Davide Buffoli THE GRAND SLAM (E.P.)
2017 - self produced
#Davide Buffoli#Americana#Roots #Marissa Frost Francoli #Miriam Cossar #Stefano Berto
Davide, come il sottoscritto d’altronde, è innamorato della musica americana ed i suoi riferimenti più grandi sono musicisti e cantanti come John Fogerty, John Mellencamp e Tom Petty, scusate se è poco. Buffoli gravida nell’ambito del rock di matrice americana rielaborando i suoni della freschezza di autori come Ryan Adams o di gruppi come i Jayhawks, Gin Blossoms e più recentemente Counting Crows, Black Crowes, Vertical Horizon e Wilco. Il suo è un approccio moderno ma al tempo stesso anche tradizionale al miglior rock guardando al panorama internazionale. Pop-rock frizzante, esuberante, vivo, brillante e contagioso. Ad una spiccata bravura strumentale (qui suona chitarra, banjo e canta ma nei dischi precedenti anche piano rhodes, hammond, mandolino, armonica e chitarra basso) unisce una bontà di testi e suoni del miglior mainstream.
Il titolo The Grand Slam o Grande Slam è un termine che trae origine dal gioco del bridge, in cui sta ad indicare il colpo massimo realizzabile: consiste, infatti, in 13 prese effettuate ai danni dell'avversario. Il tennis ha preso in prestito questa definizione per indicare la vittoria in tutti e quattro i più importanti tornei a livello mondiale ed internazionale, vinti nello stesso anno.
Un CD con soltanto 5 brani ma Davide Buffoli sa il fatto suo.
Splendida l’iniziale The Grand Slam dedicata al mondo del tennis ma Buffoli sta ad indicare nel Grand Slam un significato più profondo e privato, una metafora che paragona la vita al tennis. Ognuno di noi non deve mai darsi per vinto, come nelle competizioni ma anche nella vita quotidiana e dare sempre il massimo raggiungendo il traguardo di un ipotetico Grande Slam.
Born in the ‘70s mi ricorda R.O.C.K. in U.S.A. (1985) di John Cougar alias John Mellencamp così come Walking with you e Eyes on me risultano assai gradevoli, delle rock-ballads impreziosite da cori, doppie voci, armonie vocali e chitarre grazie anche a delle sovra incisioni dello stesso Davide.
I riff chitarristici e i ritornelli si susseguono nelle 5 tracce e Davide è maestro in questo. La conclusiva My favourite hour invece inizia con una intro di piano elettrico a cura di Stefano Berto ed è un slow-rock d’effetto con il banjo ad accompagnare questa graziosa melodia e la voce seducente di Miriam Cossar. Per cantare bene in inglese, ma lui lo fa già da anni, Davide ha scomodato perfino una Personal English Consultant, la californiana di Newport Beach, Marissa Frost Francoli che dal 1992 è giunta in Italia (vive a Borgosesia, Vercelli) e fa parte della AFS Intercultura chiamata Ricomunica, un progetto di formazione professionale e di laboratori culturali. Coach, English Teacher, insegnante, Direttrice e traduttrice, Marissa ha curato per Davide anche alcuni testi ed il valore aggiunto si sente.
Un disco variegato che sta tra l’alternative-rock e il rock più classico anni ’90 con ottimi risultati.
Keep on rockin’ Davide!