Alice Samsara
2012 - Arecibo/Artist First/Believe
E’ andata a finire con la classica montagna che partorisce il classico topolino. E’ anche vero che la peggiore Alice (e quella di questo disco non lo è) resta anni luce superiore alla Emma (faccio per dire) più ispirata ma - clima da reiterato sermoncino a parte - qualcosa di quest’album non convince fino in fondo, non suona come perfettamente in linea con la sua classe. Tiziano Ferro, per esempio, si potrebbe dire che c'entri davvero poco col suo mondo. Dopo i danni collaterali arrecati alla Mannoia, nel cd firma due brani (il passabile Nata ieri e il molto discutibile Cambio casa, per di più ripreso come bonus track in Michele Canova version). C’era davvero bisogno di arruolarlo? Come fa Alice a conciliarne l’inconfondibile impronta pop, con la raffinatezza battiatesca di Eri con me (traccia presente anche nel suo ultimo Apriti sesamo)? Oppure con la rarefazione dell’eccellente Morire d’amore (Mino Di Martino) che, in apertura di disco, induce persino a confidare nel capolavoro?
Poi si sa che in veste di autrice la Bissi se l’è sempre cavata così così: Orientamento e Sui giardini del mondo (Alice-Pancaldi) risultano francamente un po' moscette, e - per tornare all’interprete - della versione ulteriore di 'A cchiu bella non si avvertiva la necessità (c’era già quella di Giuni Russo, in Napoli che canta). A questo punto starete di certo pensando male, ma non dovete: col tempo e nel tempo (malgrado il tempo) la bravura di Alice si è mantenuta intonsa, la coerenza ideologica idem come sopra. Il fatto vero è che temo che questo disco interlocutorio - come si scrive quando non si intende infierire su un’artista amata/stimata quasi per atto di fede - costituisca, nel bene e nel male, la summa del suo itinerario discografico; rappresenti l’autrice e l’interprete in tutto e per tutto, compreso lo spreco (parziale) di elevatissime potenzialità, se mi passate l’espressione.
In Samsara le luci, se e quando ci sono, risultano abbacinanti (oltre che la battiatesca e già citata Eri con me, e l’incipit sontuoso, e citato a sua volta, di Morire d’amore, mi riferisco ai passaggi pop-soft della scaletta, Un mondo a parte, Come il mare, Autunno già e la struggente cover di Il cielo); a latitare è piuttosto l’omogeneità di insieme e di tenuta, la continuità qualitativa, per via di un cast di autori di cui, a parte i “mostri sacri”, il solo Di Martino riesce a sfangarla alquanto bene. Pensiero stupendo: e se Battiato tornasse a scrivere (o quanto meno a supervisionare) il prossimo disco di Alice, e si potesse celebrarne l’opera d’arte senza tema di smentita?