Carver T.R.I.P.
2023 - Cassis Publishing
#Carver#Emergenti#Alternative #Industrial #Elettronica #field recordings #Psychedelia
Da Berlino all’India è un attimo: fitto pellegrinaggio dal Sowieso ai tea shops indiani, che, seppur sfumato a fasi alterne dall’ascetico rintocco di campane tibetane (qui lambite da Pietro Bonaiti), non manca mai di quel sinistro ipogeo che subdolamente monta trame occulte e caleidoscopiche.
Tensioni che d’altronde si affacciavano anche nel precedente L’altra faccia della Luna (Tataki Records, 2021), cronache noir milanesi di urbana e suburbana materia. E immutabile si afferma pure l’ubiquità di quel racconto algido, spoken word cupo e desolato, che un po’ ovunque trapela, sgomitando tra fumi di narghilè, field recordings e scossoni industrial (e del tutto messo a nudo nello stordimento collettivo anestetizzante di Sowieso, Dream Machine e Ganesha Jaya, clima post-apocalittico sgusciato via dal fitto reticolo di suoni ambientali).
Giusto in apertura, T.R.I.P. confeziona l’episodica unicità di scelte ritmiche e sonore ariose (Oriental Lodge), solo in parte replicate dalla pingue polifonia del brano finale e da Magic Tea Shop (ove però quell’incedere dreamcore qui fa il giro di giostra, al distinto galoppo elettronico di Session Victim e del Suzuki a firma Tosca).
I Carver sono abili poi ad affidare le sorti di rave claustrofobici nelle mani lisergiche di pesanti arpeggiatori (Kathmandu Freak Street) e delle schegge dance di mine vaganti (T.W.A.D.), prima che rovesci jungle si abbattano su altri versanti (BBB); pool di emozioni che braccano il misticismo di Nyx Nòtt e Nitin Sawhney a suon di randellate techno.
Punto e a capo sul diario di bordo, circolare viaggio in tensione perenne. Mantra infinito di umori volubili, già in lizza per macchiare di inchiostro altre pagine di nuove rassegne.