Sanremo 2023

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Sanremo 2023 Un divano per quattro: bilanci finali sul Festival

12/02/2023 di Autori vari

#Sanremo 2023#Italiana#Pop

Tempo di bilanci finali per il Festival di Sanremo 2023: vediamo cosa ne pensano Barbara Bottoli, Arianna Marsico, Gio' Mentasti e Paolo Ronchetti.
Barbara Bottoli:

Più volte in questa settimana mi sono chiesta: cosa starà facendo Morandi? Mentre io sbadigliavo, forse lui stava correndo, mentre cercavo di tenere gli occhi aperti il buon Gianni stava cantando, impressionante come in queste cinque serate sia riuscito ad essere così genuino (anche imprecando, mentre stava inciampando in un cavo) e presente, oscurando più volte Amadeus che non ha ancora capito che gli orari che ha imposto in questi quattro anni sono improponibili, disumani e dovrà ringraziare RaiPlay.

Quello che mi piace sempre del Festival di Sanremo è come in pochi mesi possa restituire una fotografia sociale e anche questo anno non si è smentito, evidenziando l'enorme potere dei social che sono ormai il metro di misura della bravura e di come, spesso, diventino una forza negativa che penalizza anche il talento: ne è un esempio Madame che paga la “questione green pass” con la mancanza di riconoscimenti per la sua Il bene nel male; la cantautrice vicentina inchioda allo schermo, ha una capacità creativa che riversa nei testi intensi, nella personalità capace di ipnotizzare, eppure il suo brano non ottiene alcun riconoscimento. (N.B: tutto ciò non giustifica assolutamente il “raggiro” dei vaccini).

Ancora, anche in questo 2023, si evidenzia l'enorme incapacità di scegliere: 28 canzoni sono troppe, si capisce il bisogno di rimpinguare le casse delle case discografiche, della Rai o di dover battere i record di share, ma propinare quasi trenta brani significa che non esiste una meritocrazia e che essere direttore artistico, forse, non è proprio il ruolo adatto ad Amadeus che pensa maggiormente all'introito aziendale rispetto alla musica…Musica …eh musica .. se n'è vista poca, mi chiedo quanto un brano scialbo come quello di uno dei tanti giovincelli di questa 73° edizione possa acquistare corpo col sostegno di un'orchestra.

Si classifica tra i primi posti l'autotune che già dimezzerebbe la quantità di presenti alla kermesse ligure, spesso usato a sproposito, anzi solo per coprire l'incapacità canora, mentre esistono ancora voci come Ranieri che canta come trent'anni fa, o Al Bano che sempre presente ha indubbiamente ancora la capacità interpretativa di un tempo o Morandi che nell'omaggio a Dalla ha emozionato…

A proposito cosa starà facendo Morandi?

A questo punto, forse, è il caso di svelare la classifica personale:

Marco Mengoni
Madame
Colapesce – Dimartino
Coma_Cose
Grignani

che si distanzia parecchio da quella ufficiale, a parte Mengoni che unisce carisma, professionalità, umanità e un brano sanremese; su Marco non si discute: ogni suo gesto è naturale, ogni sua apparizione viene osservata dall'inizio alla fine e si segue la sua voce come il canto delle sirene.

Colapesce-Dimartino confermano che squadra – e scrittura – vincenti non si cambiano, anche se Colapesce resta due spanne sopra al collega; Splash è un testo molto interessante, ma, probabilmente, ci si è fermati al sound e al ricordo con Musica leggerissima; tuttavia vengono premiati col premio della critica Mia Martini e della sala stampa.

In questa edizione, scivolata liscia, senza intoppi, o, meglio, eviterei di esprimermi rispetto all'incidente di percorso della prima serata, c'è stato tempo anche per un revival personale tra Grignani e Articolo 31 che dimostrano come si può essere coerenti e crescere.

Tornando ai social, la presenza di Ferragni e family conferma la tendenza: prenderne due e pagandone una (anche se per dieci), aumentando le visualizzazioni, mentre la classifica finale risente eccessivamente della votazione da casa e dalla promozione multimediale, che premia una banalità da impatto immediato come il brano di Mr. Rain con un terzo posto quando in realtà il senso del testo era più che meritevole; credo che gli addetti ai lavori abbiano sentito delle urla e credo fosse Ultimo deluso dalla posizione: sono in attesa della polemica.

Cosa starà facendo Morandi?

Mi spiace, ma molti brani non li ricordo, non riesco a distinguere tra Olly e Will, ma devo rivalutare Lazza che nella serata dei duetti con Emma, ha attirato la mia attenzione e nel suo brano Cenere la musica di Dardust si guadagna il 79% del secondo posto.

Non mi spiego, se non a livello pubblicitario, il bisogno dello spazio in Piazza Colombo e sulla nave per altre esibizioni, quando c'erano 28 cantanti, oltre agli ospiti.

Cosa ricorderò di questo Sanremo? Lo sguardo di Mattarella.

Sono molto evidenti i singoli che sentiremo alla radio nelle prossime settimane, con l'augurio che Amadeus cambi programma per l'anno prossimo, mentre per i prossimi giorni mi chiederò cosa starà facendo Morandi, ascoltando ancora per qualche giorno alcuni brani presentati in questi giorni.

Arianna Marsico:

Sanremo lo vinci tu Amadeus, indiscutibilmente. In barba alle frecciatine sulla durata o sulle giacche improbabili da parte di noi comuni mortali che crolliamo sul divano tra uno spot e una battuta e che la mattina dopo dobbiamo andare a lavorare.

Tuttavia, ad uscirne indebolite, se non perdenti, sono proprio le canzoni in gara, quelle che dovrebbero essere le protagoniste del festival. Ridotte a mero riempitivo tra un ospite su un palco brandizzato o un siparietto a favore di un noto produttore di divani, o altro ancora, a volte quasi si fa fatica a ricordarle. Per onestà intellettuale questo non dipende soltanto dalle lungaggini televisive, ma anche dal fatto che, in media, questa appare l’edizione musicalmente più debole tra quelle da te condotte.

La serata delle cover, con l’eccezione di Ariete e Sangiovanni che sopravvalutano decisamente le proprie possibilità martoriando Centro di gravità permanente (che Franco Battiato dall’alto li perdoni, o forse no, che li fulmini!), ha dato una sferzata di energia a un festival musicalmente un po’ sonnacchioso.  Marco Mengoni con la cover gospel di Let It Be dà i brividi, per non parlare di Giorgia ed Elisa. Chi è stato adolescente negli anni ’90 con gli Articolo 31 e Tranqui Funky non può restare fermo, e poi come non emozionarsi con Gianluca Grignani che con Arisa raggiunge Destinazione paradiso (al di là di sbavature tecniche)? Quello che non c’è grazie a Manuel Agnelli strega, e forse gIANMARIA avrebbe dovuto prendere esempio da Lazza (che si è presentato con La fine di Nesli) e cimentarsi con qualcosa che lo mettesse meno in ombra (o prepararsi diversamente, chissà).

Le cover e i duetti, incentrate in gran parte sui Nineties e inizio anni zero, riescono a sbloccare ricordi e smuovere l’intimo o il corpo come non sempre i brani in gara riescono a fare, vuoi per inesperienza di alcuni o eccesso di autotune.  Il premio tormentone va indubbiamente a Made in Italy di Rosa Chemical. E anche qui Amadeus, pensaci, perché far andare all’Eurovision in automatico chi vince Sanremo e non pensare a un premio a parte?

 I miei brani preferiti sono tutti al femminile, tra Vivo di Levante (massacrata dal televoto, vai a capire perché), Parole dette male di Giorgia (che canta in un modo da cui tanti dovrebbero solo prendere esempio) e Due di Elodie. Madame mi appare invece intrappolata nei suoi cliché, per quanto Il bene nel male sia anche piacevole da ascoltare.

A proposito di donne, femminilità e dintorni, magari un’altra volta Amadeus un monologo come quello di Chiara Francini o un appello come quello dell’associazione contro la violenza sulle donne D.i.Re mandali in onda in un orario in cui uno non sia svenuto sul divano o andato a letto, che meritano una platea ampia e vigile!

Tananai, in un’edizione in cui saper cantare sembra essere passato di moda, mostra di aver messo a frutto quanto guadagnato investendo in lezioni di canto, e forse il video di Tango giova alla causa della pace più di tanti appelli: chi se lo sarebbe aspettato da uno che cantava Sesso occasionale!

Capitolo ospiti: Amadeus, qui non ci siamo. Artisti del calibro dei Depeche Mode sarebbero stati la norma (vi ricordate i R.E.M. nel 1995?), invece qui è tutto un riciclo di chi si è esibito negli anni scorsi, con Fedez e Salmo che praticamente hanno rubato il posto in prima fila all’abbonato RAI.

Ed infine il vincitore…beh, che dire? Marco Mengoni con Due vite ha mostrato dalla prima sera di avere le carte in regola per arrivare al gradino più alto del podio. Bella voce, brano ben scritto e arrangiato, esibizioni perfette (forse solo la prima sera un pochino di emozione lo aveva fatto apparire sotto tono), standing e outfit ineccepibili. E ci salva, con Lazza e Mr Rain, da una vittoria di Ultimo, prospettiva che evidentemente deve aver tenuto svegli gran parte di coloro che hanno partecipato al televoto per evitarla.

Insomma, al di là di chi l’ha preso troppo seriamente (se non vi piace non guardatelo e non insultate chi lo segue), il Festival di Sanremo ha centrato il suo obiettivo di essere un variegato carrozzone nazionalpopolare e di dare visibilità a una parte del panorama musicale italiano (ricordiamoci che finalmente da qualche anno chi partecipa vende anche dischi/totalizza streaming),  ma ha anche mostrato alle nuove leve che la professionalità dei mostri sacri non è acqua (Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Al Bano solo per citarne alcuni) .

Insomma, Amadeus, ci hai fregati anche quest’anno!

Ps: il sogno dello scorso anno di vedere i Calibro 35  all’Ariston come concorrenti è rimasto tale. Amadeus Pensaci!

PPS: Amadeus, niente di personale, ma è troppi anni che Sanremo non lo conduce una donna, magari prima o poi ti limiti alla co – conduzione, che anche Sergio Mattarella (immenso) pensa che il tuo mandato sia incostituzionale!

Giò Mentasti:

Il Festival di Sanremo è trovarsi all’alba delle 2:40 davanti ad un televisore spento e rendersi conto che il mondo fatto di musica e luci, in cui si è stati immersi per cinque giorni, è svanito anche quest’anno.

È un rito collettivo, in grado di monopolizzare il discorso pubblico per una settimana. È escapismo, uno spettacolo capace di parlare del mondo “fuori” alternandolo alla fantasia.

Lo si ama, lo si segue, lo si guarda con superiorità, lo si evita, ma è innegabile come sia un perfetto specchio dello stato dell’Italia di anno in anno, nel bene e nel male, che piaccia o meno. L’immagine che viene data in questa settantatreesima edizione è quella di un Paese che, nonostante i problemi tecnici, continua ad andare avanti in modo testardo e orgoglioso. La conduzione di Amadeus, al suo quarto mandato, porta persino il Presidente Mattarella a presenziare alla prima serata, rendendo l’Ariston di fatto una Scala della musica italiana, un appuntamento di rilevanza socioculturale fondamentale. In concorso, nomi noti come Anna Oxa, Giorgia e Marco Mengoni, passando dai giovani Lazza, Tananai e Coma_Cose, per arrivare alle reunion dei Cugini di Campagna e degli Articolo 31, tutti a comporre un caleidoscopio perfettamente bilanciato. Il giovane incontra la tradizione, il palinsesto si espande nel digitale: la co-conduzione di Chiara Ferragni nelle serate di apertura e chiusura nobilita una nuova concezione di televisione transmediale, mentre i numeri musicali fuori concorso di cantanti che hanno fatto la storia, come Ornella Vanoni, Gino Paoli e Massimo Ranieri, trasformano il teatro (ma anche i salotti delle nostre case) in un karaoke nazionale. E, se la popolarità non bastasse, la prova dei fatti del successo di questa edizione è data dalle rilevazioni degli ascolti: nonostante il calo di spettatori assoluti, il Festival continua a registrare una media del 65% di share con oltre 10 milioni di persone davanti agli schermi; pochi altri eventi televisivi sono in grado di imporsi nella quotidianità delle persone con effetti simili. Le notti insonni, i siparietti interminabili, i monologhi, gli imprevisti; tutto concorre a trasformare quello che è, di fatto, solo un programma televisivo, in un vero e proprio rituale.

Sanremo è questo: sorridere sapendo che, davanti a quello schermo nero, nel cuore della notte, abbiamo vissuto un sogno, con la certezza che si ripeterà.

Paolo Ronchetti:

Troppe canzoni! 

Fausto Rossi (Faust’O) intitolava così un brano di uno dei dischi più belli mai usciti in Italia (L’erba). Questa mattina, per disintossicarmi da una settimana di Sanremo, sono partito da lì e l’ho ascoltata per la millesima volta. “Troppe canzoni, troppo futuro, troppe illusioni e nuovi amori digitali; troppo rumore, troppi computer e mostruose religioni; troppo denaro”. Era il 1995.

L’ipertrofia della nostra società. La mia e nostra ipertrofia senza senso.

Di questo essere senza senso questo Sanremo 2023 è (stato) frutto e motore.

Possiamo dire che “belle canzoni” non ce ne sono state? Ci sono state, forse, una manciata di canzoni scritte decentemente e una serie di “personaggi” che le hanno più o meno nobilitate o rese accettabili. Per il resto non si sfiorava la decenza minima, eccetto che in una decina dei brani ascoltati. Il resto sarebbe da dimenticare subito, se non fosse che in quelle altre 18 canzoni ci saranno tutti i tormentoni dell’anno.

La canzone scritta meglio e interpretata in maniera straordinaria è stata solo una: Madame con Il bene nel male. Al di là del personaggio la canzone aveva tutto ciò che si può chiedere ad un buon brano. Lei inoltre ha una capacità di bucare lo schermo che è impressionante. Poi, ma qui ammetto una mia sintonia con la sua parte più pubblica, Madame mi si aggrappa alla pelle e spesso mi lacera nonostante i suoi difetti (che spesso diventano malia unica). Se dovessi darle un voto sarei quasi per un 8.

Belle voci su canzoni “decenti”? Mengoni ha un brano carino cantato con precisione e sin troppa emozione e grinta. Merita il suo primo posto. Idem Giorgia penalizzata da un brano che ci mette un po’ ad arrivare. Mengoni canta un brano che sul ritornello dimezza il tempo e Giorgia un brano che sul ritornello va sempre dove l’orecchio non andrebbe in maniera istintiva. Belle scelte: bravi!

Anna Oxa, vocalmente pazzesca, immette nel suo pop elementi di ricerca vocale straordinaria. Ci sono echi di studi vocali sulle tradizioni e sullo sciamanesimo; ci sono sicuramente gli ascolti di Sajncho Namčylak, Diamanda Galas o Lingua Ignota. Cose che se provo ad ascoltare con gli amici vengo allontanato in malo modo. Grande coraggio o grande follia (o ambedue le cose).

Colapesce e Dimartino stanno dando lezione di una scrittura personale… sin quando durerà.

Lazza ha un pizzico di talento; Rosa Chemical ha presenza scenica da vendere (e tanti richiami nascosti allo swing italiano degli anni ’50-’60 anche se non capisco se c’è ironia in questo richiamo all’italianità o siamo solo davanti ad un animo di estrema destra); Coma_Cose pian piano riprendono la centratura del loro brano e sono felice per la loro poetica; Levante azzecca il tormentone “Vivo un sogno erotico. / La gioia del mio corpo è un atto magico”. E gliene sono grato come ad un albero ombroso in piena estate.

Altro non ho proprio voglia e soprattutto bisogno di dire. Se vi piace, tenetevelo!

Credits foto
Coma_Cose:
 foto Attilio Cusani, styling Giorgia Cantarini, grooming Greta Ceccotti. Coma_Cose vestono Vivienne WestwoodFonte: Daniele Mignardi Promopressagency, Comunicazione Premio Lunezia, notizia della vittoria del Premio Lunezia per Sanremo 2023. 
Colapesce e Dimartino. Fonte: MNcomm - Stefano Di Mario.

Depeche Mode: foto di Anton Corbijn. Fonte: Parole & Dintorni.
Black Eyed Peas:
copertina dell'album Elevation. Fonte: Parole & DintorniResponsabile Promozione Sony Music: Sara Sisti. 
Gianluca Grignani: foto di SteBrovettoPh. Fonte: Parole & Dintorni.
Madame: foto di Leonardo ScottiFonte: SUGAR Nicoletta Zagone Head of Promotion, BIG PICTURE MANAGEMENT Paola Zukar.