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Frei Il video de La scimmia discende dall'albero (con intervista)

24/04/2016 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Frei#Italiana#Alternative

Salotto di casa, una coppia vive un momento di noia e futili recriminazioni: ci si complica e rovina inutilmente la vita...Eppure l'uomo discende dalla scimmia, gli animali "hanno il pensiero nel cuore" e vivono ogni momento con una naturalezza lineare, senza rimuginare su tutto e seppellire gli istinti. Questo e altro ancora nel nuovo singolo di Frei, tratto dall'ottimo album Evolution, e nella nostra intervista.
L’uomo discende dalla scimmia, eppure l’evoluzione lo ha portato ad allontanarsi dalla semplicità logica e lineare della vita secondo natura e ad essere schiavo delle macchine, di oggetti di alta o bassa tecnologia, pezzi di plastica, cavi elettrici, schede di memoria, ecc., che da essere strumenti diventano limiti. È all’incirca questo il messaggio che lancia il nuovo, bellissimo disco di Frei, Evolution, un ottimo esempio di cantautorato contemporaneo originale e curato nei suoni, eterei, sintetici e siderali. Anticipato dal singolo Le macchine che vede il featuring di Dimartino, il disco chiude la trilogia inaugurata da Sulle tracce della volpe (2011) e proseguita con 2013: Odissea nello spiazzo (2013). Il cd vede la produzione artistica di Beatrice Antolini, il supporto di Dario Giovannini (Aidoru) e la produzione esecutiva di Daniele Calandra per SRI Productions.

Abbiamo fatto un’interessante chiacchierata con l’artista sul suo nuovo album, visionario e profondo; vi presentiamo inoltre in anteprima il video rigorosamente homemade del nuovo singolo La scimmia discende dall’albero. Il brano è nato così, spiega Frei:

Il titolo della canzone è preso da una “Greguería” di un poeta spagnolo della prima metà del ‘900: Ramón Gómez de la Serna, capo dei futuristi spagnoli e anticipatore del surrealismo. Le sue “Greguerías”, che introdussero le avanguardie europee in Spagna, erano una sorta di aforismi surreali, generati dalla somma di metafora e umorismo. L’intero brano è fatto di Greguerías a modo mio, sull’ uomo, l’animale, la religione e le abitudini.

Quanto al video, il regista, lo stesso Daniele Calandra, lo racconta così:

Il video si sviluppa all'interno di una doppia trama: la prima riguarda un ménage di coppia standard colpito dalla noia e dalla voglia di fare qualcosa e nell'impazienza ingannano il tempo accendendo la tv. La seconda trama si sviluppa in un canale della tv stessa sintonizzato su delle scimmie che ballano. Una danza che rappresenta l'evoluzione. 

In questo scenario l'autore racconta la sua vita, e le varie considerazione sull'attuale momento della coppia urtano la sensibilità della compagna che risponde con provocazioni "al femminile". Pervasa dalla noia spegne la tv e come per magia tutti ci finiscono dentro, tranne le scimmie, che continuano a ballare. Restano dentro la tv uomini che non si danno pace, cercando delle risposte a domande sempre più sbagliate. Appare a tratti il maggiordomo della coscienza, che nulla può ordinare e sistemare in un mondo che non sa trovare la felicità, a volte nascosta tra le carezze che possiamo porgere a un animale.

 

È una classica giornata “no” in cui la “lei” della coppia è particolarmente insofferente e comincia a ripetere le classiche, insopportabili frasi del tipo ““Io non ce la faccio più, a rimanere qui, seduta insieme a te che te ne stai fregando….”; ci si potrebbe godere un bel momento insieme, ma è impossibile: ci si complica la vita con contrasti futili e inutili e si spreca tempo prezioso perdendo la pazienza per problemi minuscoli come un parcheggio. In nome di un qualche astratto concetto di ordine, l’uomo vive lontano dalla sua essenza animale un’esistenza piena di costrizioni sociali. Ecco il video e la nostra intervista!



La canzone di apertura del disco, La scimmia discende dall’albero, ricorda molto lo stile di Dalla: che rapporto hai con la sua musica?

Un rapporto burrascoso, a volte litighiamo, a volte facciamo l’amore, poi litighiamo di nuovo e rifacciamo la pace e ricominciamo ad amarci… insomma quei tipici rapporti destinati a finire male. Giusto ieri ci siamo mandati a quel paese definitivamente, e credo di avere chiuso. Per sempre.

Com’è nata l’idea della sceneggiatura del video di questo pezzo?

È stata un’idea di Daniele Calandra, il produttore del disco. Ero appena tornato da un concerto a Gorizia con Enzo. Nel primo pomeriggio siamo arrivati a casa di Daniele ed era tutto pronto, mi sono seduto sul divano e ho iniziato a cantare. Poco dopo è arrivata Enrica con la sottoveste, si è seduta al mio fianco e mi guardava mentre cantavo. E ogni tanto la guardavo anch’io, per ovvie ragioni. Poi è arrivato il suo compagno e ci siamo messi a parlare di chitarre, mentre Enzo ha fatto la sua parte. Alle 20 siamo andati tutti al compleanno di Rocco a devastarci di piadine, vino e focacce. Non abbiamo speso un cazzo. Si vede? Spero di sì, perché per noi è importante che arrivi il concetto di video “home made”, serve per far sentire gli spettatori dentro il salotto di casa.

Le “provocazioni femminili” sono spesso così insopportabili come sembrano nel video secondo te?

Se non ne hai voglia sì, sono insopportabili. E sappiamo tutti che capitano sempre quando non ne hai voglia, per questo fantastichiamo cose che non esistono. E questo comportamento non è logico, sai perché? perché non è vero che capitano quando non ne abbiamo voglia, siamo noi che non ne abbiamo voglia quando capitano, mentre quando non capitano vorremmo che capitassero. Tinto Brass e Milo Manara hanno dissetato le nostre fantasie regalandoci bellissime illusioni, grazie a questo meccanismo mentale. Vedi? Come facciamo a dire di essere evoluti quando ci comportiamo a rovescio? L’animale va in calore, la femmina provoca e il maschio è pronto perché sente che la femmina è pronta. Logico, semplice, naturale, senza nessun casino mentale. Si va alla monta quando è ora! Questa, ad esempio, è una cosa che si avvicina ad un concetto di evoluzione, secondo me.

La conclusione paradossale del testo fa pensare che davvero ci si lamenti per delle tali inezie che l’unica soluzione sembra quella più lontana dalla logica appunto, ad esempio andare al mare quando piove, così si trova parcheggio e non ci si scotta. Il maggiordomo della coscienza può solo scuotere la testa e la felicità resta spesso così lontana dalla vita quotidiana perché ci si avvelena per cose banali?

Sì, credo che viviamo dentro una società completamente fuori da ogni logica naturale, per cui alle volte sembra necessario cercare una soluzione facendo l’esatto contrario di quello che convenzionalmente viene ritenuto logico. Se trovi la felicità non te lo so dire, ma di sicuro trovi una forma di libertà.

Dal punto di vista degli arrangiamenti e delle sonorità quali sono i tuoi artisti nazionali e/o internazionali preferiti?

Sono tanti. In questo periodo mi piace un casino Asaf Avidan, e poi sto riascoltando un artista che ho scoperto molti anni fa, Erik Sumo e il suo disco mi sembra sempre un capolavoro. Inoltre, sempre parlando di sonorità, prima di fare il disco ho ascoltato molto Josh Rouse che ha dei suoni bellissimi, Pigbag, Seabear, The Low Anthem e Tune-Yards. In ambito italiano invece Supermarket, Marquez, Sacri Cuori, Opez e Sunday Morning sono, per me, i prodotti migliori che sono usciti in questi ultimi due anni, soprattutto a livello sonoro.

Qual è stato il primo disco che ti ha fatto pensare di cominciare a scrivere canzoni?

Era una MC, di Fabrizio De Andrè. Dentro c’era, tra i tanti capolavori, Giovanna d’Arco, traduzione di un brano di Leonard Cohen. Forse è iniziato tutto da lì. Avevo 17 anni circa.

L’album si avvale della produzione artistica di Beatrice Antolini, che lo ha anche mixato e masterizzato: com’è stato lavorare con lei?

Ci siamo trovati molto bene, fin dall’inizio. Avevamo quasi sempre le stesse esigenze musicali e opinioni. Non so se sia dovuto al carattere o perché facciamo parte della stessa generazione. A volte era quasi imbarazzante dire “stavo pensando la stessa cosa” perché poi sembrava lo facessimo apposta.

Com’è nata la riflessione sulla natura delle macchine, sulla loro fallibilità e temporaneità e il dubbio che siano gli uomini ad essere dipendenti dalle macchine e non viceversa? Su cosa si è concentrato il tuo sguardo in particolare, su episodi del quotidiano o altro?

La vivo su di me, ogni giorno. E non c’è nessun dubbio, nessun parere. È ovvio che siamo noi ad essere dipendenti delle macchine, non credo sia tanto opinabile. E nonostante sia appena uscito un singolo che parla di questo, sabato sono andato all’Unieuro a comperare un’aspirapolvere elettrica senza fili, batteria al litio, sottocosto. Non vale un cazzo. È una merda. È un pezzo di plastica con una tecnologia da terzo mondo che durerà due anni se sarò fortunato. Siamo dei miserabili, dei drogati di macchine inutili, dei penosi esseri umani che girano su sé stessi cercando di mordersi una coda che non hanno più, e che presenziano in questo pianeta solo per far transitare del cibo. Noi non abbiamo più senso, la realtà si è rovesciata all’improvviso, come fanno i poli del nostro pianeta ogni migliaia di anni. I tossicodipendenti una volta sembravano i miserabili, invece sono tra i pochi che hanno intuito qualcosa. Hanno capito che ciò che li circonda non ha senso, è come un vortice, un uragano che ti porta dentro e non ti lascia scampo. La droga, al contrario, è un’assenza di vento, che ti fa star fermo e impedisce ad ogni uragano moderno di inghiottirti, e tutto ti scivola addosso. È una visione un po’ estrema secondo te? Secondo me no. Essere dipendenti dalle macchine e non poter fare a meno di comprarne continuamente, pur sapendo che non valgono niente, è peggio che farsi di eroina o di qualsiasi altra droga, anche solo per una questione di consapevolezza.

In Un sospiro lieve parli di come ci si possa perdere, nonostante oggi sia anche più facile forse cercarsi: sicuro che ci sia di mezzo la fortuna e non la volontà in questi casi?

Tu mi parli di “volontà” in un’epoca in cui tutte le nostre energie mentali vengono continuamente risucchiate da tante piccole e inutili decisioni che siamo costretti a prendere ogni minuto. Le macchine giocano un ruolo fondamentale in tutto ciò, perché ci costringono continuamente a fare delle scelte, a partire dalla follia dei loro prezzi che variano se lo compri oggi anziché domani, fino a tutte le azioni che ci chiedono di compiere. Prendere continuamente delle decisioni stanca molto la mente umana, e ne consegue che la volontà si indebolisce sempre di più. La volontà sta via via scomparendo, trasformandoci in automi. Quindi, anche nel semplice “cercarsi”, lasciamo che siano gli algoritmi a farci trovare nella realtà virtuale, mentre in quella reale lasciamo tutto al caso. Soprattutto le decisioni più importanti. Per cui Un sospiro lieve è un sinonimo di debolezza, è l’ultimo fiato che ci resta, ed è troppo poco. Non basta per cercarsi. Quindi la fortuna resta l’unico amico immaginario dove incanalare l’illusione che qualcosa o qualcuno ci possa sempre aiutare.

In questo disco provi a immaginare un altro tipo di evoluzione, così come alla base ci sono riflessioni su altri pianeti, per esempio su cui la tua gattina sarebbe ancora viva. C’è qualcosa di personale, ma anche di visionario in tutto ciò: ci sono state delle letture su mondi utopici, distopici o fantascientifici che ti hanno affascinato e possono averti influenzato?

Quando nel 2012 ho iniziato a scrivere le canzoni di 2013: Odissea nello spiazzo, ero completamente folgorato dalla fisica quantistica, leggevo libri su Einstein, come L’equazione di Dio di Aczel Amir, ho guardato tutti i documentari di Morgan Freeman, ma anche film come The Wild Blue Yonder di Herzog, Another Heart, ma la cosa più fantascientifica che abbia mai letto restano Le città invisibili di Italo Calvino, tanti anni fa. Queste, tra le altre cose che non sto ad elencarvi, sono quelle che mi hanno influenzato di più.

Tre aggettivi per presentare il tuo disco a chi non l’ha ancora ascoltato.

Ho tentato di fare un disco musicalmente colorato, visionario nei contenuti e moderno nel suo insieme.

Spero di esserci, almeno in parte, riuscito.



Credits del disco

Testi e musiche: Frei Rossi
Produzione artistica: Beatrice Antolini
Arrangiamenti: Beatrice Antolini/Dario Giovannini
Mixato e masterizzato da Beatrice Antolini presso Big Saloon Studio – Bologna
Produzione esecutiva: Daniele Calandra
Edizioni: A Buzz Supreme

 

Biografia

Frei Rossi nasce a Bagno di Romagna (FC). Lavora come cantante e performer con Aidoru Associazione per il progetto street punk Go Go Megafon. Nel 2011 esce il suo primo disco da solista, Sulle tracce della volpe, che riscuote molti consensi, sia a livello mediatico sia di pubblico. Nello stesso anno arriva in finale al Premio Bindi, al premio LiberaLaMusica e al premio Frequenze Mediterranee con Spacco l’ufficio, uno dei brani “pilota” del suo album. È finalista anche a Musicultura 2012 con il brano Ombre di luna. Al festival dedicato a Buscaglione vince il Premio Speciale I postumi di Fred. Durante il tour che ha seguito l’uscita del suo primo disco riceve un altro importante riconoscimento da Keep On con il premio “Miglior Live dicembre 2011″ nella categoria Rivelazioni. I singoli sono stati programmati in tutte le radio italiane, in particolare da segnalare la grande attenzione ricevuta da Isoradio, Radio Coop e tutte le radio del circuito Popolare Network. A gennaio 2013 esce il secondo album dal titolo 2013: Odissea nello spiazzo. Segue un tour di 35 date per tutta la penisola, un’altra partecipazione a Musicultura 2013, una finale al premio Musicadabere. MarteLive seleziona Ho visto gli alieni tra i migliori videoclip. Il terzo album di Frei, Evolution, è uscito a febbraio 2016.

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