The Talking Bugs Viewofanonsense
2013 - Lobster Art Collective/Audioglobe/Itunes
#The Talking Bugs#Emergenti#Alternative #Indie-folk #Acoustic
L’indie-folk si fonde con sobrie fantasie gitane o balcaniche, e con ritmi latini e sinuosi (si ascoltino per es. The Lovers e le chitarre minimali, eppure incalzanti di Laika) o sfocia in cenni di reggae (la delicata Wounds, appena velata di malinconia). Sonorità degne di quello che NME nel 2000 battezzò come New Acoustic Movement si colorano di sfumature world con un’attitudine alla contaminazione che ricorda quella di Beirut, ma, al di là delle indicazioni esemplificative, implica già un’impronta molto personale e uno stile peculiare.
Questi brani eclettici sono benedetti infatti da una buona dose di grazia, tanto da fluire con naturalezza ed efficacia e mostrare una discreta maturità del gruppo, nella padronanza dei propri mezzi, nella scrittura, negli arrangiamenti e nelle interpretazioni: la voce di Alessandro Di Furio è accorata ed avvolgente e possiede un’intensità mai sopra le righe, che potremmo definire cantautorale. Al bivio tra “believe in what you follow / or believe in what they say”, proposto dal delizioso singolo Consequences Of Your Sound, “addictive” nel suono scintillante delle chitarre, il gruppo sembra aver già scelto la prima via (“among the other ones there’s a story you can tell”, proseguono d’altronde le riflessioni generali del pezzo, applicabili anche alla musica).
Forse i testi acquisirebbero maggiore pregnanza se si facessero più distesi e narrativi, ma comunque riescono bene nell’intento di immergersi negli stati d’animo e condensarli in espressioni non banali, tra smarrimenti, disorientamento, ferite, rabbia, cadute da un lato e dall’altro l’attesa del ritorno del sole per “a hero with a broken sword”, nonché la necessità di dimenticare, guarirsi e ricominciare a camminare (insieme o da soli), superando le proprie paure e i momenti di sofferenza.
I Talking Bugs, ovvero Alessandro Di Furio (voce, chitarra classica, sequencer), Fausto Ghini (chitarra classica, voce), Paolo Andrini (contrabbasso) e Youssef Ait Bouazza (batteria, percussioni) sono ottimi musicisti e hanno idee più che interessanti, che si traducono in brani curati ed eleganti, nelle ritmiche suadenti e nei corposi suoni analogici, nei “chirurgici” inserti elettronici, nelle atmosfere misurate, che non scivolano mai pertanto in eccessi di pathos e rammentano la luminosità ferma, insieme tersa e struggente, di certi brani di Bright Eyes (si ascolti per es. una delle canzoni più convincenti di questo disco, Like a Ship in the Sea).
Auguriamo loro la carriera che meritano.