Giorgio Testi Nick Drake - Songs in a Conversation
2019 » RECENSIONE | Documentario
Con Roberto Angelini, Rodrigo d`Erasmo, Andrea Appino, Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Piers Faccini, Adele Nigro, John Wood
23/10/2019 di Arianna Marsico
Chi ha avuto già modo di assistere ai concerti avrà già visto che non si tratta di un mero, per quanto appassionato omaggio. È un andare dentro la storia e la gestualità nel suonare, è un tentativo di ermeneutica di Drake e di sé. E con questo documentario si va ancora più a fondo. Sia a livello tecnico, perché Angelini e D’Erasmo vanno ad incontrare il sound engineer John Wood che registrò Pink Moon con Drake, andando a ricordare anche i movimenti delle dita che senza plettro consentivano di avere quel suono così ricco e mosso. Ma è a livello emotivo che si scava davvero. Non solo nell’animo di Nick, né di Roberto e Rodrigo. Vengono invitati a raccontare qualcosa del proprio rapporto con Drake altri artisti, ognuno dei quali fornirà un prezioso punto di vista. Chi, come Andrea Appino parlando di Parasite, o Manuel Agnelli per Place to be, più legato all’identificazione o ai ricordi. Chi, come Niccolò Fabi e Piers Faccini, più legato alle piccole magie al pianoforte o all’influsso della musica musica gnawa. E chi, come Adele Nigro, offrirà uno squarcio di autentica emozione nel realizzare di essere coetanea di Drake.
La fotografia di Luca Ciuti rende in modo incantevole quell’equilibrio tra vortici interiori e bucolico che permea i dischi di Nick, e non vi descrivo come chiude il documentario solo per non rovinarvi la sorpresa.
Ma non finisce qui. È la prima visione, e siamo alla Festa del Cinema di Roma. Angelini e D’Erasmo, colmi di gratitudine, regalano un intenso showcase, al quale partecipano anche Andrea Appino, Manuel Agnelli e Piers Faccini. Le note di brani come Day Is Done e One of the first things riempiono la sala Petrassi e il cuore di chi ascolta. Pink Moon chiude la serata e il ringraziamento di Roberto e Rodrigo è sinceramente grato ed emozionato. Si vede dallo sguardo, anche se “l’essenziale è invisibile agli occhi”, come scrisse qualcun altro a sua volta in grado davvero di farci guardare dentro.