
live report
Damon Albarn Roma, Cavea Auditorium Parco della Musica
Concerto del 15/07/2014
L’apertura è affidata a Lonely press play, e la voce di Damon dal vivo si fa decisamente più calda rispetto al disco, suggerendo ancora di più il senso di raccoglimento. Con Every day robots Albarn passa alle tastiere e gli Heavy Seas (musicisti dal look cool e vintage, permettetemi la parentesi frivola, ma soprattutto bravissimi) sembrano muoversi come ipnotizzati da un carillon.
Dal repertorio dei Gorillaz arrivano Tomorrow comes today, molto new wave, e Slow Country, amara e ballabile insieme. 3 changes, che starebbe benissimo come colonna sonora in un film di James Bond, arriva dritta dritta da The Good, the Bad & the Queen, il supergruppo messo su con Paul Simonon, Simon Tong e Tony Allen. Se quanto fatto da Damon con i Blur è memorabile, non si può comunque dire che siano mancate collaborazioni importanti e progetti fecondi al di fuori.
È il momento di imbracciare la chitarra acustica per Hostiles, lenta, che resta dentro come un abbraccio che rompe il muro dell’incomunicabilità. Per Photographs (you are taking now) invece si torna alla tastiera. Il suonare seduto davanti allo strumento permette a Damon di amplificare l’intimità creata dalle note. Kingdom of doom (da The Good, the Bad & the Queen) è elettrica e sensuale. You and me carica della malinconia di settembre è ipnotica.
È il momento di un ospite sul palco. Il brano, Dam(n), fu originariamente registrato con Flea e Tony Allen per l’album Rocket Juice & The Moon. Qui a Roma c’è il ghanese M.anifest, energico e coinvolgente. Hollow ponds si impreziosisce con il suono della tromba. Per El manana salgono sul palco per la prima volta nella serata le coriste. Il cantante è di ottimo umore, sorride raccontando aneddoti di una sua vacanza italiana. History of a cheating heart vede Damon Albarn alla chitarra acustica, a cantare col cuore (suo e nostro) in mano. Con Out of time arriva l’amarcord dei Blur: voce vibrante, solo alla tastiera ad inseguire il tempo perduto, rubato da troppe cose meno importanti. Tornano gli Heavy Seas sul palco ma lo scrigno del passato non si è chiuso. E’ il turno di All your life. Dai non possono essere passati già 17 anni! L’aria scanzonata di Damon non ha perso smalto, e la voglia di divertirsi nemmeno.
I bis iniziano con End of the century, a confermare quanto scritto sopra. Clint Eastwood è il delirio: accompagnato di nuovo da M.anifest, Damon fa salire mezza platea sul palco, per la gioia della security. Il concerto è diventato ufficialmente una grande festa a cui tutti possono partecipare.
Mr Tembo, col suo andamento rock-steady e le coriste, continua nella missione di far ballare e battere le mani a tutti. Don’t get lost in heaven serve per riprendere un attimo il fiato. La chiusura è affidata alla nuova Tender, e mi ha fatto venire gli occhi lucidi. E’ Heavy seas of love. Le voci delle coriste e di Damon si fondono con le note in polvere di stelle. E’ un momento perfetto, a cui nulla può essere tolto o aggiunto. E quindi si può solo salutare. Come una compagnia di teatro, Damon e tutti gli attori di questo meraviglioso spettacolo si prendono per mano e si inchinano al pubblico per salutare e prendersi i meritatissimi applausi.
C’è stato di tutto, dai salti sfrenati alle canzoni da sentire abbracciati. Ha sfilato davanti ai nostri occhi e per le nostre orecchie un pezzo di storia recente. Più vicina a noi, perché ci siamo un po’ cresciuti con certe canzoni. Perché era impossibile sottrarsi alla diatriba Blur – Oasis. E perché è bello scoprire che dietro c’era e c’è un musicista completo con un mondo da offrirci.
Setlist
Lonely press play
Every day robots
Tomorrow comes today
Slow Country
Kids with guns
3 changes
Hostiles
Photographs (you are taking now)
Kingdom of doom
You and me
Dam(n)
Hollow ponds
El manana
History of a cheating heart
Out of time
All your life
Encore
End of a century
Clint Eastwood
Mr Tembo
Don’t get lost in heaven
Heavy seas of love