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Tony Rice Tony Rice, colui che diede nuova vita al bluegrass
Internet non esisteva ancora e neanche i cellulari, le comunicazioni erano di tipo epistolare o avvenivano attraverso costose telefonate interurbane.
Nel 1980 i giovani interessati al rock potevano leggere qualche rivista italiana specializzata (di quelle estere molti non sapevano neanche l’esistenza) e procurarsi un disco d’importazione significava aspettare molte settimane prima di averlo tra le mani.All’epoca ero un Dj di una importante radio locale di Napoli e trasmettevo musica country e bluegrass. Una cosa assai strana quaranta anni fa, ed era piuttosto complicato reperire informazioni e materiale. Un giorno decisi di spingermi in una cosa che mi sembrava azzardata, ma necessaria per arricchire le mie conoscenze: contattare i Red Wine di Genova, nella persona di Silvio Ferretti che allora scriveva per il Mucchio Selvaggio. Con mia grande sorpresa Silvio rispose alla mia lettera e nel giro di qualche settimana salii su un treno notturno (ci volevano otto ore per spostarsi da Napoli a Genova) e andai a conosce il gruppo. Fui accolto in modo fantastico. Il chitarrista della Red Wine allora era Beppe Gambetta, probabilmente il chitarrista italiano più conosciuto negli States oggi. Ci fu subito un grande feeling tra me e loro e così nacque una bella amicizia che dura ancora oggi. Silvio mi teneva aggiornato su artisti e gruppi a me sconosciuti e spesso mi ha regalato preziose cassette con la registrazione di dischi che mai sarei riuscito a procurarmi autonomamente, mentre con Beppe si parlava di chitarristi bluegrass, quelli che lui studiava, e tra i quali ovviamente non poteva mancare l’immenso Tony Rice.
Ecco sono arrivato al punto. Devo molto a Silvio e a Beppe, il primo perché è stato per molto tempo la mia fonte primaria di conoscenza del bluegrass, il secondo perché mi ha “presentato” Tony Rice, il musicista che più di altri è riuscito a dimostrare che la musica popolare, nello specifico il bluegrass, era una musica ancora viva e vitale e poteva far convivere tradizione e progresso, in altre parole Tony Rice con la sua voce e la sua chitarra è riuscito a trasmettere l’idea che il tradizionale bluegrass poteva evolversi e diventare altro, senza necessariamente rinnegare il suo passato di musica della tradizione popolare.
“Ascolta Tony Rice, - mi disse Beppe durante una sessione di esercizi a cui ho avuto il piacere di assistere come fosse un piccolo concerto personale - lui è un chitarrista favoloso, pensa si è comprato la mitica Martin D-28 che fu di Clarence White” e mi suggerì di ascoltare l’album Manzanita uscito l’anno prima, nel 1979.
Non fui molto colpito dalla storia della D-28 sinceramente (tutta ignoranza giovanile del sottoscritto) ma fui letteralmente folgorato dal disco (utilizzai addirittura l’intro del brano che dà il titolo all’album come sigla del mio programma) e fu solo l’inizio.
In quell’album c’era già tutto, chi era Tony Rice e cosa sarebbe diventato. C’era il bluegrass tradizionale e c’era la new acoustic music, in forma ancora embrionale certo (basta ascoltare l’inizio del brano Manzanita per capirlo), ma che da lì a poco sarebbe esplosa come nuova corrente musicale (anche grazie a personaggi con i quali lui ha suonato come Bela Fléck, Darol Anger, Mike Marshal e David Grisman per citare i più famosi) che mescolava il suono della tradizione con il folk e il jazz in un percorso di modernizzazione e di rigenerazione che ha portato il bluegrass a livelli di popolarità internazionale forse mai raggiunti prima.
Tony Rice è considerato il chitarrista acustico più influente degli ultimi cinquant’anni. Tecnicamente non so quanto sia vera questa affermazione letta su molte riviste specializzate americane, perché non sono un chitarrista e perché non conosco tutti i chitarristi che potrebbero essere stati influenzati dal suo stile unico e riconoscibile come un marchio di fabbrica, ma posso dire con assoluta certezza che la maggior parte di quelli che ho conosciuto, personalmente o solo attraverso i loro dischi, a lui devono tantissimo.
Non serve, in questa sede, elencare i gruppi nei quali ha suonato e i dischi che ha registrato perché basta digitare su Google il nome di Tony Rice e sapere tutto di lui. Questo breve scritto è un saluto, un ricordo e un doveroso omaggio verso un uomo tanto riservato quanto artisticamente grande, che non sono riuscito a conoscere di persona, ma che ho seguito con un interesse immenso, e grazie al quale le mie conoscenze musicali sono cresciute tantissimo.
Mi rattrista immensamente pensare a quanto abbia sofferto a causa della disfonia che gli ha impedito di continuare a cantare e per l’epicondilite laterale (il gomito del tennista) che gli causava molto dolore quando suonava la sua amata chitarra.
Nel commovente video allegato a questo pezzo, la sua ultima apparizione in pubblico, era il 2013, in occasione della premiazione dell’International Bluegrass Music Association. Nel video è molto provato, ma nonostante tutto ha rivolto, con un gesto di enorme generosità e coraggio, delle parole di incoraggiamento ed un invito a non mollare ad Alison Krauss che ha avuto problemi analoghi di disfonia.
Ciao Tony, mancherai immensamente a tutti.