Umberto Palazzo Canzoni della notte e della controra
2011 - Discodada
Messa alle spalle l’esperienza con i Santo Niente, Umberto Palazzo è, a tutti gli effetti, un cantautore, con uno stile di scrittura ben definito e un approccio alla vita visionario e minimale. Impetuoso ne La luce cinerea dei LED, esteuropeo ne La ballata dei basilischi, dolce e disarmante nel Terzetto della nebbia. Tante anime per un disco solo, vaganti, solitarie, vagabonde. Palazzo è l’esempio che Piero Ciampi e Tom Waits possono convivere assieme, giocare a carte e ubriacarsi per l’intera notte senza farsi problemi.
Palazzo è un ottimo solista, uno capace di prendere in mano un pezzo rock e plasmarlo a suo piacimento facendolo divenire altro. Canzoni della notte e della controra è piuttosto un incontro importante, vivido, che elude le frontiere, scavalca i confini, gioca con gli stili. Non si ripete e non si contempla, un disco fatto di terra e di tenebre, sanguigno e lugubre, non si rivela del tutto fino all’ultima traccia e solo lì, nell’epilogo, si contorce su se stesso per tornare all’inizio, alla nebbia, all’incontro in terra straniera, magari in un ostello al confine del Mediterraneo.
Insomma, tanta sostanza e un pizzico di forma per un album denso di spleen, rarità all’interno del panorama italiano. Peccato che siano pasto per pochi eletti, per coloro che amano ancora ricercare senza lasciarsi acquistare dalle radio e dai lanci commerciali. Impossibile restare impassibili, quando escono lavori così ben strutturati, non si può non gridare al miracolo.