Devo ammettere che ho impiegato del tempo per accorgermi di questo debut-album e chiedo venia se questa recensione arriva con un ritardo di qualche mese dalla data di pubblicazione. Sarà la copertina che, brutta e squallida com’è, non annuncia nulla di buono. E invece su quel divano fiorato, démodé e un po’ sudicio, sono seduti tre giovanotti del Wisconsin dallo sguardo attonito, il calzettone di spugna e soprattutto dal gran talento compositivo. ´In Deference To A Broken Back´ è un piccolo gioiellino che racchiude 11 tracce che catturano sin dal primo ascolto, in bilico tra folk, rock ed essenzialità acustica. A questo si aggiunge lo zampino di Justin Vernon a.k.a. Bon Iver alla produzione che rende il lavoro ancora più interessante. The Daredevil Christopher Wright sono eclettici e in grado di spaziare in diversi ambiti: hanno un pizzico di attitudine vagamente svogliata tipico di alcune band indie americane, collettivo Elephant 6 in primis (sia ben inteso: la svogliatezza è da riferirsi più nel modo di cantare che non nella pigrizia compositiva); a ciò si aggiungono un richiamo diffuso all’alt-country e al folk, e una gran sintonia con i lavori del prolifico Sufjan Stevens. ´The East Cost´ è un caldo abbraccio che si conclude con un motivetto bucolico; ´Acceptable Loss´ ricorda molto lo stile compositivo a tratti schizofrenico di Micah P. Hinson. ´We’re not friends´, una delle più riuscite dell’album, è la dichiarazione d’amore che ogni ragazza sogna sentirsi dire per strada da uno sconosciuto (possibilmente bello): base ritmica incalzante, dolcezza a profusione e parole pronunciate con discrezione. In ´Clouds´ sembra sentire i Built to Spill, in ´A conversation about cancer´ gli Apples in a Stereo in versione meno isterica e sintetica. Molto intimi e raccolti in ´War stories´. "In Deference to a Broken Back" è disco molto valido, la cui forza è da cercare proprio nella varietà di generi sfiorati e che trova un amalgama nel gran stile compositivo e nella piacevolezza delle melodie. Davvero consigliato.