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Francesco Guccini Guccini in immagini
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C'è un momento, un istante, in cui una canzone sveste i panni di solo testo e musica e si ritrova a diventare qualcosa di più. Un momento in cui le parole si trasformano in immagini. In cui i versi delle canzoni potrebbero divenire un quadro o una fotografia. E casi in cui intere canzoni potrebbero essere delle intere sceneggiature.
Per i cantautori il racconto della realtà è la base di tutto. C'è chi lo ha fatto in tono onirico, chi riportando tutto a una dura realtà, chi si è limitato alle storie d'amore, chi ha raccontato storie di protesta. Ma le storie sono fatte di immagini, di luci, di colori, di dettagli. Non solo della storia in sé.
E in questo particolare che Francesco Guccini trova il suo spazio all'interno della storia della musica italiana. Una carriera cinquantennale, tanta poesia, tante canzoni che hanno fatto la storia.
Ma in questo caso mi sono voluto concentrare sulla sua innata capacità narrativa all'interno dei suoi brani. Una capacità narrativa che da alcuni anni sta dimostrando con successo nella sua carriera di romanziere, romanzi stessi che potrebbero essere trasposti tranquillamente su pellicola.
Nell'arco della sua carriera è stato in grado di raccontare piccole storie, storie di tutti i giorni, mettendole in scena quasi fossero dei piccoli cortometraggi e non canzoni. Una capacità di descrivere i dettagli, di caratterizzazione dei personaggi, di riuscire a far immaginare alla perfezione un luogo con il solo uso di pochi versi.
Ho selezionato dieci canzoni che meglio rappresentano questa sua capacità. E le canzoni che avevano i requisiti per far parte di questo elenco potevano essere molte altre (una sessantina a conti fatti). Ci sono di fatto tante esclusioni eccellenti: La Locomotiva potrebbe essere presa e fatta diventare un film tant'è precisa nella narrazione. O Eskimo che sarebbe una storia di formazione che si protrae lungo un ventennio. O Bisanzio, Farewell, Don Chisciotte e tantissime altre.
Ma bando alla ciance e andiamo a vedere queste canzoni.
In morte di S.F. / Canzone per un'amica"Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva, la dolce estate era già cominciata vicino lui sorrideva, vicino lui sorrideva, Forte la mano teneva il volante, forte il motore cantava"
Nonostante la capacità descrittiva di Guccini si svilupperà completamente con l'andare avanti della carriera, già dalla prime canzoni si possono trovare grandi segni di questa sua dote. In Canzone per un'amica ci porta sulla scena di un viaggio in autostrada che porta alla tragica morte dell'amica S.F.
Un Guccini ancora acerbo che mescola attimi di descrizione a domande esistenziali, portate dalla scomparsa dell'amica. Un talento ancora non del tutto sbocciato.
Primavera di Praga
"Son come falchi quei carri appostati, corron parole sui visi arrossati, corre il dolore bruciando ogni strada e lancia grida ogni muro di Praga"
Il fumo che si alza, i volti insanguinati, i carri appostati. E la storia di Jan Palach rapportata a quella dell'eretico Jan Hus, entrambi arsi vivi per le loro idee.
Guccini è famoso per l'impegno politico profuso per tutta la lunga carriera. Primavera di Praga usa la storia di un eretico del 1400 per raccontare i fatti di fine anni '60 nella capitale cecoslovacca.
Incontro
"E correndo mi incontrò lungo le scale, quasi nulla mi sembrò cambiato in lei, la tristezza poi ci avvolse come miele per il tempo scivolato su noi due."
Due amici che si ritrovano dopo tanti anni, una cena, un dialogo, le emozioni e le angosce di un ritrovarsi dopo tanto tempo.
Messo in scena in bianco e nero, un unico ambiente, un'atmosfera francese e con “stoviglie color nostalgia” sarebbe un cortometraggio perfetto su due persone che erano state tanto vicine e ora sono tanto lontane.
Il Bello
"Bello col vestito della festa, bello con la brillantina in testa, bello, con le scarpe di coppale e l'andata un po' per male, ed in bocca il riso amar"
Francesco Guccini è da tutti identificato come il cantautore impegnato con la barba lunga, l'eskimo sempre indosso e sempre la stessa foto sui manifesti per trent'anni. Ma andando un po' più a fondo al personaggio esce fuori un guascone sempre pronto a ridere e scherzare. Opera Buffa è il disco che mette in scena questa sua indole.
Una festa di paese, il bello che fa strage di cuori con situazioni surreali, tra costole che si spezzano, brillantina che lascia cuori infranti e un bello che non è poi così latin-lover come ce lo raccontano. Una perfetta commedia all'italiana anni '70.
Canzone delle situazioni differenti
"Uscimmo un po' accaldati per il troppo vino nero, danzammo sulla strada, già albeggiava. Sembrava una commedia musicale americana, tu non lo sai, ma dentro me ridevo"
Qua più che un corto, si potrebbe tirare fuori proprio un film. Un film di un amore finito male, che alterna momenti di rara dolcezza a momenti di rabbia profonda. Tutto raccontato per flashback, in cui Guccini riesce a tirare dentro più di due personaggi e anche a far capire i loro modi e caratteri. Lui, lei, il nonno, il patrigno, la madre, il padre di lei ognuno ha un motivo di esserci e di essere raccontato, anche solo con un verso.
Il pensionato
"lo vedo nella luce che anch'io mi ricordo bene di lampadina fioca, quella da trenta candele, fra mobili che non hanno mai visto altri splendori, giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori, fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani: mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani"
Luce fioca, tempi lenti, un anziano attore teatrale nel ruolo del protagonista e Francesco Guccini nella parte del vicino di casa/narratore.
La vita del pensionato vicino di casa nella mitologica Via Paolo Fabbri 43 portata in scena con una grazia degna del personaggio raccontato. Dialoghi futili tra dirimpettai che portano comunque a riflettere sul vero senso della vita. Un film esistenziale francese.
Amerigo
E fu lavoro e sangue e fu fatica uguale mattina e sera, per anni da prigione, di birra e di puttane, di giorni duri, di negri ed irlandesi, polacchi ed italiani nella miniera, sudore d'antracite in Pennsylvania, Arkansas, Texas, Missouri.
La fuga in cerca di una vita migliore, l'odore d'olio e mare di Le Havre, il bosco di grattacieli di New York, il lavoro in miniera in giro per gli USA. La storia del prozio Enrico, raccontata dal piccolo narratore Francesco. E di come fosse diversa la visione degli Stati Uniti tra i due.
Una storia raccontata a suon di flashback tra il giovane parente intento a cercare la fortuna negli States e un giovane nipote che lo racconta per come lo vedeva da anziano. E come il piccolo arrivi a capire che in fondo non siano così diversi.
Antenòr
"Fintò basso e scartò di lato, quanti sguardi sentì sul viso, si sentì migliore e stanco, si sentì come un sorriso, che serata tutta al contrario, proprio niente da ricordare, puntò il ferro contro il viso, vide il sangue zampillare."
Una semplice storia di un gaucho/cowboy/buttero che si trova costretto a un duello che non si era andato a cercare, metafora di una vita che ci birilla come bocce da biliardo.
Ambientazione campestre, metafore elevate (l'ebreo errante, il batavo maledetto) e il nostro protagonista che è Antenòr e basta. Un personaggio di cui non sappiamo nulla ma che potrebbe essere tranquillamente il Clint Eastwood dei film di Sergio Leone.
Autogrill
"Bella d'una sua bellezza acerba, bionda senza averne l'aria, quasi triste, come i fiori e l'erba di scarpata ferroviaria."
Due versi per descrivere alla perfezione un viso, come solo una ripresa frontale può fare. Questa canzone è il manifesto ideologico del Guccini versione “sceneggiatore”. Una storia d'amore sui generis ambientata in un Autogrill, collocata temporalmente in una decina di minuti con due soli protagonisti.
Che in quattro minuti e mezzo di canzone riescono a fare azioni, avere pensieri, dubbi e ripensamenti. Guccini riesce anche a caratterizzarli, facendoci capire a chi ci troviamo di fronte. A suo modo un piccolo capolavoro.
Scirocco
Lei si alzò con un gesto finale, poi andò via senza voltarsi indietro, mentre quel vento la riempiva, di ricordi impossibili,di confusione e immagini.
La classica storia di lui, lei e l'altra. Un lui che non ha il coraggio di lasciare moglie e figli in favore dell'altra. Un tango a scandire il tempo della storia, in un bar impersonale con lei che arriva in abito di percalle che le fasciava i fianchi. Ma l'indecisione di lui fa si che lei vada via e non torni mai più.
Se lo diamo in mano a Juan José Campanella che lo traspone in una milonga di Buenos Aires, potremmo avere una pellicola di un certo impatto.
E voi quale “sceneggiatura” di Guccini vorreste vedere su pellicola?