Vincenzo Tropepe Cammisa Janca
2023 - Strade Blu Factory
Tropepe si presenta come un personaggio originale, appassionato, navigato, con jeans, giubbotto scuro, berretto, occhiali, una barba folta, un animo gentile e uno sguardo sornione, naturalmente innamorato della sua lingua e la sua terra. Non conoscevo questo artista autentico, nel vero senso della parola, ex fotografo e music lover fin da piccolo, che da grande risulta abbia collaborato con musicisti del calibro di Bob Margolin (con i Walking Trees nel 2012), Shanna Waterstown, Gina Sicilia, Joe Pitts, i Delta Moon e altri ancora.
Un passato con numerosi ascolti, dischi a go-go e una passione viscerale per la musica sempre più crescente. Dopo un breve soggiorno a Londra, è il bassista dei Dirty Magazine, poi nei Dreadful Sight e subito dopo con gli Stoned (punk) e poi ancora con gli X- Rated, i Mugwumps (nome preso da un romanzo di William Burroughs) e in seguito gli Electric Wheel Chair, il basso in una formazione di Reggio Calabria, i Lost In The Bush, fino a tempi più recenti con i Re Meliu (dove suona il basso Rickenbacker 4000 stereo); per le sue più disparate collaborazioni e partecipazioni in varie formazioni, ha suonato world music nei Re Niliu, un gruppo di Catanzaro di musica etno/world, con cui ha partecipato nell’ottobre del 1994 al Womex (acronimo per WOrld Music EXpo), un evento ed esposizione di world music internazionale di Berlino, organizzato dalla Real World di Peter Gabriel, e nel loro album In A Cosmic Ear nel 2015.
Ha suonato inoltre blues e southern-rock'n'blues nel quartetto dei Walking Trees (dal 1993), in duo con Marco Corrao e southern-rock nei Southern Gentlemen League, una band dedicata alla musica della Allman Brothers Band /Z.Z Top / Lynyrd Skynyrd, nata dalle viscere dell’entroterra calabro e di cui ricordo un album, My World In The Other Hand, del 2016, registrato a Gioia Tauro e mixato ad Atlanta (Georgia), nel corso di un loro tour americano. Di recente è stato in duo in giro per l’Italia con il suo Impala Tour con la sua Chevy Impala del ’68 e il dj Alessio Laganà. Tropepe è sicuramente uno dei più bravi bluesman dell’area calabrese e un musicista eclettico.
Cammisa Janca, nato e concepito durante il periodo pandemico, è il suo primo album solista (un sogno nel cassetto, fino a ora mai aperto) e per la prima volta alle prese con la sua lingua madre. Nel disco abbiamo Vincenzo Tropepe alla voce e chitarre, Don Antonio Gramentieri (chitarre, basso, mellotron), Nicola Peruch (organo, pianoforte), Roberto Villa al basso, Sergio Marazzi (cori, chitarre), Daniela Peroni e Denis Valentini ai cori e Piero Perelli alla batteria e percussioni.
Musica e testi di Vincenzo Tropepe, eccetto Cammisa Janca (musica di Gramentieri /Tropepe), ma va sottolineato, a garanzia di un album davvero bello, che il disco è prodotto e mixato da Don Antonio Gramentieri, a confermare e convalidare la bontà del progetto. Aggiungiamo, mixato e masterizzato a Nashville, Tennessee.
Sembra che l’album sia stato pensato e cantato in inglese, ma, a lavoro quasi terminato, l’intuizione geniale (apparsa in sogno) di Don Antonio Gramentieri è di trasporre il lavoro in dialetto calabrese. L’album è stato inciso al Crinale, studio di registrazione immerso nel verde delle campagne romagnole.
Nove canzoni per condividere storie, racconti, emozioni e sentimenti. In ogni canzone dell’album si respira quell’atmosfera del Sud Italia, di una Italia forse di un tempo, ma in cui si riesce ancora a raccontare storie lontane con nostalgia e cariche di malinconia, ma mai con rimpianto e dolore. Un disco sincero come il sorriso del Sud e la bravura (e ce ne sono tanti) mai attribuita e conclamata a certi artisti nostrani del nostro Bel Paese.
Nove brani originali che toccano diverse sfaccettature dell’animo umano per un disco introspettivo, intimo. Si parla talvolta in chiave ironica (fatico a capire i testi, ma sono nel libretto allegato al CD) di guerra in Cani ‘mbestialutu (… e lo straniero…campi sempre pensando alla guerra ma è finito anch’egli sotto terra), con espressione intensa e partecipata, come nel brano Jeu Gridu, di Oh Signuri!, U Fiumi (…non dici la verità parlando con i santi e con i morti…. intorno a me non c’è un’anima di un amico…).
Veniamo adesso al passepartout dell’album: per chi non conosce il dialetto calabrese (direi i più) è come chi non capisce l’inglese: non capisci le parole, ma ti fai trasportare dalla musica, come spesso avviene. La musica è universale e il disco di Vincenzo Tropepe ne é una piacevolissima conferma. L’iniziale Senti U Cielu Comu Chiovi ha il sound dei migliori Rolling Stones e le chitarre in bella mostra. Jeu Gridu è country-blues, Metallu e Orchidea acustica e introspettiva. U Dottori ha un suono accattivante, americano. Cammisa Janca è il frutto di una lunga gavetta “On the road”, un racconto dal piglio intimista. Comu N’Angelu di oltre sei minuti é puro soul, cori in chiave gospel e storie avvolgenti. Si conclude con U Fiumi, un rock d’effetto dove sono sempre le chitarre a tessere e ricamare un tappeto sonoro importante.
Un album con il giusto connubio tra le radici della propria terra e le sonorità a stelle e a strisce che mi piacciono tanto; il risultato è più che riuscito e lusinghiero.