Wild Palms Until Spring
2011 - One Little Indian
Il revival della fertile stagione new wave inglese sembra inarrestabile e in effetti i Wild Palms si collocano proprio tra Interpol e White Lies, un post-punk edulcorato, tendente al pop, stilisticamente perfetto, ma con la grinta necessaria a far sì che il disco scivoli via piacevolmente nonostante la durata delle tracce, quasi sempre superiore ai cinque minuti.
Non manca nulla: dal singolone ammiccante (Delight in temptation) alla ballata psichedelica con tanto di entrata a sorpresa degli archi (LHC), da lunghe cavalcate in crescendo che sfociano in rassicuranti ritornelli pop (Caretaker) a pezzi più languidi e oscuri (Draw in light, Carnations), anche se il meglio arriva verso la fine con i due piccoli capolavori noise The (never ceasing ever increasing) cavalcade e To the lighthouse.
Unica pecca del disco è la netta derivazione dai Joy Division, attenuata dal timbro piuttosto personale di Lou Hill e dal suo songwriting decisamente meno urgente e innovativo (sia dal punto di vista stilistico che dei contenuti) che non arriva mai a destabilizzare l´ascoltatore.
In definitva Until spring, soprattutto per gli amanti del genere, è un disco che permette di trascorrere un´ora proiettati altrove, tra le fabbriche, il Tamigi e manifesti sbiaditi di luoghi esotici.
Vedremo come proseguirà il cammino dei Wild Palms verso il prossimo disco, sperando che la maturità porti al quintetto inglese un´ancora maggiore personalità.