live report
Fabiana Palladino Bari, Officina degli Esordi
Concerto del 28/12/2024
#Fabiana Palladino#Rock Internazionale#Pop pop-soul Blue-eyed Soul alt-pop
qui, nella recensione dedicata al suo eccellente LP di debutto.
All’Officina Degli Esordi, Bari, il nugolo di spettatori, intimo, è in perfetta sintonia con l’aura artistica della Nostra, appagante parentesi in contrasto, vivaddio, a massificazioni, pretenziosità da palcoscenico e (s)manie di grandeur di vacuo e nichilistico fascino.
Oltre che tra le mura degli studios, grandiosa è anche la resa live dei pezzi: intatti gli echi ’80-’90, da Madonna “prime version” a Kate Bush, passando per Lisa Stansfield e un tacito omaggio minimal wave agli albori sintetici dei Depeche Mode (Deeper). Non mancano slanci in chitarrismi leggermente spettinati (Shoulda) o anche un po’ più a freno (Give Me A Sign), fedelissimi sempre alla versione album.
Niente è snaturato, in particolare l’impianto groove irresistibilmente minimale edificato intorno alla figura della tastierista e backing vocalist Katie Dove Dixon, imprescindibile punto di riferimento per la sezione ritmica tutta, cucita addosso a una chirurgica e cadenzata architettura di synth e bassi analogici.
Disinvolti anche gli altri due compagni di viaggio, Ellis Dupuy alla batteria e Joe Newman alla chitarra e programmazioni, anche loro in perfetta sintonia a contribuire al magico amalgama, che stringe a sé pure i primissimi singoli editi sempre per la Paul Institute di Jai Paul.
Spettacolo aperto e chiuso da due brani (i preferiti per me) uniti da groove tiepidi ma incredibilmente coinvolgenti: Can You Look In The Mirror? il primo, Stay With Me Through The Night il secondo.
Gran sorpresa anche il live, insomma. Breve, essenziale, autentico, che va a estinguersi lentamente come prezioso carillon gelosamente custodito. Cartolina per i posteri a futura memoria, chissà, di una next big thing in procinto di spiccare il volo. C’è da scommetterci.
Cognome ed eredità che pesano per Fabiana Palladino. Si direbbe questo se non si assistesse alla leggiadria con cui soffia nel vento la sua voce splendida e sottile, soul bianco d’antan che scorre nelle vene, per l’occasione accompagnato da bon ton scenico di sobrie e centellinate movenze disegnate per aria. Musicalità e sinuosità ritmica innata, come già esplicato All’Officina Degli Esordi, Bari, il nugolo di spettatori, intimo, è in perfetta sintonia con l’aura artistica della Nostra, appagante parentesi in contrasto, vivaddio, a massificazioni, pretenziosità da palcoscenico e (s)manie di grandeur di vacuo e nichilistico fascino.
Oltre che tra le mura degli studios, grandiosa è anche la resa live dei pezzi: intatti gli echi ’80-’90, da Madonna “prime version” a Kate Bush, passando per Lisa Stansfield e un tacito omaggio minimal wave agli albori sintetici dei Depeche Mode (Deeper). Non mancano slanci in chitarrismi leggermente spettinati (Shoulda) o anche un po’ più a freno (Give Me A Sign), fedelissimi sempre alla versione album.
Niente è snaturato, in particolare l’impianto groove irresistibilmente minimale edificato intorno alla figura della tastierista e backing vocalist Katie Dove Dixon, imprescindibile punto di riferimento per la sezione ritmica tutta, cucita addosso a una chirurgica e cadenzata architettura di synth e bassi analogici.
Disinvolti anche gli altri due compagni di viaggio, Ellis Dupuy alla batteria e Joe Newman alla chitarra e programmazioni, anche loro in perfetta sintonia a contribuire al magico amalgama, che stringe a sé pure i primissimi singoli editi sempre per la Paul Institute di Jai Paul.
Spettacolo aperto e chiuso da due brani (i preferiti per me) uniti da groove tiepidi ma incredibilmente coinvolgenti: Can You Look In The Mirror? il primo, Stay With Me Through The Night il secondo.
Gran sorpresa anche il live, insomma. Breve, essenziale, autentico, che va a estinguersi lentamente come prezioso carillon gelosamente custodito. Cartolina per i posteri a futura memoria, chissà, di una next big thing in procinto di spiccare il volo. C’è da scommetterci.