Thee Elephant Thee Elephant
2014 - Ivory / Gas Vintage
Tradotto in 10 tracce arrangiate nel giro di soli cinque mesi, Dola J. Chaplin & Co. (Sante Rutigliano e Simone Prudenzano, collaboratori di Oh Petrolium, e Milo Scaglioni, già bassista dei Jennifer Gentle) sparano in un mood dalle ascendenze distintamente beatlesiane ritmi e frenesie chitarristiche degne della migliore tradizione rock brit-statunitense, lanciandosi in un lavoro genealogico sospeso tra noise e garage, suonato e registrato sul modello “originale”, tutto rigorosamente live e con un registratore multitracce a nastro Studer degli anni ’70.
Eccessivi ma senza boria, come è dato essere solo mantenendosi sul precipizio di una certa eleganza esecutiva, i Thee Elephant hanno la stoffa dei veri epigoni che, senza irrigidirsi nei limiti del citazionismo, celebrano i pionieri di un genere riattualizzandone la scrittura musicale.
Partono turbinando con In Love Again e The Fool, orecchiabilissime e sostenute da un parterre di coretti “surfing” che danno un tono ecumenico a tutto il disco, insieme ad un focus ben piantato sul basso, più nitido in Hole in the Road - traccia dal tempo netto e trascinante – e nella ballad I’m a Loser.
Sempre convincente l’interpretazione di Dola J. Chaplin, soprattutto in Here for you, cantata con una densità vocale estenuata in toni ruvidi e taglienti, che ne fa uno dei pezzi più riusciti insieme a Home,
cucita nel suo gioco melodico a un arrangiamento in cui la strumentalità esorbita e trascina l’ascolto nell’enfasi metrica della sezione ritmica.
Floydiana Summerwind, soprattutto nelle discendenze tonali e nella cupezza graffiata della voce, per lo più ricalcata sul modello Gilmour ma non per questo meno attraente nella sua efficacia espressiva.
Che si richiamino al quartetto di Liverpool, ai Jefferson Airplaine, ai Grateful Dead, ai Creedence o ai precursori datati ’50, i Thee Elephant non rinunciano al proprio stile, prendendo come pretesto quell’attitudine al revival che va sempre più consolidandosi nell’ambiente “indie” italiano, per distillarla in una pratica musicale che alla datazione di uno stilema sonoro preferisce la ricerca di rinnovate performatività acustiche.
Il tutto all’interno di un disco che racchiude, in una personalissima rielaborazione, il vigore di una live session e un uso del suono quanto più fedele alla sua matrice storica.