"Eccoli,
senza apparente motivo che non sia il loro stesso esistere,
avanzare su sentieri impervi, che puntano a crinali abbandonati,
feriti dal tempo. Là dove la terra è percorsa da sagome
livide, bestie mute pronte a tutto pur di sfamare il loro
buio orizzonte. Al solo avvistarne qualche esemplare,
sentono la terra contrarsi sotto gli stivali e le stelle
ritrarsi sù, sù in alto, dove lo sguardo non arriva neanche
levandosi il cappello dal capo. Lì il vento notturno fa
risuonare le pietre di antiche storie; secca radici e
arbusti; gela il piscio nelle ossa, senza possibilità
di fuoco alcuno, pena l'assalto di una morte immediata.
In questo luogo di tutto e di nulla, dove hanno spazio
precipizi improvvisi, stanno per ore nell'immobilità assoluta.
La sola mente libera di muoversi e di seguire quel canto
che nasce quando l'uomo e il suo limite si affrontano
spietati." |
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Rispetto
ad un tempo che pare lontanissimo, oggi i cowboy non allevano
bestiame, non partecipano ad alcun rodeo e nella maggior
parte dei casi non possiedono neppure un ranch. Certo,
indossano ancora cappellacci a larghe tese e magari un
paio di stivali, ma niente cavalli e cinturoni: non ne
hanno bisogno, perché le loro armi sono ben più pesanti
e i loro traffici ruotano attorno a mezzi e sostanze ben
più artificiali (basta guardare "Non è un paese per vecchi"
dei fratelli Cohen o leggere un romanzo di Cormac McCarthy
per rendersene conto). |
Anche quei pochi che ancora vivono inseguendo le mandrie
e i raccolti del terreno, sono delle minoranze costrette
a vivere ai margini della società ("I segreti di Brokeback
Mountain" di Ang Lee non è un quadro centrato solo sull'omosessualità
ed i testi di Annie Proulx ne sono un buon appendice).
Spesso costituiscono una categoria superata dal mondo,
impossibilitata a scegliere il proprio futuro (come nel
caso de "Gli spietati" di Clint Eastwood). Non vi bastassero
questi esempi, provate a pensare alla spirale di violenza
e povertà in cui sono ridotti i personaggi cantati da
Springsteen in "The ghost of Tom Joad" e in "Devils and
dust".
Eppure, nonostante questo processo di regressione, conserviamo
un'immagine valorosa del cowboy: lo immaginiamo investito
di un'epica e di un'etica eroica che ha la sua dignità
anche quando asservita al crimine (ancora "Gli Spietati",
ma più o meno qualunque western è un buon esempio di questa
fierezza). Merito del cinema, non c'è dubbio, ma merito
in piccola parte anche di un manipolo di musicisti che
si sono fatti portatori di un immaginario che continua
a guardare ad una terra di confine ancora attuale, oggi
più che mai viva e selvaggia, proprio perché priva di
qualunque senso di civiltà (la frontiera si è spostata
nel lembo di terra che separa Stati Uniti e Messico e
lì si innalza concreta come un muro, feroce, spesso barbara
nelle sue espressioni). |
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Tra questi songwriters, che potremmo considerare una banda,
ci mettiamo di sicuro Joe Ely, uno che da più di trent'anni
cavalca libero, fregandosene del business che avanza,
delle nuove vie di comunicazione e dell'industria che
sta appiattendo (anche musicalmente) il territorio, quello
che una volta veniva genericamente identificato col West..
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Considerati
dei fuorilegge (spesso a torto o a ragione si parla
di outlaw country) o degli esemplari in via di estinzione
(ma in realtà non è così, non bisogna lasciarsi condizionare
da classifiche e radio per cui qualunque musicista sopravviva
ai primi anni di carriera è già vecchio), questi songwriters
vivono a Sud (dove altrimenti?), per lo più nel Texas
o nelle regioni limitrofe. E sanno che per scrivere
delle canzoni degne di quel territorio bisogna puntare
lo sguardo verso il profondo Sud-Ovest, meglio se dalle
parti del Messico.
"E possibilmente tener presente la lezione di gente
come Stephen Foster, Hank Williams, Townes Van Zandt
e dei grandi padri del blues (non dimentichiamoci che
siamo sempre nella zona del Delta). Tutti, dai più vecchi
(Tom Russell, Guy Clark, Terry Allen ecc.) ai più giovani
(Shooter Jennings, Ryan Bingham, tanto per citarne un
paio), senza dimenticare le "loro" donne (Lucinda Williams
ed Emmylou Harris ovviamente su tutte) attingono al
medesimo paesaggio, alla medesima tradizione.
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Joe
Ely fa parte di quella generazione intermedia, cresciuta
nei saloon ma con nelle orecchie l'eco del punk e di un
rock'n'roll ormai adulto: tra i suoi ideali compagni d'avventura
potremmo infatti metterci Dave Alvin, Steve Earle, i Los
Lobos e già si capisce che stiamo risalendo un crinale
molto popolato e tuttora molto battuto. |
. My window faces
the South
Nato ad Amarillo, che si trova nella zona più a Nord
del Texas, Joe Ely non cresce come ci si potrebbe aspettare
in una ghost town, ma in una città popolata e sviluppata,
i cui dintorni sono comunque stabiliti da territori
aridi e deserti (non lontano ci sono un Cadillac Ranch
e il noto Palo Duro Canyon).
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La
sua giovinezza la trascorre nella vicina Lubbock, dove
ha modo di incontrare Butch Hancock e Jimmie Dale Gilmore,
con cui forma i Flatlanders (e con cui soprattutto inizia
un sodalizio fondamentale per la sua carriera). Con questa
band suona honky-tonk e rock'n'roll cominciando a sviluppare
un'attitudine che prende le distanze dai canoni nashvilliani
della country-music per seguire strade più marginali,
o meglio, visto dove ci troviamo, sentieri più impolverati
e tortuosi. |
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Dopo
un album a nome Flatlanders del 1972, Joe Ely avvia
la sua carriera solista nel 1977, nell'anno dell'esplosione
del punk: non ci poteva essere miglior battesimo visto
che di lì a breve Ely andrà a suonare a Londra dove
incontrerà i Clash. Con Strummer e compagni scatta la
scintilla, innescata dalla comune passione per Buddy
Holly, ("It was like the West Texas hellraisers meet
the London hellraisers. We were from different worlds,
but it was like, All right! Let's hang out some more!"):
la band inglese offre ad Ely la possibilità di suonare
su grande scala ed Ely ricambia portandoli in tour a
Laredo, Lubbock, El Paso e Wichita Falls (!). Di quegli
incontri resta traccia su "Should I stay or should I
go" (c'è Joe alle vocals) e sul disco dal vivo "Live
shots" (i Clash sono tra le foto nella busta interna).
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Per
il cowboy è il momento di cavalcare a spron battuto ed
Ely lo fa con una serie di dischi molto rock'n'roll: prima
con "Must notta gotta lotta" (1981) e poi con "Lord of
the highway" (1987), quest'ultimo uno dei suoi lavori
migliori, dà prova di aver maturato una scrittura e una
scorza rock davvero autorevoli (pezzi come "Me & Billy
the kid", "Everybody got hammered", "Are you listenin'
lucky" e "Letter to L.A" resisteranno a lungo nelle scalette
dei concerti e nel cuore degli appassionati). |
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Questo
periodo culmina nel "Live at Liberty Lunch" (1990),
testimonianza di un concerto tenuto ad Austin, nel Texas
appunto, e soprattutto conferma di quanto le canzoni
di Ely (grazie qua alla chitarra di David Grissom) riuscissero
a produrre un coutry-rock infuocato.
Il successivo "Love and ranger" (1992) dà ulteriore
visibilità alla musica di Ely, capace ormai anche di
colpi mainstream affatto banali (oltre ai "soliti" pezzi
dal valore epico), che lo portano ad apparire al David
Letterman Show e a suonare in tutto il mondo.
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Letter to Laredo
A
questo punto, forse perché percorsa fino in fondo la
vena rock o forse perché attratto sempre di più dal
confine messicano, Ely con un colpo di speroni sterza
ancora più verso Sud e prende la via dei canyon che
tanto già lo affascinavano.
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"Letter to Laredo" (1995) è il suo capolavoro, fondato
su un impianto acustico (steel e fisarmonica), ma soprattutto
sulla spanish guitar di Teye, chitarrista flamenco che
anche dal vivo svolgerà un ruolo fondamentale alternandosi
sul palco a Jessie Taylor, Lloyd Maines, David Grissom
e Jimmie Dale Gilmore.
Anche il songwriting assume sfumature più borderline
e lo storytelling già notevole si concentra su paesaggi
assolati con "Ranches and rivers" degni delle migliori
descrizioni di Cormac McCarthy. Tra le tante perle in
scaletta ci sono una sublime "Gallo del cielo" dell'amico
Tom Russell e la presenza di Bruce Springsteen alle
vocals.
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È
il momento qualitativamente più alto della carriera di
Ely, che sulla scia di "Letter to Laredo" pubblica "Twistin'
in the wind" (1998) e partecipa al progetto Los Super
Seven con membri dei Los Lobos e altri musicisti "figli
del Sud" (Flaco Jimenez, Doug Sahm, Raul Malo, Clarence
Gatemouth Brown, John Hiatt, Lyle Lovett ecc.). Anche
questo periodo viene sancito da un disco dal vivo "Live
at Antone's" (2000), registrato sempre ad Austin. |
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Il
nuovo millennio per Joe Ely si apre tra una reunion dei
Flatlanders (suggerita da un brano scritto insieme ai
vecchi compagni per la colonna sonora de "L'uomo che sussurrava
ai cavalli" di Robert Redford), qualche apparizione cinematografica
ed una nuova partecipazione al progetto Los Super Seven.
Nel frattempo Joe trova il tempo per lavorare ad una produzione
teatrale, scrivere romanzi e persino un "Bonfire of Roadmaps",
pubblicato dalla University of Texas Press, giusto per
dire lo status che gli è ufficialmente riconosciuto come
rappresentante della cowboy culture. |
Infine,
last but not least, per completare un lavoro che costituisce
ormai un'opera rappresentativa non solo del Texas, realizza
una manciata di dischi (live ed in studio) recuperati
più che altro dai suoi archivi.
Apparentemente avviato sulla via del tramonto, il cowboy
fa leva sulla classe, sull'orgoglio e sulle canzoni (che
non gli mancano), e parte per una cavalcata insieme al
fido Joel Guzman, che con la sua fisarmonica fa quello
che in fasi precedenti avevano fatto alle chitarre Jessie
Taylor, David Grissom e Teye: schiude scenari impervi
in cui la musica popolare corre libera come un cavallo
allo stato brado.
Anche stavolta è un disco dal vivo, ("Live cactus", 2008)
registrato ovviamente ad Austin, a immortalare quella
che per ora è l'ultima corsa di Joe Ely. Un cowboy che
si è già prenotato un posto suo su uno dei crinali più
appartati di quella terra di confine che è il rock. |
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"Up
on the Ridge I seen a rider passin' by
Up on the Ridge I seen a rider passin' by
I heard thunder in the distance
I seen lightning in his eye
Up on the Ridge I gotta tangle with my fate
Up on the Ridge I gotta tangle with my fate
Details must be dealt with
before the hour gets too late
Up on the Ridge there's a highway headin' home
Where the ramblin' men must leave their sin
Up on the Ridge
Up on the Ridge there's a fire about to burn
Up on the Ridge there's a fire about to burn
When the sun sets on the Lowlands, only one of us
will return
Up on the Ridge there's a highway headin' home
Where the ramblin' men must leave their sin
Up on the Ridge"
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Discografia
Joe Ely, 1977, MCA
Honky Tonk Masquerade, 1978, MCA
Down On The Drag, 1979, MCA
Live Shots, 1980, MCA
Musta Notta Gotta Lotta, 1981, MCA
Hi-Res, 1984, MCA
Lord Of The Highway, 1987, Demon Records
Dig All Night, 1988, Demon Records
Milkshakes And Malts, 1988, Sunstorm Records
What Ever Happened To Maria, 1988, Sunstorm Records
Live At Liberty Lunch, 1990, MCA
Love And Danger, 1992, MCA
Letter To Laredo, 1995, MCA
Twistin' In The Wind, 1998, MCA
Live At Antones, 2000, Rounder Records
Streets Of Sin, 2003, Rounder Records
Happy Songs From Rattlesnake Gulch, 2007, Rack 'Em Records
Silver City, 2007, Rack 'Em Records
Live Cactus (with Joel Guzman), 2008, Rack 'Em Records
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