Michael Moore

documentario

Michael Moore BOWLING A COLUMBINE


2002 » RECENSIONE | documentario
Con Michael Moore

di Paolo Massa
In giro per gli Stati Uniti, cappellino in testa e telecamera sempre pronta a filmare la cruda realtà americana, Michael Moore, con il documentario “Bowling for Columbine”, riesce in due ore di pellicola a darci il senso di un Paese che, tra i suoi inalienabili diritti, annovera anche l’assurda pretesa, sancita dal secondo emendamento, di possedere armi da fuoco a garanzia della propria incolumità. Si sa che gli Stati Uniti registrano un tasso di violenza spaventoso, ma non sarà questa sorta di “cittadinanza armata”, si chiede Michael Moore, ad acuire ancor di più una tale “statistica della morte”? E così, prendendo spunto dalla tragica vicenda di un liceo a Columbine, in Colorado, dove due giovani armati fino ai denti compirono una strage - dodici studenti e un insegnante assassinati, per non parlare delle decine e decine di feriti –, il regista inizia il suo viaggio nel profondo degli Usa, alla ricerca di una qualche giustificazione al continuo dilagare di armi e munizioni, per paura di tutto e di tutti. E proprio la paura sembra essere, secondo Moore, la causa scatenante di questa sindrome ultraprotezionista che sta conducendo (vedi Virginia Tech) l’America sull’orlo di un baratro: come evitare di precipitare? Magari seguendo l’esempio del Canada, dove pure viene garantito il diritto al possesso delle armi (per la caccia), ma senza raggiungere i volumi di vendita varcati dagli Stati Uniti, e senza soprattutto assistere, ogni giorno, alla sequela di servizi su fatti di cronaca nera che i media americani non disdegnano mai di propinare ai propri spettatori. Risultato: cresce la paura, e la Nra (National Rifle Association), potente lobby delle armi, gongola per le vendite. Con piglio da giornalista imparziale, quanto basta per mostrarci i fatti salienti necessari a farci maturare una nostra opinione, Michael Moore va al fondo della questione attraverso interviste, immagini di repertorio e musiche, dove il regista fa parlare quasi sempre gli intervistati e le immagini, senza scendere quasi mai in campo, se non per darci il senso della sua appassionata partecipazione ad una vicenda che, nel bene e nel male, ci riguarda un po’ tutti. Anche noi europei, che guardiamo spesso all’America con occhi ammirati. A quanto pare, però, non è tutto oro quel che luccica. (re-visione scritta nell’aprile 2007).

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