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Lou Reed & Metallica Liberi Pensieri Intorno a Lulu
A Due Mesi Dall'Uscita Proviamo A Ri-Pensare "Lulu", Il Controverso (e Complesso) Album A Firma Di Lou Reed & Metallica, Partendo Da Liberi Pensieri Sulla Poetica, Sonora e Letteraria, del Grande Newyorkese.
Ascoltato, l’ho ascoltato. Riascoltato anche (e più volte!) e ancora adesso quasi non so che scriverne. Probabilmente perché, in realtà, scriverne vuole dire ripensare globalmente il “chi è” artistico di Lou Reed: cosa vuole e cosa ha voluto, questa icona del 900, dalla musica. Così sto riascoltando questo Lulu anche oggi prima di scriverne e ora mentre ne scrivo. E probabilmente farò lo stesso sino a quando, nei prossimi giorni, invierò definitivamente queste righe per la pubblicazione. Oddio un paio d’idee in testa me le sono fatte da tempo e le spiattello subito.
Perché questo progetto con i Metallica? Perché voleva Rumore? E quale rumore insegue Lou Reed?
Il rumore che interessa a Lou Reed è probabilmente ancora quello di Metal Machine Music del 1975: un monolite sonoro con piccole variazioni. È lo stesso monolite rumoroso che ricercava nelle esibizioni del 2008 in compagnia di John Zorn (visti a New York e Milano). Un monolite fatto quasi esclusivamente di pedali su pedali (con un solerte tecnico che, tristemente, dopo ogni brano, resettava la pedaliera a Reed che guardava quasi inebetito!). Lou Reed aveva frequentato, in gioventù, ben altro rumore con i Velvet Underground ma probabilmente non era quello il Suo rumore. Quello era un rumore dinamico e inquietante. Avesse amato quel rumore questo disco lo avrebbe fatto dieci anni fa con i Sonic Youth! Invece l’ha fatto oggi con una band cotta e stracotta da anni dal punto di vista creativo (ma non strumentale e di esperienza). La fortuna dell’album è la co-produzione del sempre geniale e creativo Hal Willner cui probabilmente si devono, a livello sonoro, i momenti più riusciti dell’album.
Allora non amo Lou Reed? Assolutamente no. Io adoro l’artista newyorkese. Ne adoro le capacità poetiche, la voce incredibile e le grandi capacità compositive. Penso però che, a parte qualche album prodotto ottimamente da altri, spesso, a livello di suono e di produzione, avrebbe potuto fare di più.
Penso però che Reed - nonostante mi ricordi ancora delle recensioni lette nel 1976, a 14 anni, su Popstar (mitica rivista patinata su cui scrissero tutti i grandi giornalisti di allora) in cui si raccontava che il nostro suonava meno di un’ora e con i fari puntati contro il pubblico - sia, più che un uomo da sala di registrazione, un animale da palco, un Rock ’n’ Roll Animal come dice il suo grande live del ’74.
Ma vediamo da più vicino la genesi dell’album.
Lulu, uscito ai primi di novembre, è ispirato a due morbosi romanzi di Frank Wedekind, che creò questo personaggio a Parigi nel 1904, con gli scritti Lo Spirito Della Terra e Il Vaso Di Pandora. Lulu è da subito l’incarnazione tragica e moderna della Femme Fatale e già siamo in un territorio conosciuto sia da Reed, sia da noi suoi fedeli adoratori (Femme Fatale 1967 in The Velvet Underground & Nico). Ma Lulu non sarebbe diventata un’icona assoluta della perdizione senza il film Il Vaso Di Pandora che, nel 1929, con la regia di Pabst, fece nascere la prima grande Diva cinematografica, quella Louise Brooks, occhi scuri e capelli a caschetto neri, legata per sempre alla figura di donna fatale e misteriosa capace di portare l’uomo alla rovina e alla follia. Se le immagini della copertina del disco non vi aiutano a ricordare le fattezze della Brooks forse il rimando alla Valentina di Crepax potrà aiutarvi non poco. Sì, anche lei deve in parte le sue origini al personaggio letterario di Wedekin, ma ancora di più deve il suo viso a quello della Brooks! Tra gli altri anche John Zorn produsse due splendidi dischi (New For Lulu -1990- e More News For Lulu -1992- con Bill Frisell e George Lewis) utilizzando bellissime foto della Brooks.
Il disco.
Lou Reed in anni recenti si ritrova a lavorare su abbozzi di canzoni su Lulu in una prima stesura di un’opera teatrale da sviluppare nientemeno che con il grande regista teatrale Bob Wilson. Il materiale rimane nel cassetto e non prende forma per un po’ sino a quando, leggenda vuole, non avviene l’incontro fortuito con i Metallica e nel giro di pochi mesi il lavoro sul progetto si concretizza e si arriva all’album.
L’oscura storia è rinarrata splendidamente da Lou Reed partendo dal testo da lui scritto per lo spettacolo teatrale. L’arrivo dei Metallica ha reso il tutto semplicemente più forte e violento. L’apparato iconografico è poi di sicura presa anche se non per tutti i palati. Il risultato è un album fuori dagli schemi: duro, sporco e decadente e con grandi testi di una forza drammatica al limite dell’ascolto.
I would cut my legs and tits off
When I think of Boris Karloff and Kinski
In the dark of the moon
It made me dream of Nosferatu
Trapped on the isle of Doctor Moreau
Oh wouldn’t it be lovely
Questo è lo splendido e atroce incipit di Brandenburg Gate la prima canzone dell’album con una sola chitarra e la voce di Lou Reed calda e tagliente…purtroppo sommersa, dopo pochi secondi, dai suoni stantii e inutilmente monolitici dei Metallica e dalla voce di James Hetfield che ripete malamente small town girl come un corista inadatto al ruolo. L’album si discosterà pochissimo da questi momenti: grande crudezza e incisività letteraria che si scontrano con una violenza sonora che spesso mi appare falsa e grossolana.
“I have no morales…
I want to see your suicide
I want to see you give it up
Your life of reason
I want you on the floor
And in a coffin your soul shaking
I want to have you doubting
Every meaning you’ve amassed
Like a fortune”
“Non ho principi morali…
Voglio assistere al tuo suicidio
Voglio vederti rinunciare
Alla tua vita di ragione
Ti voglio sul pavimento
E dentro una bara, con l’anima tremante
Ti voglio vedere dubitare
Di ogni significato che hai accumulato
Come una fortuna”
...declama forte e incisivo Reed nella successiva The View, ma i Metallica picchiano senza sosta, con un bel rif potente ma senza lasciare intravvedere nulla di quella anima tremante. Poco si salva, nel primo cd, a questo massacro: l’inizio di Pumping Blood (altro testo veramente da pugno nello stomaco) - dove il quartetto d’archi diventa violoncello distorto e, quindi, chitarra elettrica - e quando la sua voce è accompagnata dalla feroce batteria di Lars Ulrich che lavora, come strumento solista, sul cantato; Iced Honey è puro Lou Reed al 100%; lo strano inizio, elettronico e sospeso, di Cheat On Me, ad opera di Sarth Calhoun, con una viola (di Jenny Scheinman anche arrangiatore dell’orchestra) a colorare in un crescendo drammatico del testo e della musica finalmente interessante (anche se l’entrata del rullante poteva essere gestita forse con più cura e ad un certo punto sembra non succedere più nulla).
Nel secondo cd le cose cambiano. I temi sono sempre più oscuri e la mano di Willner viene fuori sempre più decisa. S’inizia con Frustration che, nel primo minuto, vaga tra rumorismi ed elettronica per poi ripiombare nei soliti riffoni più volte felicemente sospesi a favore di break elettronici e di batteria.
Little Dog inizia con il basso metallico di Robert Trujillo e chitarre sospese su un parlato che tratta di sottomissione. È un brano molto libero, senza una melodia precisa ma con una grande carica emotiva e una grandissima tensione come di qualcosa che sta per accadere.
Dragon parte disturbante con una chitarra che rumoreggia e Lou Reed mai così sgradevole, cattivo e inquietante a declamare. Dieci minuti per un brano che finalmente centra, soprattutto nella più musicale seconda parte, i riff più azzeccati.
Ma è nei quasi venti minuti della finale Junior Dad che il disco vede in maniera più lucida e interessante il suo compimento. Una ballata circolare ed ipnotica su un tempo leggermente irregolare che parla dell’annullamento indementito della mente e della fine della vita. Della speranza di salvarsi aggrappato al braccio di chi, per un attimo, aveva fatto intravvedere ben altre possibilità che non la banalità della vita quotidiana. Il tutto concluso da una coda strumentale orchestrale carica di siderale suggestione.
Alla fine il giudizio è ancora sospeso. Certamente il disco non è un capolavoro e il lavoro dei Metallica è spesso fuori luogo, ma se avete la possibilità provate ad ascoltare l’album con i testi a fronte (sul sito del fan club italiano http://www.loureed.it/ ci sono belle traduzioni). Se il vostro stomaco regge vi troverete di fronte a pagine crude e affascinanti in cui il rapporto di forza e dipendenza reciproca, tra schiavo e padrone, è portato sempre alle sue estreme conseguenze; dove gli elementi conflittuali, a volte autodistruttivi, si sposano con una fortissima pulsione alla seduzione.
Varie le versioni dell’opera pubblicate sul mercato. La più prestigiosa e bizzarra? All’interno di un tubo alto un metro e 24 cm, largo 13 cm, con poster, testi, foto e, naturalmente, i due cd. Rimane da segnalare che lo spettacolo teatrale Lulu a regia di Bob Wilson passerà al Festival Dei Due Mondi di Spoleto dal 5 al 7 di Luglio.
Siamo destinati a essere schiavi
Semplici mortali qui sotto
Destinati a essere servitori
Tracklist
CD1
Brandenburg Gate
The View
Pumping Blood
Mistress Dread
Iced Honey
Cheat on Me
CD2
Frustration
Little Dog
Dragon
Junior Dad