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Elli De Mon Songs of Mercy and Desire
2018 - Pitshark
I ritmi incalzanti, diretti, dotati di quell’energia tipica del North Hill Mississippi Country Blues si fanno sentire nei due brani in partenza, Louise, un blues desertico, e Let Them out che, con la sua fitta trama e il suono percussivo della grancassa che ricorda il garage dei Black Keys. D’altronde Elli ha avuto modo di dividere il palco con Jon Spencer Blues Explosion e Cedric Burnside, a dimostrazione che la sua musica conosce bene quel tipo di groove, sia che si tratti di un brano come Tony, nella sua dimensione ipnotica ed evocativa con quel sax dissonante e la voce di Phil Reynolds che cresce e si perde, sia quando si sporca e si distorce sulle svisate slide della Weissenborn in Grinnin’ in your face. Un sound capace di passare dalla rudezza del blues primigenio ai sapori del country folk tradizionali, come in Granpa con quel pizzicato slide che smuove emozioni leggere attraverso la letizia del ricordo. In Songs Of Mercy and Desire è come se il cerchio rimanesse aperto, tra una fuga e un viaggio della coscienza, in bilico tra ombre e luci, dentro a un percorso sulla via dell’accettazione e del cambiamento, sensazione ben trasmessa da Elegy, un trascinante e greve mantra decorato da sonagli sciamanici e vocalizzi konnakol (tipici della musica modale indiana), e che torna nelle note di un magnetico sitar in Chambal River. Un tema, quello dello scorrere del fiume, che rappresenta la voglia di lasciarsi alle spalle il passato nel desiderio di proseguire sul percorso per ritrovare sé stessi. Anche in Riverside, una ballata folk dai sapori agrodolci, ricorre l’immagine di una carezzevole attesa seduti sulle rive del corso. In effetti, rispetto agli album precedenti, Songs Of Mercy and Desire utilizza un canale più intimo, confidenziale, fatto di sensazioni ed emozioni che emergono soprattutto nelle ballads. In Flow, ad esempio, vi è tutta la purezza dei paessaggi del Nord America e le armonie alla Paul Simon deliziano una ballata pronta a cambiare il passo su ritmi in crescendo come un cavallo al galoppo. Gli arrangiamenti sono interessanti e tutt’altro che scontati. Il lavoro di mixaggio di Matt Bordin, che ha anche partecipato alle registrazioni con sax, lapsteel, flauto e armonica, si è dimostrato efficace, ma forse tende ad imprigionare la voce di Elisa, che risulta un po’ troppo vellutata e nitida, quando dal vivo appare più incisiva.
I temi dominanti restano desiderio e compassione, sensualità e purezza, in bilico tra brani grintosi e amabili ballate, su un sentiero che attraversa deserti annebbiati dalla polvere e praterie sconfinate. Elli De Mon, utilizzando quelle sonorità che arrivano dirette allo spirito, sembra regalarci le confidenze di un racconto biografico, dal passato temerario sull’onda del punk ad una fase odierna più riflessiva, nata insieme alla dolce metamorfosi di una donna che diventa madre.