Damon Albarn Dr Dee
2012 - Parlophone-Emi
Dr Dee era per me, sino alle ricerche per questo progetto musicale, solo un personaggio di fantasia legato ad uno dei libri più belli, inquietanti e spaventosi da me letti: il Necronomicon di H. P. Lovecraft. Dr Dee nel libro era infatti, se ricordo bene, il presunto autore del manoscritto…
“Questo” Dr Dee (an English Opera), invece, parla di un reale quanto misterioso personaggio che visse nella seconda metà del ‘500 alla corte di Elisabetta I come suo consigliere personale: John Dee. Sulla storia del personaggio si sono scritte e si possono trovare molte informazioni. A noi basti sapere che Dee fu un erudito occultista astronomo e alchimista; che studiò matematica soprattutto perché pensava che partendo dalla matematica, ma soprattutto dai numeri, si potesse leggere e capire l’origine religiosa e mistica delle cose. Cercò di parlare con gli angeli attraverso una sfera di cristallo e costruì una biblioteca scientifico/occultistica unica al mondo. Strana figura di cattolico, al servizio della Regina che fece diventare l’anglicanesimo definitivamente la religione ufficiale del regno inglese, Dee probabilmente non fu la tipica figura cialtronesca che spesso è facile incontrare a fianco di grandi personaggi storici.
Arrivando al disco è importante non pensarlo, come purtroppo molti critici hanno fatto, in chiave di rispetto filologico segnalando incongruenze sugli stili musicali non propriamente cinquecenteschi! I brani sono scritti mescolando stili e strumentazioni come Albarn ormai fa abitualmente: unendo venature pop, sempre presenti, con strumenti acustici classici; richiami cinquecenteschi a strumenti africani come la Kora di Madou Diabate (nell’intensa The Moon Exalted) e usando la sua voce e l’harmonium come collanti tra i brani. Un’opera meticciata e mistica di un autore che oggi sembra vicino a un’idea di musica totale e che tra poco, magari, potremmo avvicinare a quella di uno John Zorn (naturalmente fatte le debite distinzioni!).
Apple Carts è il vero inizio, dimesso e intimo, del disco. Grande brano di scrittura nobilmente pop in cui chitarra, flauti e harmonium accompagnano la voce di Albarn che manterrà, da qui in avanti, un canto intenso e dolente. L’invocazione O Spirit, Animate Us apre a orchestrazioni che diventano sempre più complesse in The Moon Exalted. La scura A Man of England è affidata al Basso lirico di Christopher Robson mentre Saturn, con una bella parentesi di Soprano, ha momenti che ricordano il suono e le atmosfere del miglior Terry Riley. L’introduzione corale e solenne di Coronation introduce il brano dalla struttura più dichiaratamente pop e moderna dell’opera: The Marvelous Dream. Edward Kelley è intrisa di contemporaneità con le sue dissonanze sempre più marcate e l’uso di Field Recording per il finale.
Certo tra le tracce ci sono anche brani meno interessanti musicalmente, ma probabilmente queste hanno più senso all’interno della narrazione teatrale. Preparation, con la batteria di Tony Allen, e la successiva 9 Point Star, con l’unica chitarra elettrica del disco, ne sono sicuramente due esempi! Temptation Comes In The Afternoon e Watching The Fire That Waltzed Away sono pretenziosamente bizarre ma riuscite.
Rimangono Cathedrals e la corale Tree Of Beauty prima del gioiello che chiude l’opera. The Dancing King è tra i più bei brani scritti in assoluto da Damon Albarn. Chitarra e violoncello sostengono una voce e una melodia sommessa ma allo stesso tempo chiara serena e fiduciosa, che sfuma in cinguettii e suoni di natura dolci e rassicuranti. Sono gli stessi suoni che introducono The Golden Dawn il primo brano dell’opera. E allora anche se il primo ascolto, e magari anche il secondo, ha lasciato in voi perplessità, sorrisi imbarazzati e voglia di skippare avanti con sempre più impazienza, provate a dedicare un nuovo tempo a questo disco che, ascolto dopo ascolto, affascina sempre di più.