Jacques Audiard

Drammatico

Jacques Audiard Un sapore di ruggine ed ossa


2012 » RECENSIONE | Drammatico
Con Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette

03/10/2012 di Paolo Ronchetti
Ali si ritrova improvvisamente con Sam, 5 anni, in braccio. È suo figlio, ma lo conosce appena. Senza casa e senza soldi, Alì lascia il nord della Francia per cercare rifugio da sua sorella, ad Antibes e trova lavoro come buttafuori in un nightclub, dove incontra la bella Stéphanie, un’addestratrice di orche. Dopo mesi Ali riceve una chiamata inaspettata da Stéphanie. Quando la rivede è su una sedia a rotelle: ha perso sia le gambe che la speranza. Lui la aiuta a rinascere, senza compassione. Tra i due nasce una relazione che lascia poco spazio ai sentimenti, fino a quando un’altra tragedia viene sfiorata. Grazie al dolore che sono costretti ad attraversare, il rude e muscoloso Ali e la principessa arrogante Stéphanie scoprono la forza dell’amore. 

Jaques Audiard, il regista dell’acclamato Un Profeta, è un personaggio che artisticamente non so definire. Certamente Un Profeta aveva momenti di bellezza visiva straordinaria. La scena del cervo rimarrà sempre impressa nella mia retina ma alla fine non ero riuscito a capire se il film fosse una “boiata pazzesca” o un capolavoro! Le attese e la curiosità per questo Ruggini Ed Ossa erano dunque molto alte. Alla fine della proiezione (con una colonna sonora assolutamente incredibile tra cui spiccava un remix straordinario diState Tropper di Springsteen -Nebraska 1982- trattata come fosse un brano dei Suicide!) mi alzavo felice dicendo, tra me e me, che probabilmente questo capolavoro era il film più bello della rassegna e probabilmente di quest’anno!

Male mi accolse il risveglio…ma ancora peggio accolse il povero film diAudiard. Rabbia e disgusto erano i sentimenti che la notte aveva rielaborato. Raramente la lucidità di una presa in giro mi aveva colto così inaspettato. Un abile film per cuori semplici in cui il potere ricattatorio della storia, con i suoi “bei” personaggi abitanti una marginalità così correttamente scorretta e maledetta; la sua bella forma affascinante; i momenti d’impegno civile; e la scoperta esibizione di corpi belli, ancorché martoriati, hanno, come fine ultimo, esclusivamente il mostrare un profondo disprezzo per lo spettatore. Tutto il film è frettoloso e fatto di episodi e storie vagamente e stilisticamente collegate e, soprattutto dopo la mutilazione, non è dato a Stephanie, e allo spettatore, nessun tempo per la rielaborazione del trauma (e non parliamo della storia finale così banalmente telefonata e ricattatori!). La facilità (ma soprattutto la solenne indifferenza iniziale del “pubblico” sulla spiaggia, che sfiora il ridicolo nella successiva ostentazione) con cui concede al piacere di essere oggetto dello sguardo altrui sembra più una possibilità dataci per ammirare lo spettacolare corpo della Cottilard che il segno di una ripresa della propria vita.

Ma certamente Audiard ha talento visivo da vendere e anche in questo film c’è una scena che non potrò mai più scordare: quando la protagonista, ormai avviata verso un riscatto personale affettivo e sociale, incontra il piccolo figlio del protagonista che gli chiede di mostrargli le sue gambe metalliche. Bene in questo pudico alzare i calzoni sino al ginocchio bionico e nello sguardo pieno di meraviglia del bambino, nella sua voglia di esplorare questa donna robot (così simile ai suoi giochi e alle sue visioni televisive) abbiamo la stessa magia di tutto un Hugo Cabrèt racchiusa in 30 secondi. Abbiamo il Cronenberg di Crash e il Lang di Metropolis, lo Spielberg di ET e qualcosa che non abbiamo ancora visto e già ci meraviglia. 

Voto (0) al film
•••••  alla scena

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