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Jacques Audiard Emilia Pérez
2024 » RECENSIONE | Drammatico | Thriller
Con Karla Sofía Gascón, Zoe Saldana, Selena Gomez, Édgar Ramírez, Adriana Paz
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14/01/2025 di Laura Bianchi
Seconda difficoltà: scriverne senza rivelare troppo della trama; anzi, una buona parte del piacere della visione sta proprio nell'avvicinarsi al film lasciandosi sorprendere dalle sfumature, dai colpi di scena, dai cambi di passo di un'opera inclassificabile, e perciò tanto più importante.
Terza difficoltà: scriverne senza farsi troppo coinvolgere dalla recitazione superlativa di quattro attrici, tutte vincitrici del Prix d'interprétation féminine al Festival di Cannes, magistralmente dirette da un Audiard che dimostra una creatività, uno spirito libero e visionario, una precisa volontà di sconquassare generi e aspettative, che spesso non si trovano in tanti registi che hanno la metà dei suoi anni.
Quindi, non si tratterà del genere, né della trama, né delle quattro performance di Karla Sofía Gascón, Zoe Saldana, Selena Gomez, Adriana Paz; per privilegiare quello che sembra essere il messaggio di fondo, lo spirito che innerva tutta l'opera.
Si parla molto, forse troppo, e spesso a sproposito, di fluidità; il regista vuole dare una propria visione della tematica, non focalizzandosi tanto sulla fluidità di genere, tanto meno sull'immagine del Messico - c'è chi polemizza proprio criticando gli errori commessi nel dipingerlo - quanto sulla molteplicità delle idee, sul potere, sul denaro e i suoi molti usi, sulla mutevolezza del destino e sulle diverse reazioni di fronte a esso. E il Messico è solo un pretesto per un apologo metaforico che coinvolge ogni nazione.
Il personaggio interpretato dalla splendida Zoe Saldana, l'avvocata Mora, assume la stessa funzione che ha la figura di Nick Carraway nel romanzo capitale Il grande Gatsby. È complice a volte, coinvolta sempre, testimone della parabola esistenziale di una figura gigantesca, contraddittoria, portatrice di un conflitto interno tra due nature opposte, una violenta e spregiudicata, l'altra tenera ed empatica; una impulsiva e possessiva, l'altra riflessiva e generosa.
Le due nature non hanno un genere, ma convivono scontrandosi anche in ognuno di noi, e qui hanno il volto cangiante, intenso e straziato di Karla Sofía Gascón, attrice transgender dall'espressività folgorante.
Audiard non ci chiede di schierarci da una parte o dall'altra, di preferire la scelta di una delle quattro donne, di giudicarne le motivazioni; vuole invece travolgerci con un uso efficacissimo e duttile della cinepresa, dei chiaroscuri, delle soggettive, del pirotecnico alternarsi di azione e balletti, di dialoghi e parti cantate, mai superflue, sempre coerenti con la narrazione. Memorabile è infine la sequenza finale, con Les Passantes di Georges Brassens e Antoine Pol, trasfigurata da chanson esistenzialista a litania popolare.
Un film imprendibile, indefinibile, indimenticabile. Purché lo si segua con cuore e mente aperti. E assolutamente in versione originale sottotitolata.