FOUND AGAIN!
Mescalina DOCG vuole ricordare uno dei suoi cantautori preferiti. A distanza di qualche mese dalla sua morte, parliamo di lui e del suo ultimo lavoro.
Vic Chesnutt: Jacksonville, 12 novembre 1964 – Athens, 25 dicembre 2009.
At the Cut rimarrà l’ultimo album di Vic Chesnutt. Il giorno di Natale il cantautore di Athens partiva per l’ultimo viaggio troppe volte dolorosamente cercato dopo l’incidente che a 18 anni lo aveva paralizzato su una sedia a rotelle. Nato nel 1965 incontrava la musica dopo l’incidente e con lei musicisti come Mike Stipe, Bill Frisell, Elf Power (nel penultimo energico Dark Developments), Van Dyke Parks, Guy Picciotto (Fugazi) ed elementi di Thee Silver Zion e GodspeedYou! Black Emperor come nello splendido North Star Deserter del 2007 e in questo bellissimo At The Cut.
Un consiglio: il vinile, contiene il CD, rende più equilibrato l’ascolto del disco. Subito Coward mette le carte in chiaro. Il brano parte piano, in leggero crescendo sino a trasformarsi in urlo di rara potenza drammatica che solo i suoi compagni di viaggio potevano sostenere con questa massa sonora. È l’urlo del cane sottomesso e codardo quando ha paura, è la sua rabbia pericolosa.
Più intima When The Bottom Fell Out in solitudine con la chitarra, registrata in diretta con rumori e sospensioni che danno l’idea dell’intimità del momento. Chinaberry Tree si snoda come una ballata con un ritornello memorizzabile e una chitarra che ricorda il Neil Young più elettrico. Chain rimanda con il suo piano e la melodia a Joe Henry (che rimpianto non averli pensati prima assieme). Il brano avvolge inchiodandoti alla sedia mentre Vic canta delle nostre catene. L’ultimo brano della facciata è uno dei più alti del disco. Una ballad jazzata disturbata da strani rumori su cui si eleva dolce e straziata la voce in falsetto di Vic. Ho controllato più volte se la voce era sua o di un’ospite. La prima impressione era stata quella di trovarmi di fronte a una rediviva Nina Simone con il suo falsetto sottile e fragile!
Il lato b del disco parte speculare al lato a con l’altro brano in cui il suono si avvicina di più a quello dei suoi accompagnatori. Canto e musica sono tesi, diretti, drammatici e potenti! Concord Country Jubilee con le sue atmosfere rilassate separa il brano precedente a Flirted With You All My Life brano ad oggi difficile da ascoltare senza farsi prendere da una commozione che ricordo negli ultimi anni avere avuto solo con la devastante Spiritual di Josh Haden nella versione ´Unchained´ di Johnny Cash. La canzone, aperta solo con charleston, cassa e contrabbasso, parla del rapporto di Vic Chesnutt con la Morte. Della tentazione e del fascino che Lei ha avuto per lui; della Sua vicinanza con gli eventi della propria vita. Di come ci si senta impazzire quando gli amici vicini se ne vanno ´That really, I was not ready, no. Oh, death. Really, I´m not ready´. Di una madre che, dopo aver combattuto con il cancro, esausta si arrende dicendo ´Lord Jesus, please I´m ready" e di come, nonostante tutto, Vic continuasse a dire ´Oh, death. Clearly, I´m not ready, no, no´. Veramente difficile riprendersi dopo questo ascolto anche se la coda strumentale serve come decompressione per permettere l’ascolto degli ultimi due brani del disco. E l’incipit di ´It Is What It Is´ non si fa dimenticare ´I am a monster like Quasimodo…´. È il brano più lungo del disco e ci separa dallo splendido bozzetto famigliare di ´Granny´ con il quale il disco si chiude. Sono i ricordi che Vic ha della nonna: di quando preparava il formaggio in cucina; di quando puliva la dentiera dai semini delle more; di quando chiedeva del nonno e lei rispondeva che era morto poco prima che lui nascesse; e di quando, colpendoci ancora una volta, l’ultima volta, al cuore, la nonna gli diceva ´You are the light of my Life and the beat of my heart´...e Vic lo ripete tre volte come una ninna nanna infinita che sa di consolazione. ´Che tu possa godere ora della dolcezza della tua nonna e di tutte le persone che ti sono state vicine e che non c’erano più. Ciao ciao´.