Soul Flowers of Titan<small></small>
Jazz Blues Black • Blues • R&B Soul Funk

Barrence Whitfield & The Savages Soul Flowers of Titan

2018 - Bloodshot / IRD

26/04/2018 di Helga Franzetti

#Barrence Whitfield & The Savages#Jazz Blues Black#Blues

Mr.Barrence Whitfield da Boston, anzi, questa volta da Cincinnati, dove l'album è stato registrato (presso l'Ultra Suede Studio), arriva impetuoso con un disco carico e lurido, un meltin’pot tra garage, RN’B, punk e rockabilly. Uno che alla soglia dei settant’anni canta ancora col sorriso sulle labbra e gli ormoni in circolo di un ventenne.

Il sound dei Savages è un omaggio al soul, quello sporco, di etichette come King e Federal, le stesse che hanno promosso quel RN’B impudente ed energico negli anni '50 e '60, in cui grondava il sudore nero di gente come Willie Wright  e James Brown.

Soul Flowers of Titan è il terzo album di Barrence Whitfield e dei Savages per Bloodshot Records e il quarto da quando il gruppo è stato riformato nel 2010 dopo una pausa di 25 anni.

La maggior parte dei dodici brani presenti nel disco non superano i tre minuti, arrivano diretti, colpiscono e se ne vanno. La band propone un suono senza fronzoli, tra groove, scale blues, riff ricorrenti, assoli compatti ed efficaci affiancati da urla primitive. La voce che taglia di Barrence Whitfield, imponente come un profondo rombo di tuono, la chitarra quasi sempre distorta di un grintosissimo Peter Greenberg, il groove potente di Phil Lenker al basso e Andy Jody alla batteria, il sax duro e le tastiere selvagge di Brian Olive, si incarnano in un immaginario di quegli spettacoli lunghi e sudati di feste da sabato sera, sposati alla più sporca anima RN’B.

La reinterpretazione di Slowly losing my mind (brano lanciato nel 1960 da Wille Wright e i suoi Sparklers), con quel ritmo cadenzato, i ripetuti stacchi e una tromba che da sola mette in ginocchio una scuola di ottoni, catapulta subito l’ascoltatore in quella dimensione eccitante che poi ricorre in tutto il disco.

Pain, tra riff di fiati in crescendo e urla liberatorie, assoli sporchi di chitarra che si intrecciano con quel ritmo che fa scuotere la testa, appare un figlio bastardo di Southside Johnny e James Brown, mentre il suono di Tall black and bitter, piena di allusioni ("alto nero e amaro mi tratta proprio come mi piace, mi sveglia al mattino e non mi permette di dormire la notte"… come il caffè? come una donna? o come lui stesso,un uomo arrabbiato), con un organo audace e chitarra swing, si muove su un grintoso rockabilly.

Poi c’è il blues urbano di Chicago nello shuffle di Let’s go to Mars, (inno al “tutto è possibile”), lo spirito di Muddy Waters in I’m gonna leave your baby, con una chitarra più pulita e bluesy, la sfrontatezza dei Clash e dei Sonics in Adorable, che ci parla delle contraddizioni legate a quella cultura della “pistola” sempre a portata di mano, anche solo per sparare al cielo e avere l’idea di sentirsi sicuri.

I ritmi un poco più lenti arrivano su I’ll be home someday, fiati gravi, chitarre languide, voce sensuale e atmosfere doo woop anni 60, mentre la finale Say what you want , ballata da bassifondi, sembra essere una preghiera, una bramosa richiesta di amore mossa dal desiderio di un cuore spezzato.

La band non si lascia a spavalderie, non ne ha bisogno, ogni nota è progettata per eccitare. Whitfield è un grandissimo frontman e questa è musica che scuote, una folgorante, selvaggia ed elettrica miscela di blues, rock e anima, un disco da strappa vestiti, drinks e buonumore.

Track List

  • Slowly Losing My Mind
  • Pain
  • Tall Black and Bitter
  • Tingling
  • Sunshine Don’t Make the Sun
  • I’ll be Home Someday
  • Let’s go to Mars
  • Adorable
  • I Can’t Get no Ride
  • I’m You Gonna Leave You Baby
  • Edie Please
  • Say What You Want

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