Cory Branan Adios
2017 - Bloodshot Records / IRD
Nel 2000 riceve dalla National Academy of Recordings Arts & Sciences (NARAS) il Phillips Award per l’album di debutto. Nel 2001 autoproduce il suo primo disco The Hell You Say (ristampato dalla Madjack Records nel 2002) mentre nel 2006 rilascia sul mercato discografico l’album 12 Songs. Interrotta la collaborazione la Madjack Records inizia la collaborazione con l’etichetta indipendente Bloodshot Records incidendo per loro, nel 2012, il terzo album Mutt (titolo che fa’ riferimento ai tanti stili e influenze presenti nelle sue canzoni) mentre nel 2014 il quarto disco The No-Hit Wonder gli offre la possibilità di essere inserito da Rolling Stone tra “Uno dei dieci artisti che devi conoscere”.
Eccoci al 2017 e al quinto disco Adios descritto dal cantautore stesso un kit di sopravvivenza del perdente […] As funny and defiant as it is touching and sad, this self-dubbed "loser's survival kit" doesn't spare its subjects or the listener […]; l’album è stato registrato dopo la morte del padre e la nascita di suo figlio e probabilmente per questi motivi prende a cuore (con la giusta dose di ironia e sagacia) argomenti delicati come la perdita e la delusione.
L’album è stato registrato presso i Tweed Studios ad Oxford (Mississippi) avvalendosi della collaborazione di Amanda Shires al violino e voce e Robbie Crowell (della band di alternative rock Deer Tick) alla batteria, tastiere e fiati, James “Haggs” Haggerty al basso, Laura Jane Grace e Dave Hause alle voci.
Ad aprire le danze ci pensa il breve (1 minuto e 45) brano folk I Only Know, a tirano in ballo il sound alla Tom Petty ci pensano la chitarra e voce presente nella piacevole ballata folk-rock Imogene; il Jersey sound è invece ben presente nella successiva e ben riuscita Blacksburg. Piacevole all’ascolto anche il power pop di Yeah, So What, organo, chitarre e battiti di mani sono gli ingredienti che accompagnano Branan in You Got Through. Seguono tre pezzi che a loro modo richiamano tre artisti ben differenti tra loro: il country folk The Vow che il nostro dedica al padre scomparso con echi di John Prine, Walls, Ms che con la sua melodie blues che ci rimanda a John Weldon (J.J) Cale e infine la notturna e jazzy Cold Blue Moonlight che in questo caso invece ci porta alla memoria Tom Waits. Nell’album sono presenti anche episodi meno significativi come ad esempio Visiting Hours un brano del disco decisamente bulimico di effetti se messo a confronto con il resto dell’album.
In conclusione un disco forse un po’ “citazionista” ma decisamente piacevole all’ascolto; unico neo forse è la prolissità (l’album è composto da quattordici brani), a parere di chi scrive sicuramente ne avrebbe giovato con qualche sforbiciata qua e là.