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Saluti Da Saturno Un buon non - concerto, a me, a te!
Dietro un titolo come Dancing Polonia si nasconde una piccola stella danzante, ma non danzereccia.
Mirco Mariani atterra a Roma con il suo Dancing Polonia a San Lorenzo, il quartiere universitario. E sceglie, per un piccolo live set e una chiacchierata con i presenti, la tranquilla e simpatica libreria Giufà. La scelta del posto si rivelerà pienamente in linea con le ormai radicate intenzioni di Mirco, nate dopo anni passati a suonare con Vinicio Capossela ed Enrico Rava. Dopo la presentazione infatti racconta che ora più che esibirsi in concerti più strutturati preferisce “creare condivisioni” e “sempre qualcosa di nuovo”, fedele al motto del suo maestro Bilotti ossia “stare basso”.Ad introdurlo Michele Orvieti, che sceglie per via delle “bretelle da presentatore” e della “vaghissima somiglianza” tra i due. E per parlare si affianca a Valerio Corzani, compagno di scorribande musicali sempre presente anche quando lontano. A lui il compito di dare una prima inquadratura su Dancing Polonia: rumore e melodia messi insieme, come in Tom Waits e John Cage, “ un ruggito e un salamecco sentimentale” che svincolano il lavoro dall’impiego dell’optigon e portano all’esplorazione di nuove strade. Mirco si gode appieno il fatto di non trovarsi in un “supermercato della musica” e finalmente noi presenti riusciamo a convincerlo a fare un brano.
Ed ecco la prima sorpresa. Mica fa un pezzo di Dancing Polonia! Si esibisce in una versione elettrificata di Romagna mia che diventa lo spunto per rivelare quello che poteva essere il liscio. Valerio racconta che il liscio aveva le potenzialità per diventare il blues italiano, anche per le storie personali dietro certi brani. Poi ha preso il sopravvento la versione spensierata dei Casadei. Che fra l’altro apprezzano il lavoro di Mirco, al quale Riccarda Casadei mandò un pacco sulla storie del genere.
Ma nel parlare di distorsioni e deviazioni da versioni canoniche, Mirco non può fare a meno di raccontare quanto gli ha cambiato la vita lavorare con Arto Lindsay e suonare con la chitarra da lui scordata ad hoc. Hanno passato il 60° compleanno del chitarrista americano insieme, e l’aver lavorato con lui gli ha permesso di fare “uno scattino su qualcosa che non sai”. Un’incessante ricerca, un non fermarsi mai all’acquisito, questo trapela dalle parole e dagli occhi limpidi del nostro.
E’ poi la volta di un altro ripescaggio dal passato. Arriva Ciao mare suonato solo con la tastiera, pochi tasti alla volta, lenti, e le note accompagnate da una voce dolce con un retro più ruvido.
E con questo Mirco finisce di suonare. Ha perfettamente esemplificato la sua idea di concerto come “qualcosa in cui ci si scambia il posto con chi ascolta” e durante il quale “può anche succedere qualcos’altro”.
Finita la presentazione ho avuto il piacere di fare due chiacchere a quattr’occhi con Mirco. Gli ho chiesto di questo suo peculiare approccio alla promozione, se fosse nata in lui una qualche disaffezione ai concerti. Mi risponde che pur amando tantissimo suonare è stanco di esibirsi in locali “impostati”, finendo con il dare un’ “immagine stanca”.Quindi sì alla musica dal vivo, ma fuori dalle solite gabbie, anche a Lipsia, prima data del nuovo tour.
Gli racconto che il suo rimescolare e rimodellare frammenti di musica leggera mi ricorda in parte le intenzioni di Giovanni Lindo Ferretti con i CCCP, fare una musica popolare colta che rielaborasse frammenti del passato, inclusi i lisci delle balere, al punto di farli diventare irriconoscibili. Mirco riconosce che ormai inventarsi qualcosa di nuovo è difficile. La Romagna poi, è un punto di partenza . Insiste poi nel ricordare che suonare deve essere un gioco… in fondo in inglese “to play” ha entrambi i significati.
Tra le nostre risate cerco di strappargli qualcosa su Dancing Polonia, visto che in pratica non l’ha presentato. Con molta umiltà mi dice che la caratteristica del disco è una schiettezza nel bene e nel male “molto attuale”, che non va cercata “ negli strumenti che uso e nei testi che scrivo […], perché sono molto limitato”. […]Io voglio vivere con spontaneità. Se inizio a prepararmi, decidere, ripetere, questo progetto (Saluti da Saturno ndr) dura poco”.
Gli chiedo ancora qualcosa del suo rapporto con Arto Lindsay, se il suo suonare distorto non sia una sorta di decostruzione operata proprio perchè si padroneggia sin troppo la musica nel senso più canonico. Mi risponde indirettamente citando la definizione data al musicista americano da sua moglie dopo un concerto: “Arto Lindsay è un genio”. Un concerto in cui “ il messaggio era così chiaro che suonando due note accordate avrebbe rotto la magia”, perchè “quando la musica si appiattisce a lui la chitarra serve per dare scariche elettriche”.
Poi un pensiero per Valerio Corzani, sodale di musica e uomo dal multiforme ingegno, anche conduttore radiofonico (Alza il volume su Radio 3 ad esempio).
A questo punto, dopo un accenno a un prossimo “concerto non concerto” a Bologna, non mi resta che salutarlo ed augurargli buon ritorno a casa… Paradosso dei paradossi, lo attende un concerto all’Unipol arena felsinea, tra Patty Pravo e Francesco Renga… Chissà se avrà potuto giocare, ovvero suonare, alla sua maniera.
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