Tomas Tranströmer

Tomas Tranströmer Il poeta del silenzio


25/10/2021 Articolo di Vincenzo Petronelli

Poetica

Tomas Tranströmer (1931 – 2015), premio Nobel per la letteratura 2011, è unanimemente considerato il più grande poeta svedese contemporaneo, nonché il massimo esponente della generazione di intellettuali svedesi affermatisi dopo la Seconda Guerra mondiale ed indubbiamente il poeta svedese maggiormente influente a livello internazionale. Nato a Stoccolma, frequenta la Scuola Latina di Södra e si laurea in Psicologia nel 1956, avendo nel frattempo pubblicato – nel 1954 - la prima delle sue 12 raccolte poetiche, intitolata “17 dikter” (17 poesie). La psicologia avrà sempre un ruolo importante nella sua ricerca, anche perché nonostante la fama arrisagli rapidamente, ha sempre continuato a svolgere la sua professione di psicanalista; altrettanto decisiva per la sua scrittura è stata la passione per la musica, essendo stato egli tra l’altro un pianista di notevole talento.

Al di là della grandezza e dell’importanza riconosciutagli in patria, l’opera di Tranströmer è risultata tra le più determinanti ed influenti nella poesia della seconda parte del ‘900 e dell’inizio del nuovo secolo, come testimonia il ruolo di riferimento che ha esercitato per varie generazioni di grandi poeti di diversa provenienza - da Iosif Brodskij a Bei Dao, da Seamus Heaney a Derek Walcott, solo per citarne alcuni – e l’impressionante mole di traduzione delle sue opere, proposte in oltre cinquanta lingue.

In particolare, in quest’ultimo decennio, Tranströmer ha offerto a molti autori impegnati in una ricerca poetica di profondo respiro, uno strumento d’orientamento di fronte a quello che Zygmunt Baumann definisce, con una celebre metafora, la “società liquida”, che ha frantumato molti dei postulati classici su cui si fonda tradizionalmente la percezione sensibile dell’uomo. Un nome per tutti è sicuramente Mario Gabriele, una delle voci più autorevoli dell’odierno panorama poetico italiano.


Una delle peculiarità che connotano la pregevolezza della poesia di Tranströmer è l’abbinamento tra la pregnanza semantica e contenutistica da un lato e la concisione formale dall’altra: la brevità dei suoi testi è fondamentale per la definizione di tutto il suo cosmo poetico, le cui radici affondano nella tradizione modernista e nelle correnti surrealiste, ma in cui riecheggiano anche tracce dell’eredità classica di Orazio e dell’estetica di Baudelaire: quest’ultima in particolare, emerge nella sua capacità di scomporre e ri-comporre immagini in una proiezione onirica, frammischiando le suggestioni derivanti dal profondo rapporto con la dimensione naturale (elemento ricorrente nelle culture scandinave) con la componente visionaria propria del sogno.

Questo suo approccio alla scrittura poetica, determina la sua originalità compositiva, in cui gli elementi della vita quotidiana (Tranströmer parte sempre dal piano dell’osservazione, per quanto in una chiave meditativa e naturalistica- che per alcuni aspetti lo avvicina all’approccio cinematografico di Bergman - scevra da rappresentazioni realistiche) vengono scombinati e ricombinati in una rielaborazione interiore, spesso collegata con i flussi dell’inconscio.

Dal punto di vista linguistico, gli elementi che consentono a Tranströmer di tradurre in versi il suo universo poetico sono principalmente il frammento e la metafora.

Il frammento, successione di versi brevi, costituito prevalentemente da frasi formate da proposizioni coordinate (paratattiche), consente al poeta di procedere per salti logici di tempo, di spazio, di luogo e semantici, permettendogli di abbandonare la consuete narrazione “lineare”, “oggettiva” ed ampliare il “campo del dicibile” in poesia: di fatto, la scrittura poetica si apre in tal modo ad influssi e riflessioni provenienti dagli ambiti più disparati, (psicologia del profondo, antropologia, storia delle religioni, mitologia, storia, geografia, scienze naturali, ecc.) rendendola uno straordinario ricettacolo antropologico. Non a caso, una caratteristica dell’”usus scribendi” tranströmeriano è la scarsa presenza dell”io”, avendo come punto di riferimento l’osservazione profonda e partecipativa della matrice della vita umana stessa, la natura, che in Tranströmer diventa metafora, rappresentazione della condizione umana nella sua universalità.

Metafora appunto: come dicevamo, l’altro elemento peculiare del canone espressivo tranströmeriano è l’uso della metafora, la figura retorica per eccellenza in cui i confini convenzionali si annullano, in cui mondo animato ed inanimato si accostano. Tempo e spazio, come abbiamo visto, trascendono gli assiomi tradizionali stabiliti storicamente dall’uomo: passato e presente, memoria soggettiva e storica, si sovrappongono e sconfinano. Ad esempio, in uno dei suoi brani più significativi, “Elegia”, la narrazione poetica pone direttamente in continuità l’immagine di un uomo mummificato in una torbiera duemila anni prima ed un turista contemporaneo di passaggio.

Determinante in questo disegno poetico, si rivelano le sue conoscenze nel campo della psicologia e delle scienze umane, valicando continuamente le barriere tra conscio ed inconscio, alla ricerca – ed anche in questo caso è decisiva l’adozione della tecnica del frammento, con la sua capacità di stratificare la realtà per sedimenti, alla stregua di un processo di ricostruzione archeologica – delle logiche soggiacenti il magma esteriore della vita, dei fondamentali della condizione umana. Per questa ragione il verso per Tranströmer va centellinato, riducendolo alla ricerca delle parole essenziali, - in un’intervista ha definito la parola come “superficie di acqua profonda” - lavorando per sottrazione di materia, fino ad individuare i giusti strati linguistici in grado di illuminare le costanti del percorso umano, proiettandoci dalla storia alla genesi.

Apparentemente, questo procedimento potrebbe apparire estraneo a qualsiasi elemento di musicalità, poiché non rispondente all’idea tradizionale di questo concetto, solitamente abbinato al lirismo di derivazione classica.

In realtà, sovvertendo tale aspettativa, la lettura dei testi di Tranströmer risulta sorprendente anche in questo senso, poiché si rivela densa di atmosfere sonore frutto della sua profonda conoscenza musicale. Si ritrovano così, nei suoi scritti, tanto una musicalità “interna” legata alla successione tra i vari versi - un approccio musicale che si potrebbe definire “jazzistico” per la sua connotazione sincopata - quanto “esterna”, conseguente all’attento dosaggio di parola e silenzio, corrispondente al concetto delle pause sonore come trasposizione del sublime armonico, formulazione basilare della composizione sinfonica.

L’importanza dell’alternanza di silenzio e parola è determinante per esaltare la potenza lirica e suggestiva del frammento e con esso il senso del “profondo” che permea tutta la produzione poetica del premio nobel, ricostruendo fedelmente la meditazione naturalistica, motore primo della costruzione poetica tranströmeriana. Risulta mirabile, in questo senso, la definizione della sua opera come “poesia del silenzio”, attribuitale da Maria Cristina Lombardi, grande traduttrice e tra i maggiori conoscitori in Italia del poeta svedese e che non a caso è anche il titolo dell’antologia italiana di riferimento dell’opera di Tranströmer, edita da Crocetti (editore meritorio per la sua instancabile opera di divulgazione poetica) nel 2001 e successivamente rieditata nel 2011 all’indomani del conferimento del Nobel.

La lettura delle pagine di Traströmer, si rivela essere una continua scoperta, che si lascia apprezzare con la frequentazione nel tempo, regalando delle vere e proprie gemme, grazie alla sua capacità di fare della poesia - come pochi altri poeti sono riusciti a fare - un collettore di sapere e di indagine antropologica, spingendosi con la complessità della sua indagine a scoprire la dimensione profonda che si annida dietro il quotidiano: parafrasando il titolo di un brano e di un film di Battiato – non a caso grande estimatore della sua opera - l’idea di fondo verso cui conduce la poetica di Tranströmer è che rispetto alla realtà visibile, “niente è come sembra”.


POESIE


Ostinato

Under vråkens kretsande punkt av stillhet,

rullar havet dånande fram i ljuset,

tuggar blint sitt betsel av tång och frustar

skum över stranden.

Jorden höljs av mörker som flädermössen

pejlar. Vråken stannar och blir en stjärna.

Havet rullar dånande fram och frustar

skum över stranden.


Ostinato

Sotto il quieto punto volteggiante della poiana

avanza rotolando il mare fragoroso nella luce,

mastica ciecamente il suo morso di alga e soffia

schiuma sulla riva.

La terra è celata dalle tenebre frugate dai pipistrelli.

La poiana si ferma e diventa una stella.

Il mare avanza rotolando fragoroso e soffia

schiuma sulla riva.

(Da: “17 Dikter”, 1954)




Kväll – Morgon

Månens mast har murknat och seglet skrynklas.

Måsen svävar ducken bort över vattnet.

Bryggans tunga fyrkant är kolnad. Snåren

dignar i mörkret.


***

Ut på trappan. Gryningen slår och slår i

havets gråstensgrinar och solen sprakar

nära världen. Halvkvävda sommargudar

famlar i sjörök.


Sera- mattina

L’albero della luna è marcito e si sgualcisce la vela.

Il gabbiano volteggia ebbro lontano sulle acque.

È carbonizzato il greve quadrato del ponte. La sterpaglia

soccombe all’oscurità.

Fuori sulla scala. L’alba batte e ribatte sui

cancelli granitici del mare e il sole crepita

vicino al mondo. Semiasfissiate divinità estive

brancolano nei vapori marini.

(Da: “17 Dikter”, 1954)


Skepparhistoria

Det finns barvinterdagar då havet är släkt

med bergstrakter, hukande i grå fjäderskrud,

en kort minut blått, långa timmar med vågor som bleka

lodjur, fåfängt sökande fäste i strandgruset.


En sådan dag går väl vraken ur havet och söker

sina redare, bänkade i stadens larm, och drunknade

besättningar blåser mot land, tunnare än piprök.


(I norr går de riktiga lodjuren, med vässta klor

och drömmande ögon. I norr där dagen

bor i en gruva både dag och natt.


Där den ende överlevande får sitta

vid norrskenets ugn och lyssna

till de ihjälfrusnas musik.)

.

Storia fantastica

Ci sono giorni d’inverno senza neve quando il mare s’imparenta

con i tratti montuosi, accucciandosi in grigie vesti di piume,

un breve attimo blu, lunghe ore con onde che invano

come pallide linci cercano un appiglio sulla riva ghiaiosa.


In giorni come questo esce il relitto dal mare in cerca dei

suoi armatori, seduti al chiasso delle città, e gli equipaggi

annegati soffiano verso terra, più sottili del fumo di pipa.


(Nel nord vagano le vere linci, con artigli affilati

e occhi sognanti. Nel nord dove il giorno

vive in una caverna giorno e notte.


Dove il solo sopravvissuto può sedere

alla fornace dell’aurora boreale e ascoltare

la musica dei morti assiderati.)

(Da: “17 Dikter”, 1954)



Upprörd meditation

En storm får kvarnens vingar che vilt gå runt

i nattens mörker, malande intet. - Du

hålls vaken utav samma lagar.

Gråhajens buk är din svaga lampa.


Diffusa minnen sjunker till havsens djup

och stelnar där till främmande stoder. - Grön

av alger är din krycka. il soma

vandrar till havs vänder styvnad åter.

.



Meditazione agitata

Un temporale fa girare all’impazzata le ali del mulino

nel buio della notte, macinando nulla. – Ti

tengono sveglio le stesse leggi.

Il ventre dello squalo è la tua fioca lampada.


Soffusi ricordi calano sul fondo del mare

e là si irrigidiscono in statue sconosciute. – Verde

di alghe è la tua gruccia. Chi va

al mare torna impietrito.

(Da: “17 dikter”, 1954)


Elegi

Jag öppnar den första dörren.

Det är ett stort solbelyst rum.

En tung bil går förbi på gatan

och får porslinet an darra.

Jag öppnar dörr nummer två .


Vänner! Ni drack mörkret

och blev synliga.

Dörr nummer tre.

Ett trångt hotellrum.

Utsikt mot en bakgata.

En lykta som gnistrar på asfalten.

Erfarenheternas vackra slagg

.

Elegia

Apro la prima porta

È una grande stanza soleggiata.

Un’auto pesante passa per la strada

e fa tremare il vasellame.


Apro la porta numero due.

Amici! Avete bevuto il buio

e siete diventati visibili.

Porta numero tre. Una

stretta camera d’albergo.

Vista su una strada secondaria.

Un lampione che scintilla sull’asfalto.

La bella scoria delle esperienze.


(Da: “Stigar”, 1973)


Flygblad

Det tysta raseriet klottrar på väggen inåt.

Fruktträd i blom, göken ropar.

Det är vårens narkos. Men det tysta raseriet

målar sina slagord baklänges i garagen.


Vi ser allt och ingenting, men raka som periskop

hanterade av underjordens skygga besättning.

Det är minuternas krig. Den gassande solen

står över lasarettet, lidandets parkering.


Vi levande spikar nedhamrade i samhället.

En dag ska vi lossna från allt.

Vi ska känna dödens luft under vingarna

och bli mildare och vildare än här.


Volantini

La silenziosa rabbia scarabocchia sul muro in dentro.

Alberi da frutto in fiore,

il cuculo chiama.

È la narcosi della primavera. Ma la silenziosa rabbia

dipinge i suoi slogan all’inverso nel garage.

Vediamo tutto e niente,

ma dritti come periscopi

presi da una timida ciurma sotterranea.

È la guerra dei minuti. Il bruciante sole

è sopra l’ospedale, il parcheggio della sofferenza.

Noi chiodi vivi conficcati nella società!

Un giorno ci staccheremo da tutto.

Sentiremo il vento della morte sotto le ali

e saremo più dolci e più selvaggi che qui.


(Da: “För levande och döda”, 1989)



Epilog

December. Sverige är ett uppdraget,

avtacklat skepp. Mot skymningshimlen står

dess master kärvt. Och skymning varar längre

än dag – den väg som leder hit är stenig:

vid middagstiden först når ljuset fram

och vinterns Colosseum reser sig,

belyst från overkliga moln. Då stiger

med ens den vita röken svindlande

från byarna. Oändligt högt står molnen.

Vid himmelsträdets rötter bökar havet,

förstrött och liksom lyssnande till något.

(Osynligt färdas över själens mörka,

bortvända hälft en fågel, väckande

de sovande med sina rop. Så vrids

refraktorn, fångar in en annan tid,

och det är sommar: bergen råmar,

stinna av ljus och bäcken lyfter solens glitter

i genomskinlig hand … Allt sedan borta

som när en filmremsa går av i mörkret.)


Nu genombränner aftonstjärnan molnet.

Träd, gärdsgårdar och hus förstoras, växer

i mörkrets ljudlöst störtande lavin.

Och under stjärnan framkallas alltmer

det andra, dolda landskapet som lever

konturers liv på nattens röntgenplåt.

En skugga drar sin kälke mellan husen.

De väntar.



Epilogo

Dicembre. La Svezia è una nave malandata

in missione. Contro il cielo del tramonto sta

il suo albero aspro. E il tramonto è più lungo

di un giorno – la via che porta qui è sassosa:

solo verso mezzogiorno esce la luce

e il colosseo dell’inverno si alza,

illuminato da nuvole irreali. Allora sale d’un tratto

vertiginoso il fumo bianco

dai villaggi. Altissime stanno le nuvole.

Alle radici dell’albero celeste fruga il mare,

distratto, come in ascolto di qualcosa.

(Invisibile viaggia sull’altra metà

dell’anima un uccello che sveglia

chi dorme con le sue grida. Così il telescopio

gira, cattura un altro tempo

ed è estate: mugghiano le montagne, gonfie

di luce e il ruscello solleva lo scintillío del sole

nella mano trasparente… sparito in quell’attimo

come quando la pellicola di un film si spezza al buio.)


Ora l’astro della sera brucia attraverso la nuvola.

Alberi, recinti e case aumentano, crescono

nella silenziosa slavina che precipita nel buio.

E sotto la stella ancor più si suscita

l’altro paesaggio nascosto che vive

la vita dei confini sulla radiografia della notte.

Un’ombra trascina la sua slitta tra le case.

Stanno in attesa.


(Da: 17 dikter”, 1954)



Paret

De släcker lampan och dess vita kupa skimrar

ett ögonblick innan den löses upp

som en tablett i ett glas mörker. Sedan lyftas.

Hotellets väggar skjuter upp i himmelsmörkret.

Kärlekens rörelser har mojnat och de sover

men deras hemligaste tankar möts

som när två färger möts och flyter in i varann

på det våta papperet i en skolpojksmålning.

Det är mörkt och tyst. Men staden har ryckt närmare


i natt. Med släckta fönster. Husen kom.

De står i hopträngd väntan mycket nära,

en folkmassa med uttryckslösa ansikten.


La coppia

Spengono la lampada e il suo globo risplende

un istante prima di sciogliersi

come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.

Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.

I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono

ma i pensieri più segreti s’incontrano

come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro fluiscono

sulla carta bagnata di un dipinto infantile.

È buio e silenzio. Ma la città stanotte

si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.

Vicinissime, stanno serrate in attesa,

una folla di volti inespressivi.

(Da: “Den halvfärdiga himlen”, 1962)


Eldklotter

Under de dystra månaderna gnistrade mitt liv till

bara när jag älskade med dig.

Som eldflugan tänds och slocknar, tänds och slocknar

- glimtvis kan man följa dess väg

i nattmörkret mellan olivträden.


Under de dystra månaderna satt själen hopsjunken

och livlös

men kroppen gick raka vägen till dig.

Natthimlen råmade.

Vi tjuvmjölkade kosmos och överlevde.


Sfere di fuoco

Nei mesi oscuri la mia vita scintillava

solo quando ti amavo.

Come la lucciola si accende e si spegne, si accende e si spegne,

dai bagliori si può seguire il suo cammino

nel buio della notte tra gli ulivi.


Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata

e senza vita

ma il corpo veniva dritto verso di te.

Il cielo notturno mugghiava.

Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.

(Da: “Det vilda torget”, 1983)



Nattboksblad

Jag landsteg en majnatt

i ett kyligt månsken

där gräs och blommor var grå

men doften grön.


Jag gled uppför sluttningen

i den färgblinda natten

medan vita stenar

signalerade till månen.


En tidrymd

några minuter lång

femtioåtta år bred.


Och bakom mig

bortom de blyskimrande vattnen

fanns den andra kusten

och de som härskade.


Människor med framtid

i stället för ansikten.


Pagina di libro notturno

Sbarcai una notte di maggio

in un gelido chiaro di luna

dove erba e fiori erano grigi

ma il profumo verde.


Salii piano un pendìo

nella daltonica notte

mentre pietre bianche

segnalavano alla luna.


Uno spazio di tempo

lungo qualche minuto

largo cinquantotto anni.


E dietro di me

oltre le plumbee acque luccicanti

c’era l’altra costa

e i dominatori.


Uomini con futuro

invece di volti.


(Da: “Sorgegondolen”, 1996)



Gläntan

Det finns mitt i skogen en oväntad glänta som bara kan hittas av den som gått vilse.

Gläntan är omsluten av en skog som kväver sig själv.

Svarta stammar med lavarnas askgrå skäggstubb.

De tätt sammanskruvade träden är döda ända upp i topparna där några enstaka gröna kvistar vidrör ljuset.

Därunder: skugga som ruvar på skugga, kärret som växer.

Men på den öppna platsen är gräset underligt grönt och levande.

Här ligger stora stenar, liksom ordnade. De måste vara grundstenarna i ett hus,

jag kanske tar fel.

Vilka levde här? Ingen kan ge upplysning om det.

Namnen finns någonstans i ett arkiv som ingen öppnar (det är bara arkiven som håller sig unga).

Den muntliga traditionen är död och därmed minnena. Zigenarstammen minns men de skrivkunniga glömmer.

Anteckna och glöm.

Torpet sorlar av röster, det är världens centrum.

Men invånarna dör eller flyttar ut, krönikan upphör.

Det står öde i många år. Och torpet blir en sfinx.

Till slut är allt borta utom grundstenarna.

På något sätt har jag varit här förut, men måste gå nu.

Jag dyker in bland snåren. Det går bara att tränga sig igenom med ett steg framåt och två åt sidan,

som en schackspringare.

Så småningom glesnar det och ljusnar. Stegen blir längre. En gångstig smyger sig fram till mig.

Jag är tillbaka i kommunikationsnätet.

På den nynnande kraftledningsstolpen sitter en skalbagge i solen.

Under de glänsande sköldarna ligger flygvingarna hopvecklade

lika sinnrikt som en fallskärm packad av en expert.



La Radura

C’è in mezzo al bosco una radura in attesa

La può trovare solo chi si è perso

È circondata da un bosco che soffoca se stesso

Tronchi neri con stoppie di licheni grigio cenere

Gli alberi fittamente contorti sono morti fino alle cime

Dove qualche verde ramo sfiora la luce

Sotto è una trama di ombre dove la palude cresce

ma sullo spazio aperto l’erba è stranamente verde e viva

quelle grandi pietre stanno quasi ordinate

devono essere le prime pietre di una casa

o forse mi sbaglio

chi è vissuto qui?

Nessuno può dirlo

da qualche parte devono pure esserci i nomi

in un archivio che nessuno apre

solo gli archivi si mantengono giovani

La tradizione orale è morta

E insieme a lei i ricordi

La stirpe gitana ricorda

ma chi sa scrivere dimentica

Appunta e dimentica

Il podere mormorante di voci è il centro del mondo

Ma gli abitanti muoiono o emigrano

e la cronaca cessa

Abbandonato da tanti anni

Il podere si trasforma in sfinge

Alla fine non resta nulla

a parte le prime pietre

Mi sembra di essere già stato qui

ma ora devo andare

Mi tuffo tra gli sterpi

c’è solo da farsi largo

Un passo avanti e due di lato

come il cavallo negli scacchi

Piano piano la boscaglia dirada e si rischiara

I passi si fanno più lunghi

Sono di nuovo nella rete delle comunicazioni

Sulla cantilenante colonna del cavo trasmettitore

Uno scarafaggio nel sole

Sotto i suoi scudi scintillanti

Le ali sono riposte come paracadute

Piegato da un esperto


(Da: “Det vilda torget”, 1978)



Elenco delle opere

  • 17 dikter (17 poemi, 1954)
  • Hemligheter på vägen (Segreti sulla strada, 1958)
  • Den halvfärdiga himlen (Il cielo incompiuto, 1962)
  • Klanger och spår (Canti e suoni, 1966)
  • Mörkerseende (Visione notturna, 1970)
  • Stigar (Percorsi, 1973)
  • Östersjöar (Lago dell'est, 1974)
  • Sanningsbarriären (La barriera della verità, 1978)
  • Det vilda torget (La piazza selvaggia, 1983)
  • För levande och döda (Per i vivi e per i morti, 1989)
  • Minnena ser mig (I ricordi mi guardano, 1993)
  • Sorgegondolen (La lugubre gondola, 1996)
  • Den stora gåtan (Il grande mistero, 2004)[5]
  • Galleriet: Reflected in Vecka nr.II (Galleria : riflessi della settimana n° 2, 2007)



Traduzioni italiane

  • Poesie, prefazione di Stanislao Nievo, traduzione di Giacomo Oreglia, Centro nazionale di Studi Leopardiani, Recanati 1999;
  • Poesia dal silenzio, a cura di Maria Cristina Lombardi, Crocetti Editore, Milano 2001; Seconda ed. 2011
  • Sorgegondolen - La lugubre gondola, a cura di Gianna Chiesa Isnardi, Herrenhaus Editore, Seregno 2003;
  • Il grande mistero, a cura di Maria Cristina Lombardi, Crocetti Editore, Milano 2011;
  • I ricordi mi vedono, Traduzione di Enrico Tiozzo, Iperborea,



Consiglio di lettura dell’autore

In caso voleste approfondire la conoscenza della produzione e della poetica affascinante di Tranströmer, vi consiglio senz’altro la lettura di “Poesia dal silenzio”, pubblicazione edita da Crocetti nel 2001 e rieditato nel 2011, in occasione dell’attribuzione al Tranströmer del nobel per la letteratura. Si tratta non solo della più ampia raccolta disponibile in Italia del grande poeta svedese, ma anche di una opera di eccezionale valore, grazie anche alla mirabile traduzione di Maria Cristina Lombardi, grande conoscitrice dell’opera transtromeriana, che riesce a trasporre con notevole acume, come evidenzia già la stessa definizione da lei coniata e che costituisce il titolo del volume. È una lettura che non solo vi spalancherà le porte allo straordinario universo poetico dell’autore svedese, ma anche ad una visione spiazzante e rigeneratrice dell’idea stessa di poesia.