
Zzolchestra Zzolchestra
2011 - Trovarobato Parade
I protagonisti di questo disco sono nomi a volte conosciutissimi in ambito pop-rock alternative. Alberto Polese alla Cornetta; Andrea Rigatti Sax Alto; Elena Maestrini Sax Alto e Soprano; Giovanni Gonano Sax Tenore; Massimiliano Gollini Sax Baritono; Antonio Sodano Vibrafono; Paolo Bottacin Wurlitzer e Piano; Alberto Danielli Chitarra e Tuba; Valerio Canè Theremin e Basso; Giambattista Tornielli Basso, Violoncello e Voci; Enzo Cimino Case Drums (una batteria formata da custodie di batterie ipotizzo…) e Percussioni.
Album sempre godibile nelle costruzioni sonore e nei temi con una scrittura che richiama quattro autori per sette brani e ben tre brani firmati da tutta l’orchestra.
Anche quando, come in Pasta E Fagioli di Elena Maestrini, i soli sono attraversati da venature free il pulsare ritmico è sempre intrigante. L’andatura morbida delle ritmiche ed alcune coloriture rimandano anche ad alcune cose da suono ethiope alla Mulatu ma spesso sono i piccoli sapori che danno caratteristiche sonore interessanti, e allora il vibrafono di Sodano, il Theremin di Canè -da tempo ormai leader assoluto dello strumento - , il sax baritono di Gollini aiutano a dare interessanti coloriture specifiche.
Sicuramente di una bellezza unica è comunque il primo brano Il Segreto Valzer Di Alessia, quasi sei minuti di poesia pura a firma di Giorgio Casadei. Qui il suono del sax baritono, sostenuto sommessamente da batteria e vibrafono, diventa in poche battute un suono orchestrale si cui si liberano i disegni del sax che poi ridiventa orchestra per un tema che ha una cantabilità giocosa rara. L’arrangiamento gioca a far rincorrere le linee melodiche sino al momento in cui i soli si sovrappongono prima del pieno strumentale e del lento e dolcemente nostalgico cadere del tema. Che dire: “Bello”; come bello è l’attacco delle claves del secondo brano Seicinque, altra composizione corale, in cui una battuta in sei si fa seguire da una in cinque in un modo così morbido e naturale che basterebbe poco per non accorgersene.
Particolare è la scelta di dare un cantato ed un testo, abbastanza surreale, ad una delle composizioni collettive, Vanda, che ha al suo interno un paio di stacchi assolutamente zappiani. La chiusura del disco è affidata al funk collettivo di Romeo in cui, tra stacchi e finte modulazioni, si fa strada un rap surreale sempre ad opera di Tornielli.
In definitiva album consigliato non tanto, o non solo, agli amanti di Jazz, ma a chi dalla musica aspetta mai banali morbide sospensioni e qualche sussulto inatteso.