Vittorio Nistri, Filippo Panichi Nistri - Panichi
2024 - Snowdonia Dischi
#Vittorio Nistri, Filippo Panichi#Derive#Avantgarde ##sperimentazione ##avanguardia ##field recordings ##soundscapes
A fronte di un impianto tanto ingombrante e sofisticato, non passa inosservato l'impressionante patchwork di strumenti musicali (da segnalare, oltre ai succitati, il prestigioso contrabbasso di Silvia Bolognesi dell’Art Ensemble of Chicago, con un passato anch'ella in Deadburger Factory): da qui il duo allestisce coordinate chiare e fitte e, in una complessiva idea di nuda organicità, basata essenzialmente sull'utilizzo “fisico” dello strumento (urgenza di un contatto quasi voluttuoso evocato anche dalla copertina di Beppe Stasi e Gabriele Menconi), le enuncia deliberatamente, da Egisto Macchi fino ad Eno e al Battiato de Le Corde Di Aries, passando per Lucrecia Dalt, Fausto Romitelli e una sterminata lista di altre stelle polari appartenenti a un progetto in proprio ammaliante e immersivo.
Mentori che pure incrociano, per chi scrive, la maestra via dei giganti Berio, Maderna e Stockhausen, imprescindibili bussole nello sconfinato cosmo sonoro di particelle così uniche e raffinate.
Nel trittico iniziale (Il faro di Schrodinger, La risacca dell’alba, Maya Deren Blues) emerge la summa di tali orientamenti, incalzata da un linguaggio acusmatico rintracciabile, fra gli altri, in Charles Dodge, Elio Martusciello e Paul Lansky.
Pipistrelli sul frigorifero segna un'importante variante al tema, prodigo com'è di percussività sbilenca nutrita di resonant delays ad animare processi e timbri nel mare aperto di noise. Lo stacchetto di Segreti ben raffigura il giro di boa, esercizio che alterna asciutti fraseggi pianistici e giochi di synth in resonance & decay, intrecci particolarmente affini alla teatralità dello Steven Brown solista (tirato in ballo anche in Sheriff In Tiraspol, nel bel mezzo di un bizzarro e cameristico siparietto in cui aleggia l'apocalisse berlinese di Low…).
Nell'ultimo blocco incalza l’aria classica, talora abbarbicata agli istinti già tastati di musica concreta (La Costante Elastica, in principio con un focus su Pierre Bastien), e poi d'assalto, a briglie sciolte, su sinistri esperimenti (Giulietta Sotto Spirito).
Deciso a rimarcare i toni classici, lo spartito si fa intriso di vibrante melodramma, quasi a ricordare il fosco mood di copertina (Prove tecniche di solitudine): cornice ad un'eclissi in chiaroscuro e insieme opaca catalessi (distillata in stile Murcof) quale ultimo e lodevole sussulto.