The Chemical Brothers For That Beautiful Feeling
2023 - Universal Music
#The Chemical Brothers#Elettronica#Electronic dance music #dance #big beat #electronic dance #electronica
Il disco. Fra stilemi noti e presenze fisse, battono anche qui un colpo le lunghe cavalcate lisergiche, le corse affannate, rubando a più riprese la scena: intervalli di trip mentali incapsulati in labirinti allucinogeni si profilano come la Where Do I Begin di turno, a braccetto con Pioneer Skies, The Sunshine Underground, Marvo Ging e The Universe Sent Me. For That Beautiful Feeling va più volte a parafrasare stralci di vecchi appunti, come anche in Skipping Like a Stone, con un Beck sotto tono, pressappoco in linea col già sbiadito Wide Open, pezzo minore di Born In The Echoes (segno forse di un binomio purtroppo mai indovinato e ben lontano dalle vette di eccellenza in termini di “feat.”, su tutti Bobby Gillespie, Noel Gallagher e Richard Ashcroft).
Nelle grinze dello stesso canovaccio si fa preferire The Darkness That You Fear, edulcorato mulinello che volteggia fra le bolle di psichedelia pop marchiate MGMT, in acrobatica e iperbolica evoluzione nella trance tiratissima della successiva Feels Like I Am Dreaming, sballo tendente ai sette minuti con un mantra spasmodicamente reiterato in appendice.
Non finiscono qui “retaggi” e déjà-vu. Basta poco infatti per stanare altrove il monolite elettro-rock: là dove furono Let Forever Be, Setting Sun, The Test, I’ll See You There, qua sono (con le dovute proporzioni e sfumature) Goodbye e Magic Wand (quest’ultima godibilmente imbrattata di venature trip-hop).
A smussare gli aspri toni il duo si avvale di Halo Maud, apprezzata chansonnier sotto l’ala Heavenly Recordings, da par suo a sondare l’electro sul versante pop; dapprima nel singolo Live Again (con Dom & Nic a dirigerne il video, collaboratori storici dei Nostri, fregiati anche del “titolo” di registi in Hey Boy Hey Girl), poi in sordina nella title track conclusiva, la più classica delle chiose d’evasione post-delirio/sbornia (stessa lingua di una Surface to Air).
Varrebbe il bingo No Reason, se solo si lasciasse un po’ andare, e in apertura piazzasse acid bassline d’assalto, in piena regola french-touch, sbrodolandosi in intrugli cut ‘n’ paste. Il reale effetto si dissolve in tutt’altro, per carità bello, bellissimo, ma non la carta a sparigliar tutto. Poi ci sta quell’upbeat di corsa, il basso stopposo a spezzare un po’ il fiato, il break & bounce già sentito, ma vivaddio sì, l’atletismo e il plastico esercizio di ineffabile destrezza.
Ancora: Fountains rimanda a elucubrazioni funk di Push The Button, e The Weight sublima i palati di Leave Home (mitigando i bpm).
For That Beautiful Feeling, in definitiva, non sposta gli equilibri in una discografia portentosa che rasenta la perfezione; presta troppo il fianco al "tagliando" di routine e va a insediarsi a metà del guado: capolavori a parte, nulla può al cospetto di No Geography, sorprendentemente stracolmo di botti e miglior post Push The Button in assoluto; ed anche arranca al passo di Born In The Echoes (opera più feconda, inusitata, “speziata”). Ed e Tom, detto fra noi, sebbene ci mettano dentro la solita organicità ed eterogeneità creativa (dando sempre e comunque la sensazione di poterla spuntare a mani basse con la loro eminente balistica), questa volta non strabiliano. Che resti qui, fra queste quattro mura.