As It Ever Was, So It Will Be Again<small></small>
Rock Internazionale • Songwriting

The Decemberists As It Ever Was, So It Will Be Again

2024 - Yabb Records / Thirty Tigers

22/07/2024 di Laura Bianchi

#The Decemberists#Rock Internazionale#Songwriting

C'erano una volta cinque menestrelli, che rispondono al nome collettivo di The Decemberists, e che si chiamano Colin Meloy (voce e chitarra), Chris Funk (vari strumenti), Jenny Conlee (piano, tastiere, fisarmonica), Nate Query (basso), e John Moen (batteria). I menestrelli erano animati da piccole ossessioni, come la materia arcana, la storia, il folklore, e rappresentavano le canzoni come messe in scena teatrali, spesso anche durante i live. Nel collettivo, costruito attorno alla personalità preponderante di Meloy, la Storia si scomponeva in storie, dal sapore insieme privato e pubblico, sostenuto da suoni che sottolineavano i testi, e non viceversa.

Ma Meloy, inattivo dall’album I’ll Be Your Girl del 2018, dopo alcune cover da solista e numerosi libri (la serie Wildwood, scritta insieme alla moglie illustratrice Carson Ellis), non ha mai smesso di pensare a come spingere i menestrelli a compiere la (forse) definitiva trasformazione in narratori completi, e ci riesce con questo As It Ever Was, So It Will Be Again, le cui idee potrebbero nutrire almeno tre dischi di altre band.

Attraversiamo così un cimitero (Burial Ground, alla Fairport Convention), in Oh No! siamo in una festa di matrimonio degna del miglior Bregovic, con tanto di fiati, seguiamo il duro lavoro di contadini in The Reapers, col rispetto silenzioso di chi non è abituato alla fatica, sottolineato da un flauto morbido dal sapore nordico. Il Medioevo e l'Irlanda sono sempre presenti, ma declinati in una tonalità stemperata da reminiscenze rock (i REM presenti nell'intro della ballata Long White Veil), country come in William Fitzwilliam, dalle deliziose background vocals, o west coast in Black Maria, ossia, il mezzo con cui i poliziotti trasportano i prigionieri, brano drammatico e ricco di fiati che sembrano sospiri dei perdenti descritti dai versi di Maloy, mentre Jenny Conlee sottolinea con la sua seconda voce la durezza della situazione; anche perché “The Black Maria - ossia, la morte -  comes for us all.”. 

Nel lavoro più lungo della band di Portland c'è davvero di tutto, dalla beatlesiana, arrabbiata America Made Me alla dolcezza da Beach Boys di Tell Me What’s On Your Mind, ma non si ha mai l'impressione di discontinuità o, peggio, di scarsa compattezza; i suoni sono coerenti, la voce mai tanto sicura come in questo disco, e le storie raccontate sono mature, brillanti e acute, anche quando trattano di dolore e fatica.

E un'opera così riuscita non poteva concludersi che con un gioiello prezioso e inconsueto: una suite di ben diciannove minuti dedicati alla storia di Giovanna D’Arco, Joan in the Garden, che contiene tutte le moltitudini creative del collettivo, dal dream folk al progressive, con l'aggiunta di campane pinkfloydiane, synth, rumori ambientali, archi, fino a una lunga coda hard rock, e la voce di Maloy a cantare “Make her ten miles tall, make her arms cleave mountains…write a line, erase a line” , per sottolineare come solo l'arte possa elevare all'eternità terrena le vite degli altri.
"As it ever was / So it will be again, again / Hosanna, hosanna, hosanna yeah!". Osanna, The Decemberists are back.

Track List

  • Burial Ground
  • Oh No!
  • The Reapers
  • Long White Veil
  • William Fitzwilliam
  • Don`t Go to the Woods
  • The Black Maria
  • All I Want Is You
  • Born to the Morning
  • America Made Me
  • Tell Me What`s on Your Mind
  • Never Satisfied
  • Joan in the Garden

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