Delbert Mcclinton Outdated Emotion
2022 - Hot Shot Records
Presentando alla stampa il nuovo lavoro, Delbert McClinton ha dichiarato: “ho sempre voluto fare un disco con le canzoni che mi hanno influenzato di più. Canzoni di Hank Williams, di Jimmy Reed, canzoni che amo. E questo era il momento perfetto per farlo. È musica importante da un’altra epoca. È musica che le persone hanno bisogno di sentire di nuovo, o per la prima volta. Nessuno le conosce. O le hanno dimenticate. O non gli sono mai state suggerite. C’è un’intera generazione, e forse adesso sono due generazioni, che non conoscono questa musica. La mia idea era di mostrare loro com’era e come siamo arrivati fin qui. Hank Williams, Jimmy Reed, Lloyd Price, Ray Charles. Queste canzoni mi riportano alla mia gioventù. Sono quasi migliori adesso di quanto lo fossero ai tempi, e all’epoca erano grandiose. Sono canzoni che tutti dovrebbero avere l’opportunità di ascoltare”.
Impossibile dargli torto. Anzi (e mi scuso in anticipo per la divagazione personale), la mia esperienza di esecutore e divulgatore di musica di quell’epoca conferma che quando porti quelle canzoni al pubblico (senza aspettare che sia il pubblico a cercare la musica) gliele racconti e gliele porgi con rispetto e passione, la risposta è univoca: dai bambini all’anziana signora in mise elegante, dal punk con il cane alle giovani coppie mano nella mano, dalle famiglie ai senzatetto: tutti finiscono con l’amarla.
Così Delbert McClinton dal nativo e amato Texas fa un salto a Nashville da Kevin McKendree (già al timone di The Eclipse Sessions di Sua Maestà John Hiatt) a registrare un pugno di canzoni con un manipolo di amici per registrare il suo ventisettesimo disco in carriera. E quello che viene fuori è un signor disco, in cui composizioni originali di McClinton si confondono perfettamente – nel suono, nell’intenzione e nella qualità – con grandi classici già citati sopra. Non solo perché su tutte il vecchio Delbert imprime il proprio marchio (voce, interpretazione, ironia, timing), ma anche perché si rivelano fatte della stessa pasta. L’autografa Two steps too potrebbe venire da un polveroso disco di Hank Williams, come anche Money honey.
Sweet talking man ancheggia come un cowboy sui suoi stivali nel più classico Texan swagger da barrelhouse. La cover di Setting the woods on fire (ancora Hank Williams), a rileggere bene il testo, rivela chiaramente da dove il rock’n’roll ha preso la sua metà bianca di spirito di rivalsa e di foga vitalistica. E la cover di The sun is shining (Jimmy Reed) rivela la parte dell’eredità nera (e leggeteli quei testi quando ascoltate le canzoni!!!). Non mancano le romanticherie soul da ballo a notte fonda (una rispettosa quanto personale interpretazione di I want a little girl di Ray Charles) e quelle blues da bancone del bar (l’epica One scotch, one bourbon, one beer di Amos Milburn). C’è decisamente una ragione se lo chiamano “il padrino dell’Americana”.
Il suono è limpido ma non troppo, per restituire l’efficacia di performance live in studio. Nei pezzi country lap steel e violino la fanno da padroni mentre chitarra e contrabbasso punteggiano il ritmo. Nei blues alla Jimmy Reed il ritmo rotola guidato dalla chitarra elettrica e dallo swing della batteria. Il pianoforte di McKendree è discreto, assente quando serve, comprimario quando serve (Sweet talking man, Connecticut blues, Hard hearted Hannah e, soprattutto, I want a little girl). Nel complesso, il suono è sempre perfetto per ciascuna canzone (anche se ogni tanto pare fare capolino un fastidioso alone di pompaggio da compressione di troppo su certi strumenti) e nel complesso riesce nella non facile impresa di dare omogeneità sulla lunga distanza a un album di composizioni provenienti da origini diverse e a volte (più o meno apparentemente) distanti.
Ripercorrendo a ritroso la sua discografia, non sempre i dischi di McClinton sono stati così convincenti sulla lunga distanza. Un repertorio di grandi canzoni, classici e originali perfettamente amalgamati, produzione ed esecuzioni impeccabili e rispettose, ma indubitabilmente vive e coinvolgenti. Con il Lone Star State che si staglia sempre lì, un bel po’ più avanti del mero sfondo, con la sua miscela micidiale di blues, country, rock’n’roll e soul. Cosa volete di più?