Penso che a volte basterebbe riconoscere dentro di sè un pizzico di quello che gli altri ti hanno dato per recuperare un minimo di credibilità. Forse i The Gaslight Anthem di ´American Slang´ non sono altro che questo: per ora degli onesti proletari del rock’n’roll, con sogni e tributi evidenti. Cosi come erano onesti i riferimenti dei loro idoli continuamente omaggiati. Per le rivoluzioni sonore bussate da qualche altra parte, per la supponenza, per ora almeno, anche. Qui non se ne trovano! Può bastare?
Quando ´The Diamond Church Street Choir´ parte, mi dico di sì e mi chiedo perché uno come Ligabue, (giuro che ogni volta che sento questo disco non riesco a non pensare a lui!) che era partito così bene, non sia capace di produrre un disco come questo (e forse!) potrebbe anche farlo meglio. Probabilmente onestà significa avere un po’ di amici che non ti dicono sempre sì: amici con cui correre senza paura se si è ´nati per correre´ (e domani 25/08/2010 sono 35 anni che lo canti: grazie Boss).
Il disco ha bisogno di volume alto e poche domande. Non tutto luccica come si vuole far credere ma l’attacco della title track è la boccata d´aria fresca di cui a volte si ha bisogno. ´The Spirit of Jazz´ è la voglia di accendere il motore e andare dritti senza meta. ´We Did It When We Were Young´ una canzone in cui la voce roca di Brian Fallon riesce ad emozionare. Se poi tutto questo non basta possiamo aggiungere che i testi apparentemente non sembrano banali ma soprattutto che queste canzoni fanno venire voglia di essere sotto un palco come ragazzini o di saltare per la stanza fino a crollare per terra sudato urlando ´sono un prigioniero del rock’n´roll´. Perché non sono andato a Brescia settimana scorsa a vederli? Non lo so, probabilmente ho sbagliato.