Jaime Michaels Once Upon A Different Time
2016 - Appaloosa / IRD
#Jaime Michaels#Americana#Songwriting #Jono Manson #Stefano Barotti #Pippo Guarnera #Kevin Trainor #Jason Crosby #Marco Barotti #Sam Armstrong
Originario di Boston, con peregrinazioni tra Cambridge e il South Carolina fino a stabilirsi già da qualche tempo a Santa Fe in New Mexico, il nostro protagonista è in pista già dagli anni settanta con il trio folk Beckett e come componente della formazione rock Truly Dangerous Swamp Band, ma è solo alla fine degli anni novanta che da avvio alla sua carriera di songwriter. Tra le sue principali influenze giovanili indica il Kingston Trio, Peter Paul & Mary, ovviamente Dylan, ma il suo eroe basilare è Tom Rush.
Il suo approccio quieto e sereno alla canzone può rammentare gente come James Taylor, Chip Taylor o qualche canadese gentile; canzoni che sono piccole storie, quadri con pennellate pastose dai toni morbidi, dove i tratti si collocano in spazi arieggiati, marcature acustiche, chitarre e folk d’autore che assemblano songs gradevoli. Anche Once Upon A Different Time, come già accennato, vede sempre Jono Manson in sala di regia; si parte con le gradevolezze melodiche e le acustiche in fingerpickng della title track, ma è con Warming che arriva la prima freccia che colpisce a fondo, riferimenti ecologisti e qualche nostalgia hippy un po’ Crosby&Nash all’interno di un’atmosfera seducente e suggestivamente accattivante.
La confidenziale Crazy For Me dispensa piacevolezze intimiste con il violino di Jason Crosby in trincea a demarcare tensioni. La graziosa Somewhere In Italy vede un duetto con la seconda voce di Stefano Barotti; A Little More è un’altra perla serafica con Kevin Trainor alla chitarra elettrica che divide la scena con l’acustica di Paolo Bonfanti, Pippo Guarnera all’hammond fa faville, Marco Barotti on drums e Stefano Bertilorenzi al basso. Steal Light ha toni bluesy e palpitazioni swing; tra le altre tracks degne di nota non possiamo scordare la bella e disinvolta Circling Around con il piano strepitoso di Jason Crosby e il banjo di Sam Armstrong e la crepuscolare The Heat con il suo respiro tormentoso dagli umori esplicitamente notturni, tra le songs più affascinanti del cd. Infine Singing For My Supper chiude l’album con brio festoso sulle brezze gioconde di un folk che connette bluegrass e arie irlandesi.