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special
Roy Buchanan The Messiah of guitar
Avevo circa diciannove anni quando entrai in un negozio di dischi e comprai Sweet Dreams, la doppia antologia della Polydor di Roy Buchanan. Quando misi il disco nel lettore rimasi sconvolto da così tanta bellezza e bravura, sensazioni che avevo provato solo con musicisti come Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix, Robert Johnson, Peter Green e i tre King del blues.
La musica di Roy Buchanan è veramente qualcosa di speciale e profondo, una chitarra calma e dolce che nel volgere di un istante diventa lancinante e stridente quasi ad emulare una voce umana, il tutto suonato senza pedali di effettistica ma con effetti pioneristici come la pinch harmonic, creati dalla mano di Buchanan con l'ausilio dei controlli di volume e tono della sua fedele Nancy, una Fender Telecaster del ‘53.Buchanan nasce in Arkansas, ma con la sua famiglia si trasferisce ben presto in California, a Pixley, dove comincia ad appassionarsi alla musica e a mostrare un incredibile quanto innato talento. Già all’età di sette anni comincia a prendere lezioni di lap steel guitar dall'insegnante locale Mrs Pressure, che Buchanan in seguito ricorderà nel bellissimo omonimo brano strumentale. Nel giro di poche settimane impara a suonare, ad orecchio, qualsiasi canzone della hit parade country, musica che in California andava per la maggiore in quel periodo, ma per lui non era abbastanza e quindi iniziò ad interessarsi anche al blues, genere al quale rimarrà fedele per tutta la vita. A dirla tutta il country, come li rock and roll, il jazz, il soul e il funk, perfino il flamenco, sono tutti elementi che contribuiranno a creare uno stile unico ed inconfondibile, il suo. Appena quindicenne va via di casa iniziando a girare tutti gli States militando in varie formazioni, e per la sua incredibile tecnica riesce a stupire tutti i musicisti che lo incrociano. Il primo successo arriva con il bano My Babe di Dale Hawkins, fratello del più noto Ronnie. Quest’ultimo gli chiederà di far parte della band come chitarra solista.
Nel periodo con Ronnie Hawkins, Roy conosce un giovane bassista, tale Robbie Robertson, futuro componente del gruppo The Band e chitarra solista di Bob Dylan. Anche Robbie resta affascinato dalla tecnica di Buchanan e per questo gli chiederà delle vere e proprie lezioni di chitarra che Roy gli nega. In seguito, Robbie ricorderà Roy indicandolo come il miglior chitarrista che avesse mai conosciuto e la sua bravura “era dovuta al fatto di essere per metà lupo - come piaceva dire allo stesso Roy, - e che una volta appreso il blues sarebbe morto in maniera violenta”, cosa quest’ultima, che sfortunatamente si rivelerà quanto mai veritiera. Passano anni e Roy dopo un continuo girovagare decide di stabilirsi in Virginia e sposa Judith, una donna molto gelosa e fanatica della religione, dalla quale avrà sette figli. Continuerà a suonare ma al tempo stesso lavorerà anche come barbiere.
Voci, tra gli addetti ai lavori, rivelano che Roy in quegli anni abbia rinunciato ad una carriera prestigiosa accanto ad artisti del calibro di John Lennon, Rolling Stones ed Eric Clapton, solo per continuare a suonare la musica che più amava, con gli Snakestretchers il suo gruppo, soprattutto per non subire alcuna forma di limitazione artistica. Purtroppo, sono anni difficili, tanti attestati di stima da parte di Johnny Otis, suo figlio Shuggie e di altri musicisti con i quali riesce a suonare, ma dal punto di vista economico poche soddisfazioni. A complicare le cose si aggiungono abuso di alcolici, cocaina e anfetamine varie che non si sposano con il suo carattere forte, a volte violento e diffidente, diventando motivo di litigi, talvolta anche molto accesi, con sua moglie Judith.
Il 1971 è finalmente l'anno della svolta. Un documentario della TV americana intitolato “il più grande chitarrista al mondo sconosciuto” aiuta Buchanan ad ottenere un ricco contratto di cinque album con la Polydor. I primi due dischi sono dei veri capolavori e anche le vendite sono di tutto rispetto. Brani come Sweet Dreams e The Messiah will come again mostrano un lirismo senza precedenti, la chitarra piange, si infiamma, grida per poi calmarsi, in realtà il suo fraseggio è come uno specchio nel quale si riflette la sua vita, fatta di grandi esaltazioni ma anche di profonde delusioni e incomprensioni, di violenza e di amore. La band gira a mille e sicuramente dal punto di vista artistico e tecnico Buchanan raggiunge l'apice della sua carriera. Lui era sì, un grande chitarrista, ma purtroppo aveva una voce monocorde, non all’altezza della situazione, e per questo il cantante solista era Billy Price che invece si trovava perfettamente a proprio agio con la chitarra del band leader.
Gli anni Polydor non sono ricordati con particolare affetto da Buchanan ma regalano diverse gemme come Live Stock e l'imperdibile Live in Japan, autentica dimostrazione di grande virtuosismo. La traccia omaggio a Hendrix, Hey Joe, è un pezzo imperdibile per ogni amante della buona musica, la chitarra si infiamma in un assolo che avrebbe sorpreso lo stesso mancino di Seattle. All'epoca pochi chitarristi potevano competere con Hendrix e, senza dubbio, Buchanan era tra questi, in più Roy poteva creare qualsiasi suono senza l'ausilio di pedali di distorsione o wah wah perché era in grado, come è stato già detto, di padroneggiare gli effetti utilizzando il volume e il tono della sua Telecaster, tecnica che in seguito sarà ripresa anche da Danny Gatton e Rory Gallagher. Dopo gli anni Polydor arriva il biennio Atlantic che si rivelerà un disastro per totale mancanza di idee. Purtroppo la produzione di Stanley Clarke, noto bassista jazz, non diede i risultati sperati e porterà Roy a prendere la drastica decisione di lasciare la musica per un po'.
Fortunatamente la Alligator, nota casa discografica blues, decide di puntare sul suo talento e Buchanan accetta alla sola condizione di avere la piena liberà artistica. Così dal 1985 fino al 1987 escono tre album ricchi di blues-rock e assoli incendiari che riportano Buchanan all'attenzione degli addetti ai lavori e dei colleghi sempre più affascinati dalla sua tecnica inarrivabile. Gli album con la Alligator mostrano un Roy rigenerato e focalizzato principalmente sul blues. Anche il suono cambia per diventare più distorto e pirotecnico, dovuto anche al cambio di strumento: Nancy viene rimpiazzata da un'altra Telecaster che montava pickups Bill Lawrence molto più aggressivi e da un paio di Gibson Les Paul. Purtroppo, questo recupero artistico avvenuto con l’etichetta di Chicago non va di pari passo con la vita privata, caratterizzata da violenti liti coniugali e da un paio di tentativi di suicidio. Così, nell'agosto del 1988, dopo l'ennesima lite con la moglie Judith, Roy viene arrestato per guida in stato di ubriachezza e messo in carcere a smaltire la sbornia. Ma nelle ore successive all'arresto viene trovato morto impiccato nella sua cella. Una morte non del tutto chiara, visti gli innumerevoli lividi trovati sul suo corpo, ciò nonostante, le autorità chiuderanno il caso confermando il suicidio.
Il mondo della chitarra blues perse uno dei suoi più validi interpreti, un musicista capace di coniugare il virtuosismo estremo con un'espressività che pochi altri possono vantare. Una frase di Roy Buchanan la dice lunga su cosa pensasse della musica e del successo “a me non è mai interessato avere successo, ho sempre e solo suonato per me stesso e per la bellezza della musica”.
Dovendo scegliere tra i suoi dischi, in mancanza di un vero cofanetto antologico, la doppia antologia della Polydor è il miglior mezzo per avvicinarsi alla sua musica, anche se tutti gli album di quel periodo sono molto validi, forse imperdibili. Il periodo Alligator, seppure ottimo, non offre altrettanta varietà stilistica ma è comunque in grado di regalare forti emozioni.