Joe Ely

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Joe Ely Cowboy di frontiera

04/05/2008 di Christian Verzeletti

#Joe Ely#Americana#Songwriting

      
   Cowboy di frontiera

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"Eccoli, senza apparente motivo che non sia il loro stesso esistere, avanzare su sentieri impervi, che puntano a crinali abbandonati, feriti dal tempo. Là dove la terra è percorsa da sagome livide, bestie mute pronte a tutto pur di sfamare il loro buio orizzonte. Al solo avvistarne qualche esemplare, sentono la terra contrarsi sotto gli stivali e le stelle ritrarsi sù, sù in alto, dove lo sguardo non arriva neanche levandosi il cappello dal capo. Lì il vento notturno fa risuonare le pietre di antiche storie; secca radici e arbusti; gela il piscio nelle ossa, senza possibilità di fuoco alcuno, pena l'assalto di una morte immediata.
In questo luogo di tutto e di nulla, dove hanno spazio precipizi improvvisi, stanno per ore nell'immobilità assoluta. La sola mente libera di muoversi e di seguire quel canto che nasce quando l'uomo e il suo limite si affrontano spietati."

Rispetto ad un tempo che pare lontanissimo, oggi i cowboy non allevano bestiame, non partecipano ad alcun rodeo e nella maggior parte dei casi non possiedono neppure un ranch. Certo, indossano ancora cappellacci a larghe tese e magari un paio di stivali, ma niente cavalli e cinturoni: non ne hanno bisogno, perché le loro armi sono ben più pesanti e i loro traffici ruotano attorno a mezzi e sostanze ben più artificiali (basta guardare "Non è un paese per vecchi" dei fratelli Cohen o leggere un romanzo di Cormac McCarthy per rendersene conto).

Anche quei pochi che ancora vivono inseguendo le mandrie e i raccolti del terreno, sono delle minoranze costrette a vivere ai margini della società ("I segreti di Brokeback Mountain" di Ang Lee non è un quadro centrato solo sull'omosessualità ed i testi di Annie Proulx ne sono un buon appendice). Spesso costituiscono una categoria superata dal mondo, impossibilitata a scegliere il proprio futuro (come nel caso de "Gli spietati" di Clint Eastwood). Non vi bastassero questi esempi, provate a pensare alla spirale di violenza e povertà in cui sono ridotti i personaggi cantati da Springsteen in "The ghost of Tom Joad" e in "Devils and dust".
Eppure, nonostante questo processo di regressione, conserviamo un'immagine valorosa del cowboy: lo immaginiamo investito di un'epica e di un'etica eroica che ha la sua dignità anche quando asservita al crimine (ancora "Gli Spietati", ma più o meno qualunque western è un buon esempio di questa fierezza). Merito del cinema, non c'è dubbio, ma merito in piccola parte anche di un manipolo di musicisti che si sono fatti portatori di un immaginario che continua a guardare ad una terra di confine ancora attuale, oggi più che mai viva e selvaggia, proprio perché priva di qualunque senso di civiltà (la frontiera si è spostata nel lembo di terra che separa Stati Uniti e Messico e lì si innalza concreta come un muro, feroce, spesso barbara nelle sue espressioni).

Tra questi songwriters, che potremmo considerare una banda, ci mettiamo di sicuro Joe Ely, uno che da più di trent'anni cavalca libero, fregandosene del business che avanza, delle nuove vie di comunicazione e dell'industria che sta appiattendo (anche musicalmente) il territorio, quello che una volta veniva genericamente identificato col West..

. Me and Billy the Kid

Considerati dei fuorilegge (spesso a torto o a ragione si parla di outlaw country) o degli esemplari in via di estinzione (ma in realtà non è così, non bisogna lasciarsi condizionare da classifiche e radio per cui qualunque musicista sopravviva ai primi anni di carriera è già vecchio), questi songwriters vivono a Sud (dove altrimenti?), per lo più nel Texas o nelle regioni limitrofe. E sanno che per scrivere delle canzoni degne di quel territorio bisogna puntare lo sguardo verso il profondo Sud-Ovest, meglio se dalle parti del Messico.
"E possibilmente tener presente la lezione di gente come Stephen Foster, Hank Williams, Townes Van Zandt e dei grandi padri del blues (non dimentichiamoci che siamo sempre nella zona del Delta). Tutti, dai più vecchi (Tom Russell, Guy Clark, Terry Allen ecc.) ai più giovani (Shooter Jennings, Ryan Bingham, tanto per citarne un paio), senza dimenticare le "loro" donne (Lucinda Williams ed Emmylou Harris ovviamente su tutte) attingono al medesimo paesaggio, alla medesima tradizione.


Joe Ely fa parte di quella generazione intermedia, cresciuta nei saloon ma con nelle orecchie l'eco del punk e di un rock'n'roll ormai adulto: tra i suoi ideali compagni d'avventura potremmo infatti metterci Dave Alvin, Steve Earle, i Los Lobos e già si capisce che stiamo risalendo un crinale molto popolato e tuttora molto battuto.


. My window faces the South

Nato ad Amarillo, che si trova nella zona più a Nord del Texas, Joe Ely non cresce come ci si potrebbe aspettare in una ghost town, ma in una città popolata e sviluppata, i cui dintorni sono comunque stabiliti da territori aridi e deserti (non lontano ci sono un Cadillac Ranch e il noto Palo Duro Canyon).

La sua giovinezza la trascorre nella vicina Lubbock, dove ha modo di incontrare Butch Hancock e Jimmie Dale Gilmore, con cui forma i Flatlanders (e con cui soprattutto inizia un sodalizio fondamentale per la sua carriera). Con questa band suona honky-tonk e rock'n'roll cominciando a sviluppare un'attitudine che prende le distanze dai canoni nashvilliani della country-music per seguire strade più marginali, o meglio, visto dove ci troviamo, sentieri più impolverati e tortuosi.

.. Road hawg

Dopo un album a nome Flatlanders del 1972, Joe Ely avvia la sua carriera solista nel 1977, nell'anno dell'esplosione del punk: non ci poteva essere miglior battesimo visto che di lì a breve Ely andrà a suonare a Londra dove incontrerà i Clash. Con Strummer e compagni scatta la scintilla, innescata dalla comune passione per Buddy Holly, ("It was like the West Texas hellraisers meet the London hellraisers. We were from different worlds, but it was like, All right! Let's hang out some more!"): la band inglese offre ad Ely la possibilità di suonare su grande scala ed Ely ricambia portandoli in tour a Laredo, Lubbock, El Paso e Wichita Falls (!). Di quegli incontri resta traccia su "Should I stay or should I go" (c'è Joe alle vocals) e sul disco dal vivo "Live shots" (i Clash sono tra le foto nella busta interna).

Per il cowboy è il momento di cavalcare a spron battuto ed Ely lo fa con una serie di dischi molto rock'n'roll: prima con "Must notta gotta lotta" (1981) e poi con "Lord of the highway" (1987), quest'ultimo uno dei suoi lavori migliori, dà prova di aver maturato una scrittura e una scorza rock davvero autorevoli (pezzi come "Me & Billy the kid", "Everybody got hammered", "Are you listenin' lucky" e "Letter to L.A" resisteranno a lungo nelle scalette dei concerti e nel cuore degli appassionati).

Questo periodo culmina nel "Live at Liberty Lunch" (1990), testimonianza di un concerto tenuto ad Austin, nel Texas appunto, e soprattutto conferma di quanto le canzoni di Ely (grazie qua alla chitarra di David Grissom) riuscissero a produrre un coutry-rock infuocato.
Il successivo "Love and ranger" (1992) dà ulteriore visibilità alla musica di Ely, capace ormai anche di colpi mainstream affatto banali (oltre ai "soliti" pezzi dal valore epico), che lo portano ad apparire al David Letterman Show e a suonare in tutto il mondo.


. Letter to Laredo

A questo punto, forse perché percorsa fino in fondo la vena rock o forse perché attratto sempre di più dal confine messicano, Ely con un colpo di speroni sterza ancora più verso Sud e prende la via dei canyon che tanto già lo affascinavano.

"Letter to Laredo" (1995) è il suo capolavoro, fondato su un impianto acustico (steel e fisarmonica), ma soprattutto sulla spanish guitar di Teye, chitarrista flamenco che anche dal vivo svolgerà un ruolo fondamentale alternandosi sul palco a Jessie Taylor, Lloyd Maines, David Grissom e Jimmie Dale Gilmore.
Anche il songwriting assume sfumature più borderline e lo storytelling già notevole si concentra su paesaggi assolati con "Ranches and rivers" degni delle migliori descrizioni di Cormac McCarthy. Tra le tante perle in scaletta ci sono una sublime "Gallo del cielo" dell'amico Tom Russell e la presenza di Bruce Springsteen alle vocals.

È il momento qualitativamente più alto della carriera di Ely, che sulla scia di "Letter to Laredo" pubblica "Twistin' in the wind" (1998) e partecipa al progetto Los Super Seven con membri dei Los Lobos e altri musicisti "figli del Sud" (Flaco Jimenez, Doug Sahm, Raul Malo, Clarence Gatemouth Brown, John Hiatt, Lyle Lovett ecc.). Anche questo periodo viene sancito da un disco dal vivo "Live at Antone's" (2000), registrato sempre ad Austin.


. I'm on the run again

Il nuovo millennio per Joe Ely si apre tra una reunion dei Flatlanders (suggerita da un brano scritto insieme ai vecchi compagni per la colonna sonora de "L'uomo che sussurrava ai cavalli" di Robert Redford), qualche apparizione cinematografica ed una nuova partecipazione al progetto Los Super Seven. Nel frattempo Joe trova il tempo per lavorare ad una produzione teatrale, scrivere romanzi e persino un "Bonfire of Roadmaps", pubblicato dalla University of Texas Press, giusto per dire lo status che gli è ufficialmente riconosciuto come rappresentante della cowboy culture.
Infine, last but not least, per completare un lavoro che costituisce ormai un'opera rappresentativa non solo del Texas, realizza una manciata di dischi (live ed in studio) recuperati più che altro dai suoi archivi.
Apparentemente avviato sulla via del tramonto, il cowboy fa leva sulla classe, sull'orgoglio e sulle canzoni (che non gli mancano), e parte per una cavalcata insieme al fido Joel Guzman, che con la sua fisarmonica fa quello che in fasi precedenti avevano fatto alle chitarre Jessie Taylor, David Grissom e Teye: schiude scenari impervi in cui la musica popolare corre libera come un cavallo allo stato brado.
Anche stavolta è un disco dal vivo, ("Live cactus", 2008) registrato ovviamente ad Austin, a immortalare quella che per ora è l'ultima corsa di Joe Ely. Un cowboy che si è già prenotato un posto suo su uno dei crinali più appartati di quella terra di confine che è il rock.

"Up on the Ridge I seen a rider passin' by
Up on the Ridge I seen a rider passin' by
I heard thunder in the distance
I seen lightning in his eye

Up on the Ridge I gotta tangle with my fate
Up on the Ridge I gotta tangle with my fate
Details must be dealt with
before the hour gets too late

Up on the Ridge there's a highway headin' home
Where the ramblin' men must leave their sin
Up on the Ridge

Up on the Ridge there's a fire about to burn
Up on the Ridge there's a fire about to burn
When the sun sets on the Lowlands, only one of us will return

Up on the Ridge there's a highway headin' home
Where the ramblin' men must leave their sin
Up on the Ridge"



. Discografia

Joe Ely, 1977, MCA
Honky Tonk Masquerade, 1978, MCA
Down On The Drag, 1979, MCA
Live Shots, 1980, MCA
Musta Notta Gotta Lotta, 1981, MCA
Hi-Res, 1984, MCA
Lord Of The Highway, 1987, Demon Records
Dig All Night, 1988, Demon Records
Milkshakes And Malts, 1988, Sunstorm Records
What Ever Happened To Maria, 1988, Sunstorm Records
Live At Liberty Lunch, 1990, MCA
Love And Danger, 1992, MCA
Letter To Laredo, 1995, MCA
Twistin' In The Wind, 1998, MCA
Live At Antones, 2000, Rounder Records
Streets Of Sin, 2003, Rounder Records
Happy Songs From Rattlesnake Gulch, 2007, Rack 'Em Records
Silver City, 2007, Rack 'Em Records
Live Cactus (with Joel Guzman), 2008, Rack 'Em Records