The Smiths The queen is dead
1986 - Warner
Con questo album la band ha consegnato agli annali della musica una sfilza di brani storici, imperniati sulla deliziosa e leggendaria chitarra jingle-jangle di Johnny Marr, le bellissime linee di basso di Andy Rourke e la ritmica della batteria di Mike Joyce, la cui semplicità e forse ingenuità anni ’80 ora suona modernamente lo-fi.
Brano di culto per più generazioni è in particolare “There Is a Light That Never Goes Out”, che canta la voglia di annegare in un disperato amore le proprie immedicabili inquietudini, mentre in “Bigmouth Strikes Again”, Moz, già vittima della sua sincerità clamorosa e delle sue intemperanze, si erge autoironicamente a Giovanna d’Arco della musica. “I Know It’s Over” è infine una dolente, drammatica ballata di solitudine ed esclusione, intrisa di atmosfere anni ’60, in cui Morrissey rielabora il binomio di Amore e Morte, esprimendo il suo precoce sentimento di predestinazione all’infelicità. “Life is very long, when you’re lonely”, chiosa la title-track, che all’intimismo lega una vena satirica non indifferente, anticlericale (come nel rock’n’roll di “Vicar in a Tutu”) e politica: in un disco che avrebbe dovuto chiamarsi “Margaret on the Guillotine”, come la canzone poi dedicata invece dal Moz solista alla Tatcher, non stupisce che ci si prenda gioco di Carlo d’Inghilterra. Morrissey d’altra parte è forse l’unico artista che potrebbe immaginare di scalare Buckingham Palace e rispondere al divieto della regina di cantare in sua presenza: “Non importa - dovrebbe ascoltarmi suonare il piano”. Anzi, è l’unico artista che alla regina Elisabetta potrebbe dirlo davvero.