo, totalitarismi apparentemente nascosti, ma altrettanto efficaci, diritti civili e opinione pubblica; anche se egli stesso ammette che i sostenitori di Trump non cambieranno idea con le sue canzoni, è altrettanto convinto dell'importanza, per un musicista, di esprimere le proprie posizioni con fermezza, attraverso una visione dei nostri tempi il più possibile realistica, ma anche ironica.
E, se la censura USA bolla un gran pezzo come Fucked Up World con Explicit Content, basta soffermarsi sulle parole del brano per comprenderne la forza, enfatizzata da chitarre potenti e da un uso molto rock anche delle voci.
Una parte importante del disco è infatti svolta dai musicisti newyorkesi, di cui Maddock si è circondato per la registrazione, come Aaron Comess (Spin Doctors), Drew Mortali, Ben Stivers, Jason Darling, Garland Jeffreys, David Immergluck (Counting Crows) e Joy Askew, per l'occasione riuniti tutti in due infuocati giorni di session, nei quali l'artista ha cercato in ogni modo di rendere su disco il feeling del live, stile "buona la prima", senza sovraincisioni né suoni particolarmente sofisticati.
Del resto, se brani come Watch it burn o la title track parlano di what's going on, e indicano nell'onestà e nella humanity la via per uscire dalla insanity collettiva che ci minaccia, per coerenza, l'autore non può irretire l'ascoltatore con trucchi raffinati, ma essere, appunto, umano, diretto, passionale e appassionato. Anche nelle immancabili ballate (la springsteeniana November Tale, Leave me down o The flame su tutte) Maddock rivela una vena ispirata e sincero, e, seppur non giunge ai livelli dei suoi pezzi storici, trasmette emozioni autentiche.
Insomma, un Old Rocker, che crede ancora nella forza delle parole e della musica, per esprimere una visione del mondo e della vita, proponendola senza imporla, con equilibrio e sapienza artistica.