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Elli De Mon Raise
2025 - Rivertale Production
Si può cantare in dialetto, ed essere contemporaneamente blues, punk, rock? Quali limiti deve avere il folk, se ne deve avere? Col nuovo album Raìse, ovvero radici, Elisa De Munari, alias Elli de Mon, risponde in modo esplicito e inequivocabile: il folk non ha barriere, mescola i generi e sa essere avantgarde, contemporaneo, pur raccontando di leggende antichissime.
L'operazione sembra semplice: la cantautrice vicentina prende una leggenda legata al paese di un personaggio mitico come Santorso, diventato poi santo per i cattolici, Sant’Orso, ma trasforma la storia in un percorso dalle tinte scure, tra echi di chitarre dark, dense di riverberi, che allargano i confini fino ad abbatterli. A un certo punto dell'ascolto, non si sa più se ci si trovi nel NordEst italiano o in qualche sperduta pianura americana. E ciò è bello, corroborante, dopo troppi lavori in cui il folk è talmente connotato da riuscire scontato.
A legare il tutto è la voce magica, cangiante, ipnotica dell'interprete, che sa essere antica e moderna insieme, con una spiccata predilezione per le tinte dark e rock, come in El Foresto, sostenuta da un ritmo incalzante, o per il blues, come accade per El me moro, incredibile rivisitazione dall'atmosfera orientale un canto tradizionale che descrive una violenza domestica, piccolo grande gioiello che riassume in sé tutta la forza espressiva e contenutistica del disco, insieme a Sumàn, che intarsia, in un testo dell'autrice, un canto seicentesco della laguna di Venezia.
Merito della creatività poliedrica di Elli de Mon, che, oltre a cantare, suona contrabbasso, chitarre, ukulele, sitar, dilruba, harmonium e tnpura, anche dell'imprescindibile apporto fornito dai Raìse, ovvero Marco Degli Esposti e Francesco Sicchieri, rispettivamente alle chitarre e alle percussioni, che accentuano il carattere sperimentale ed energico dell'album. Basterebbe ascoltare il potente lavoro di arrangiamento di Sinner o di Babastrii per cogliere appieno non solo la portata, ma anche l'altissima qualità del progetto, sospeso tra innovazione e tradizione, tra poesia delle radici (come in Giose, dal testo poetico e dall'atmosfera suggestiva, con qualche sapore esotico), e spinta verso il futuro, che però ricapitola in sé il meglio dell'anima mundi, espressa in musica, dal blues delle origini alle nenie ancestrali: Nana Bobò, ,che unisce un canto tradizionale del Veneto con una ninna nanna indians, non si discosta molto dalla splendida Sarò Tera, scritta dall'autrice.
Come autrice di libri, docente e musicoterapeuta, De Munari ha pubblicato, tra gli altri volumi, Murder Ballads-ballate per dèi assassini (LaGru Edizioni, 2022), una raccolta di racconti dark, e anche in Raìse ha voluto unire la parola cantata con quella scritta, donandoci un libro scritto da lei, con illustrazioni di Luca Peverelli. A ribadire quanto scritto prima: che per questo lavoro i generi, i limiti e le definizioni non possono né devono esistere. Altamente consigliato.