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Sanremo Una poltrona per tre: verdetti e bilanci

11/02/2018 di Autori vari

#Sanremo#Italiana#Pop

I nostri fedeli prodi dalla loro poltrona per tre, in tre citta' diverse, hanno seguito il Festival di Sanremo con ammirabile coraggio e dedizione alla causa fino all'ultima puntata. Ecco le loro riflessioni conclusive, che vi proponiamo a briglia sciolta per come hanno voluto proporle ai nostri lettori, senza piu' il vincolo del commento canzone per canzone e senza un limite preciso di estensione in numero di battute.

Barbara Bottoli

Si conclude anche la 68° edizione del Festival di Sanremo, cinque giorni di canzoni e spettacolo che fanno sempre discutere, riempiendo pagine di giornali e post sui social perché ognuno deve esprimere la propria opinione e, alla fine, in pochi ammettono di seguirlo, ma tutti hanno un'idea.

Il Festival è della canzone italiana e, quindi, ben diverso dal Festival del bel canto, come veniva definito una volta, trasformandosi nella fotografia del nostro Paese e anche nel 2018 ha confermato questa funzione, soprattutto nel voler presentare brani meno sanremesi, ma come sempre ben pochi artisti hanno saputo riconoscere la fortuna di avere a disposizione un'orchestra, puntando ad arrangiamenti elementari.

Come da copione anche l'edizione capitanata da Baglioni, che non ha perso occasione per proporre i propri successi, i cantanti erano suddivisi in Big e Nuove Proposte e votati da: una giuria di qualità (che dovrebbe essere di "esperti", non necessariamente musicali), da una giuria sala stampa, una giuria demoscopica composta dai fruitori di musica e il televoto da casa, nel corso delle serate si modificava il peso dei giudizi di queste classi votanti.

Le Nuove Proposte non presentavano inediti, perché i loro brani erano in rotazione nelle radio negli ultimi mesi, dando tempo al pubblico di conoscerli, ma in questo 2018 i "giovani" hanno preferito non tentare, prediligendo o la voce con esercizi da ugole esibizioniste o brani  con impatto radiofonico, quindi era alquanto scontato il primo posto di Ultimo con Il ballo delle incertezze che esprime già tutto dal titolo, rappresentando il tipico brano giovane che si rammarica per la mancanza del domani e di risposte, ed è l'unico brano insieme a Stiamo tutti bene di Mirkoeilcane, che poteva ambire al podio.

Proprio Mirkoeilcane, col suo brano sociale viene premiato dalla Critica col trofeo "Mia Martini", oltre al Premio "Sergio Bardotti" per il miglior testo ed il secondo posto della sua categoria, effettivamente "Stiamo tutti bene" era sostenuta da un arrangiamento interessante, un testo curato ed un'interpretazione d'impatto, mentre restano ancora oscure le ragioni del Premio della Sala Stampa Radio Tv Web " Lucio Dalla" ad Alice Caioli.

La penultima serata del Festival, da anni la più interessante, è stata dedicata ai duetti, quindi ogni brano era presentato dal Big in gara con altri artisti non partecipanti, ma quest' anno ben pochi hanno saputo sfruttare al meglio questa occasione, ne avrebbero potuto guadagnare Le Vibrazioni che in Sbagliato sono stati affiancati da Skin che ha solo eseguito una serie di vocalizzi urlati come se non avessero provato in precedenza il brano, all'opposto di Noemi con Paola Turci che hanno saputo rendere al meglio Non smettere mai di cercarmi, trasmettendo una buona intesa.

Di sicuro pathos la tanto discussa Non ci avete fatto niente di Ermal Meta e Fabrizio Moro che assieme a Simone Cristicchi hanno introdotto il loro brani dalla lettera di Leiris, il marito di una delle vittime del Bataclan che legava le parole del testo a un'emozione umana dai tre artisti chiaramente vissuta. Da segnalare resta anche l'eleganza di Alice, scelta da Ron per Almeno pensami, che dalla loro esperienza hanno saputo trarre il meglio, dando ancora maggior eccezionalità all' inedito di Dalla.

Dopotutto il Festival è una gara e come in ogni competizione italiana ognuno di noi ha fatto i propri pronostici, ma nel momento del verdetto ci si accorge che il vero vincitore si acclamerà nel lungo periodo, coi risultati delle vendite, delle visualizzazioni e degli ascolti, anche se per gli ascolti in streaming il Premio Tim Music è già stato assegnato alla coppia Meta-Moro nel corso della serata.

I premi sono discutibili, la classifica ogni anno lascia un po' l' amaro in bocca, soprattutto per l'ottavo posto di Diodato-Paci che erano riusciti ad integrare un testo di favole comprensione con la musica, in un brano che poteva veramente guardare al futuro, ma un grande peso ha avuto sicuramente il televoto che inciderà parecchio sulla percentuale dei voti, e ha deciso di premiare il "già conosciuto" e  lo spettacolo come dimostra la discrepanza coi premi "tecnici".

Max Gazzè guarda il podio dal suo sesto posto, ma con La leggenda di Cristalda e Pizzomunno ha regalato al pubblico la delicatezza di una leggenda italiana, trasformandola in una poesia sinfonica che lasciava senza fiato dal primo all' ultimo secondo, tra scogliere incantate e sirene incantatrici, ricevendo il meritato Premio "Giancarlo Bigazzi" per la migliore composizione musicale, assegnato dell'orchestra.

Il Premio della Critica "Mia Martini" per i Big lo riceve Ron e, meritatamente, la miglior interpretazione "Sergio Endrigo" al brano Imparare ad amarsi del trio Vanoni-Bungaro-Pacifico che hanno riportato il classico singolo sanremesi con classe e discrezione musico-interpretativa.

Alquanto previsto, ma ben poco condivisibile, il Premio Sala Stampa Radio Tv a Lo Stato Sociale che lo sommano al secondo posto nella classifica finale.

Beh, si sa, il Festival è l'istantanea del nostro Paese, i primi tre posti ricalcano alla perfezione la nostra italianità divisa tra il bisogno di una bella voce che provochi emozione immediata riscontrabile nel terzo posto di Annalisa con Il mondo prima di te, il bisogno di spensieratezza e spettacolo kitsch nel secondo posto di Una vita in vacanza de Lo Stato Sociale e di lotta contro la triste attualità col trionfo di Non ci avete fatto niente.

I vincitori Ermal Meta e Fabrizio Moro rappresenteranno l'Italia all' Eurovision Song Contest che si terrà a Lisbona a maggio: indubbiamente questa danza esorcizzante di forza, libertà, realtà con la profondità empatica di Meta e la carica battagliera di Moro ha saputo creare un binomio ad hoc per il loro brano, evidenziato da un video che riesce a comunicare il senso del brano, senza sottomissione e col loro spirito libero di espressioni, che sono riusciti a dimostrare anche nel caso di sospensione temporanea dalla kermesse.

E anche questo Festival richiude il carrozzone: dopo tanto trambusto, articoli, nottate seguite da risvegli canticchiando un brano, questa edizione si chiude con le sue canzoni e le emozioni che volano via come " vola via una bolla".

 

 

Fausto Gori

Nella serata finale (5) di Sanremo 2018 ha vinto un brano (6), per i tempi, abbastanza significativo di Ermal Meta (7) e Moro (5), ma il pezzo dello Stato Sociale (3,5) sul podio d'onore dovrebbe far riflettere maggiormente sulle percentuali da attribuire alla giuria popolare. Annalisa (6), come avevo previsto, al terzo posto, ma c'erano diversi pezzi migliori. Poi ci può stare benissimo che un pezzo (6) minore di Dalla vinca il premio della critica "Mia Martini" e ancor di più Ornella Vanoni (7,5) quella della migliore interpretazione. Tra i giovani Il ballo delle incertezze di Ultimo (5,5) ha vinto tra brani di valore similare, vedi Giulia Casieri (6), e Mirkoeilcane (premio della critica 5,5). Il direttore artistico (Baglioni 5), rispetto alle edizioni precedenti, ha sicuramente portato migliorie in termini di qualità generale, ma ha mostrato un fastidioso autocompiacimento palesato dai "pesanti" duetti con gli ospiti, dalle ricorrenti autocitazioni, dai troppi suoi pezzi dediti a "gonfiare" ogni serata; senza considerare il fatto di esser stato intrattenitore caratterialmente inadeguato. La Hunziker (bella e simpatica 7) e Favino (brillante 6,5) hanno bilanciato, con brio ed ironia, le sonnolenze baglioniane.

In definitiva, Sanremo 2018 (5), nonostante qualche autore ancora schiavo degli stereotipi ha mostrato un pacchetto qualitativo mediamente sopra i propri standard. Segnali confortanti.



Paolo Ronchetti

Che dire: in generale mi è parso un buon festival! I presentatori e la direzione artistica hanno convinto quasi sempre, soprattutto se si pensa che stiamo parlando di un evento monstre di cinque sere consecutive! Avrei solo evitato Il Volo (1) e lo sketch delle canzoni cantate dalle donne (3). Il resto ci stava (quasi) tutto, con i suoi alti e bassi. Bella la serata dei duetti e concedetemi di dire che Favino è stata una sorpresa di una qualità immensa!

In fondo Lo Stato Sociale ha fotografato qualcosa di importante di questo Sanremo quando ha cantato “Nessuno che dice se sbagli sei fuori”. Si, perché questo è uno dei segreti del successo di questo Sanremo: nessuna eliminazione, nessuno che lavora su una canzone per mesi per poi vedersi eliminato per un errore o per aver portato una canzone che non entra in testa al primo colpo. Dal punto di vista artistico questa cosa ha un peso notevole. Nella storia della musica quante opere stroncate al primo ascolto sono diventate pietre miliari? In questo Sanremo il mio giudizio è cambiato radicalmente su un paio di canzoni: quella di Elio E Le Storie Tese e quella di Rubino.

Rubino ha uno stile vocale personale tra il ruvido e il lirico e questa cosa crea una sensazione spesso stridente e fastidiosa. Scrivesse canzoni comiche, rock o folk song non ci sarebbe nulla di strano! Ma lui scrive melodie classiche e ricercate, ha testi “pesanti” (sia negli argomenti che nel modo in cui vengono trattati senza sconti) e una voce maleducata. Provate a risentire Custodire e pensate se l’avesse cantata Jannacci, a suo modo vocalmente maleducato ma molto meno “fastidioso”. Oppure, andando in tutt’altra direzione, se l’avesse cantata una voce adeguata alla difficoltà e tessitura del brano come quella di Massimo Ranieri! Per fare questo ragionamento (che mi ha portato dal “...un disastro vero, poco preciso e assolutamente banale nella scrittura 4” della prima sera all’8 dell’ultimo ascolto) la possibilità di ascoltare quattro volte il brano è stata indispensabile. Fosse stato eliminato la prima sera non avrei potuto fare questa analisi!

Per Arrivedorci è “bastato” invece cambiare l’arrangiamento per passare da una canzone carina (6) a una canzone dolce/amara sin quasi commuovente (8). Qui, a mio parere, la cosa non è stata improvvisata: penso infatti che la scialba esibizione fosse stata cercata dagli Eelst per andare a finire all’ultimo posto. (In realtà il mio dubbio è che gli Elii abbiano anche volutamente rinunciato a voti “gestiti” da terzi: vi sembra possibile che la loro canzone si sia classificata ultima anche dopo la pessima esibizione (3 ½) di Facchinetti e Fogli?).

Purtroppo però praticamente nessuno ha avuto il coraggio di rischiare anche nell'anno in cui non si poteva essere eliminati. La sicurezza dei quattro passaggi in cinque giorni poteva e doveva rassicurare e dare più coraggio. Si spera che passata la novità qualcuno nel futuro provi ad avere più coraggio.

Il problema degli arrangiamenti sanremesi è altro punto dolente: gli arrangiamenti sono più o meno sempre gli stessi classici e dozzinali di sempre. Verrebbe voglia di eliminare i violini. Ma, semplicemente, sappiamo che i violini possono essere usati molto meglio. Sembra sia proibito, volontariamente o per incapacità, qualsiasi tocco di personalità o originalità. Quasi nessuno si salva: Mirkoeilcane (8) con un brano e un arrangiamento quasi modale; Biondi (7) che prova a fare una cosa alla Quincy Jones (ma poi si dimentica di fare uscire le trombe nel finale quando, arrivato il loro turno, tutto si esaurisce in un tiepido “pe re peppè”. Ma è possibile che nessuno abbia studiato gli arrangiamenti che facevano Billy May o Nelson Riddle per Sinatra, Ella e compagnia varia?); Gazzè (7) si salva ma qui il problema era che, a fronte di un bel brano e di un buon arrangiamento, la voce di Gazzè sembrava non riuscire a “tenere” il volume e la tensione orchestrale.

Più in generale le altre cose che mi sono piaciute sono state: lo splendido frammento iniziale di Diodato e Paci (7) (intro ripresa da Espinita della Banda Ionica 2002); il ritornello, la frase in inglese e la versione con Midge Ure (8) di Lettera al Duca dei Decibel (7 ½); la Vanoni che canta un bel brano scritto su di lei come una autobiografia di 3 minuti (8); l’etno pop di Avitabile e Servillo (7 ½ ); la contagiosa allegria de Lo Stato Sociale che, facendo dei propri limiti virtù, convince soprattutto chi non li conosceva (8); Ron che canta in maniera deliziosa una canzone che di Dalla ha i pregi ma anche alcuni difetti (7).

Ultima nota sui vincitori Meta e Moro (6 ½ ). Io penso sinceramente che questo sodalizio artistico possa essere molto dannoso per il giovane cantate pugliese. Dove Meta (7) lavora con cesello ad una alternanza di dolcezza e crudezza, dove lavora per racconto poetico, dove lavora per una certa raffinatezza musicale e per una vocalità a volte inaspettata, Moro (5) lavora per testi “impegnati” poeticamente grossolani e mai sfiorati da dubbi, voce urlata e melodie sin troppo semplici. Insomma ora Meta deve capire cosa vuole fare da grande e deve farlo in fretta per non correre il rischio di smarrirsi.