L.A. Times<small></small>
Rock Internazionale • Folk

Travis L.A. Times

2024 - BMG

12/07/2024 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Travis#Rock Internazionale#Folk #pop-folk #Psych-Folk #Songwriting

L.A. Times è il decimo album per i Travis (Fran Healy, Andy Dunlop, Dougie Payne, Neil Primrose); il disco è stato definito dal frontman Healy, che tra pochi giorni compirà 51 anni, come il più personale della band dai tempi di The Man Who (1999), il loro secondo lavoro, con cui si aggiudicarono un Brit Award per il miglior disco e due Ivor Novello (per il miglior autore e la migliore canzone, premio per Why Does It Always Rain on Me?). Da allora intanto la voce di Healy è cambiata ben poco: oggi è più matura, certo, ma ha esattamente lo stesso calore duttile, intenso e avvolgente. Costante resta anche l’alchimia di ironia e intimismo che caratterizza le canzoni della band, mentre le sonorità ai più attenti continuano a mostrare comunque alcune evoluzioni e novità. 

Ad aprire l’album in gran spolvero è però un ottimo brano che ha conquistato subito anche i fan e che, per la melodia agrodolce di sicura efficacia, potrebbe stare bene anche in uno dei primi dischi del gruppo, nato a Glasgow 32 anni fa: si tratta di Bus, terzo singolo ad anticipare l’uscita del disco. Trama acustica folk confortante, bella linea di basso, ritornello insieme elegante ed accattivante, per un pezzo che parla dell’attesa del bus, come metafora evidente di giorni migliori, del vento fortunato che porti al successo, un vento cavalcato a fine anni Novanta, ma che non è stato sempre favorevole a un gruppo che in questi anni non si è fatto trascinare dalle mode del momento. D’altronde, questo disco è stato ispirato soprattutto dalle tempeste che travolgono, quelle emotive degli imprevisti della vita, come la perdita di un amico (la morte di Ringar Ledwidge nel 2021, regista dei video dei singoli Turn e Coming Around), separazioni (il bassista Dougie Payne si era separato già nel 2017 dall’attrice Kelly Macdonald, mentre solo nelle ultime interviste è emerso che è finita dal 2019 la lunga relazione di Fran Healy con Nora Kryst) e cambiamenti epocali come il cambio di management dopo ben 25 anni.

D’altra parte, ci sono anche gli amici che restano, come Chris Martin dei Coldplay, chiamato da Healy in un classico momento di crisi sul disco e sulla sua tracklist, e Brandon Flowers dei Killers, con cui i Travis hanno appena terminato un tour in UK prima di dare il via alle loro date estive in Europa: entrambi abitano abbastanza vicino alla casa di Healy a Los Angeles e sono corsi a impreziosire la corale Raze the Bar, che Martin avrebbe definito come la migliore canzone mai scritta da Healy e che racconta una serata tipo in uno storico bar di New York, che tutti chiamavano Black and White e ha dovuto chiudere i battenti durante la pandemia. Con un fascino sofisticato, tra tocchi di piano e glockenspiel, è uno dei brani più “americani” del lotto, che suona a tratti black e ricrea l’atmosfera amichevole del bar, in cui mandare al diavolo il passato e brindare al futuro.
New York torna come sfondo nella cinematica e malinconica ballata acustica Naked in New York City, con inserti di piano discreti e raffinati e un’interpretazione al contempo sobria e sentita; Healy la ritiene la sua città preferita, poiché ti offre la libertà di essere ciò che vuoi, ma le persone, a suo dire, si preoccupano ancora degli altri. “…and New York’s a piece of me now” è l’ultimo verso della canzone.



L’album, prodotto da Tony Hoffer (Air, Beck, Phoenix, Turin Brakes, M83, Belle & Sebastian, Grandaddy, Suede…), è stato registrato, invece, tra Glasgow e, come ovviamente indica il titolo, L.A., dove Healy ha vissuto gli ultimi dieci anni. La città, cuore dell’industria dell’intrattenimento globale, ma anche una metropoli definita come folle e pericolosa, dove ha visto incidenti, risse, ecc., è presentata dalla band e nel disco come un luogo in cui contraddizioni e problemi si manifestano prima che esplodano in altre parti del mondo, dal cambiamento climatico (incendi, inondazioni, ecc.) al razzismo e alle proteste di Black Lives Matter fino alle differenze sociali, con il contrasto tra ricchi e poveri e la gravità della situazione dei senzatetto, che Healy vede dal suo studio a Skid Row. Sono gli elicotteri della polizia ad aprire allora la title-track conclusiva, che, con note calde e tristi di piano e un cantato non prevedibilmente perlopiù rappato, racconta appunto questi contrasti accecanti ad es. tra miliardari e tossicodipendenti, tra la sofferenza e il dolore che si vedono dappertutto e l’ostentazione di ricchezza di chi passa con una costosa macchina sportiva e un anello di diamanti.

Non mancano altri brani con sonorità a stelle e strisce: è il caso per esempio di un pezzo folk-rock/pop-folk in odore di Americana come Alive, che celebra la fortuna di essere ancora vivi e poter mantenere in vita il proprio sogno e di contro l’inutilità di crogiolarsi nel rimpianto, oppure di Gaslight, primo singolo estratto dal nuovo lavoro, canzone sul fenomeno del gaslighting, che l'autore aveva letto essere la parola più cercata sul web. È un brano teatrale, quasi da musical, grazie soprattutto a un profluvio di fiati (tromba, trombone e sax) e si concentra appunto su manipolazioni psicologiche come ignorare le persone o varie alterazioni della realtà per trasformare le vittime in carnefici; si tratta di strategie messe in atto in vari campi come luoghi di lavoro, politica, scuola, amicizie, ecc., da chi sminuisce gli altri per poter brillare e alimentare la propria autostima a discapito di quella altrui.

L’ironia che filtra in questa canzone torna nell’atipica e a tratti sorprendente I Hope That You Spontaneously Combust, un brano con chitarre quasi à la Blur e un appeal a tratti psych, ispirato dalla presidenza Trump e in qualche modo da certi toni frequenti sui social, declinati però in un’immagine che, più che essere violenta, vuole essere comicamente da cartone animato.

Un bel folk tirato, colorato e appassionante è invece quello di The River, che alle sonorità americane sembrerebbe assommare suggestioni del folk celtico e scozzese e pure scintillii siderali e cosmici. È una dedica al figlio Clay, che oggi ha 18 anni, cantata con enfasi coinvolgente: gli presenta la strada che ha davanti a sé, il rischio di imbattersi in inevitabili delusioni, quando altri cercheranno di distruggere le sue idee o ciò che lo rende felice diventerà causa di sofferenza, ma lo rassicura che non gli porteranno mai via i suoi sogni; i versi “You’re such a little dreamer / And I love you so” in Home sembrano d’altronde sempre riferiti al ragazzo. La tenerezza e la saggezza di un padre sono, insomma, un altro dei temi del disco, ma non poteva mancare neanche una riflessione ancora più intima: Live It All Again, forse il pezzo migliore del disco, è una ballata delicatissima e minimale, con volumi e suoni calibratissimi e un’interpretazione accorata sull’amore che invecchia e si perde senza un vero senso, ma nella certezza che, tornando indietro, si rivivrebbe tutto di nuovo.

I Travis, in definitiva, sono tornati con un disco con testi non banali, spunti di riflessione, vari picchi di qualità ed emozione, e un’ottima produzione, elegante, misurata, di buon gusto. E dieci nuovi brani da assaporare in ogni sfumatura.

Track List

  • Bus
  • Raze the Bar
  • Live It All Again
  • Gaslight
  • Alive
  • Home
  • I Hope That You Spontaneously Combust
  • Naked In New York City
  • The River
  • L.A. Times