Wade Bowen Somewhere Between The Secrets and the Truth
2022 - Bowen Sounds / Thirty Tigers
Nonostante i riferimenti altisonanti richiamati nella biografia contenuta nel suo press kit (del tutto ovvi quando si mettono insieme le parole “Texas” e “songwriter”), la specialità di Bowen, da 20 anni e 4000 concerti, è il southern pop, ossia il country ispirato ma patinato, in cui pochi hellraisin’ honky tonkin’ rock’n’roll da bar alticcio contendono il posto sul bilancino di ogni cd a ballate polverose e zuccherose. Attenzione: non è una critica, né una presa in giro. Averne di pop così! Canzoni eleganti e ispirate, testi sempre dalla sufficienza in su, chitarre sempre in prima linea (addirittura anche il wah!), duetti con voci femminili da brivido, lap steel banjo e violino tenuti a bada e relegati a coloriture efficaci ma mai predominanti. Guardate che non è per niente facile! È come se il nostro Raf continuasse a sfornare disco dopo disco, da quarant’anni, pezzoni come Siamo soli nell’immenso vuoto che c’è, R4, Gente di mare, Superstiti, Via o dischi che suonano e spingono come Ouch! e La Prova (La danza della pioggia…), pieni di poesia e chitarre ma senza mai allontanarsi da un pop nervoso elettrico e colorato di rock. Come se Eros Ramazzotti avesse continuato a pubblicare dischi pieni di Musica è e Adesso tu, anziché L’aurora o Un’altra te… ma guidati da batterie vive, bassi pulsanti e un mare di sanguigne chitarre elettriche. Un mondo in cui non chiami Nathan East, Vinnie Colaiuta e Mike Landau per fargli suonare Più bella cosa… L’Italia sarebbe un posto migliore.
Wade Bowen ce l’ha messa tutta per rendere il Texas un posto migliore: da vent’anni (il suo primo disco solista è uscito nel 2002) scrive per sé e per mezzo mondo canzoni di qualità indiscutibile (anche se mai sopra le righe, nel bene o nel male), suona duecento concerti l’anno, è il cognato di Cody Canada (ex Cross Canadian Ragweed, oggi The Departed) e su quest’ultimo disco duetta con Vince Gill su A guitar, a singer and a song (“A guitar won’t change the world, but there’s nights that I think that it has”).
A spanne, tra live e raccolte, Somewhere between the secret and the truth è la sua tredicesima uscita discografica. Difficile dire in cosa si distingua dalle altre dodici ma, di nuovo, non pensate sia una critica: può dirsi lo stesso anche di AC/DC e Iron Maiden, ma restano i più grandi di tutti. Bowen non è il più grande di tutti, ma di sicuro è quello – tra i numerosi frequentatori del suo genere musicale – che sa mantenere meglio il difficile equilibrio tra rock, country e pop di cui dicevamo in apertura, insieme a Will Hoge: più pop il primo e più roots e sanguigno il secondo. Enormemente più sincero, onesto e rock di gente come Keith Urban o Dierks Bentley. I suoni sono sempre quelli (bellissimi) dei suoi altri dischi, gli arrangiamenti sempre perfetti pure, come la bravura e la costanza nell’impeccabile songwriting, e la voce che ricorda un po’ John Hiatt, così come la rara capacità di rendere credibili sempre le stesse canzoni che parlano sempre delle stesse cose… forse perché, alla fine, sono le cose più vere, quelle più importanti per ciascuno di noi, tra arrivi e partenze, nuovi inizi e storie finite male, ricordi ed entusiasmi, slanci e timori, grandi bevute con gli amici e notti di nostalgia e solitudine.
Solo un appunto si può fare a uno come Wade Bowen: quello di non rischiare un pizzico di più con produzioni meno patinate e più veraci, magari con una selezione ancora maggiore tra le canzoni: il rischio sarebbe quello di finire sulla stessa strada di Jack Ingram, da onesto bracciante della Big Machine discografica (era il nome della sua etichetta negli anni ‘2000, ma rende bene l’idea della enorme e ricchissima macchina di produzione musicale della Bible Belt) a fuoriclasse assoluto del cantautorato americano in soli due dischi (Midnight Motel, lavoro preparatorio al capolavoro Ridin’ High …Again, poi confermato da The Marfa Tapes con Jon Randall e Miranda Lambert), con un posto garantito nell’Olimpo dei grandi texani come Willie Nelson, Townes Van Zandt, Jerry Jeff Walker, Kris Kristofferson, Waylon Jennings, Billy Joe Shaver.
In fin dei conti, caro Wade, se un gigante come Guy Clark accetta di duettare con te (in To live is to fly, da The Given, del 2012) forse ce la puoi fare. Coraggio!