Caetano Veloso Lingua
2007 - Univrsal
Ancora più facile per uno come Caetano Veloso che di dischi ne ha fatti tanti, anche di quelli grandi. Eppure bisogna dire che, nonostante questo, “Lingua” ha un senso e una forza sua, al punto da suonare quasi come un disco nuovo.
Il tema è quello appunto della lingua, intesa come strumento di comunicazione e di seduzione, e il cd è un’occasione per ricordarci quanto questo musicista brasiliano nel corso della sua carriera abbia affinato le sue papille gustative attraverso linguaggi e forme diverse.
Da “London London” alla title-track vengono offerti una serie di assaggi che saltano da un genere all’altro (pop, funk, samba, rock, swing, avanguardia, reggae ecc) e da una lingua all’altra (portoghese, spagnolo, inglese, francese, italiano). Si alternano cover e brani dello stesso Veloso, ma la cosa interessante è che tutti paiono avere un’unica pronuncia, molto fluente: traspare la capacità di Caetano di dare un’accento suo alle interpretazioni e basti prendere come esempio la versione di “Let it bleed” dei Rolling Stones, prima rallentata, quasi sciolta, e poi fatta marciare su un ritmo da carnevale con flauto e piano elettrico.
Non si scoprono certo oggi le qualità camaleontiche di questo artista, ma, considerando che è noto ai più solo per la sua produzione degli ultimi vent’anni, un disco provocante come “Lingua” non può fare che bene agli appassionati (almeno a quanti ancora acquistino i dischi).
Ogni traccia è un intreccio di sapori che stimolano i sensi a riconoscere la natura degli ingredienti, dal tango di “Cambalache”, al bolero di “Vete de mi” fino al fado di “Estranha forma de vida” passando attraverso alcune esecuzioni più classiche spruzzate di tropical flavour.
Alcune tracce vanno tenute in bocca e masticate con cura per coglierne il retrogusto e la particolarità come un assolo di sitar riprodotto vocalmente in “Maria Bethania”, un arrangiamento di violoncello in linea con la distorsione di “Come as you are” per finire con gli accenni rap della title-track che si muovono ora su un flamenco peruviano ora su un samba paulista.
Quello di Veloso è da sempre un pop-rock che non parla una sola lingua, ma che ama provocare sfruttando diversi idiomi.
Come canta lo stesso Caetano: “A lingua é minha patria”.