System Of A Down Mezmerize
2005 - COLUMBIA / SONY BMG
Dopo “Steal this album”, che era più un episodio intermedio, è arrivato quest’anno “Mezmerize”, disco che avrebbe dovuto portare avanti a tutti gli effetti le fila del progetto. Tanto più che dovrebbe essere seguito a breve da un altro album complementare, “Hypnotize”.
Già questa notizia ci ha lasciato con parecchi dubbi, perché non ci sembra altro che la solita mossa commerciale a cui siamo ormai abituati con i dischi doppi o sdoppiati, pronti a sfruttare la curiosità dei fans prima ancora che la creatività del gruppo.
Ad ascoltare infatti “Mezmerize” si ha l’impressione che i System of a Down stiano un po’ smarrendo la direzione della loro fertilità: il disco è costruito su alcuni passaggi ormai scontati del metal, non riesce a sorprendere come faceva “Toxicity”, ma soprattutto ha alcune cadute di tono davvero pesanti. “Cigaro” scade nel hard-rock grossolano e macho con un testo che martella inutili volgarità (“my cock is much bigger than yours”) e allo stesso modo suona ridicola la combinata “gonorrhea gorgonzola” di “This Cocaine Makes Me Feel Like I´m On This Song”.
A partire dall’inizio in sordina di “Soldier Side - Intro” che poi sbotta nel solito attacco pesante, l’impressione è che stavolta i SOAD abbiano giocato con i clichè del metal e dell’hard-rock faticando a superarli. Daron Malakian, Serj Tankian & C. riescono comunque a frullare anzi a macinare generi e influenze sotto la forza di quel rullo compressore che è soprattutto la batteria di John Dolmayan: momenti di una violenza travolgente si alternano bruschi ad aperture pop, riff appesantiti e sussulti metallici vanno in coppia con un canto che ingoia anche il rap.
Uno degli episodi migliori del disco è “Radio/Video” che, guarda caso, recupera quell’attitudine ardita di cui i SOAD avevano già dato prova in passato: in un contesto di chitarre e tastiere che sfiorano il pop si arriva a qualche stacco reggae per poi deviare verso una marcetta gitana. Nulla di trascendentale, ma il pezzo almeno ha quel minimo di gusto e di coraggio che altrove manca. Altrettanto si può dire di “Question!” e del tentativo riuscito in parte di “Old School Hollywood”, un lugubre ibrido di tastiere ed effetti elettronici piuttosto inusuali per la band.
In definitiva “Mezmerize” suona come un disco forzato, quasi snaturato, e la prova ultima ci sembra l’eccessivo spazio lasciato alla voce del chitarrista Daron Malakian a discapito di quella di Serj Tankian sicuramente più in grado di osare.
Ora non resta che attendere “Hypnotize”, ma la paura è che bisognerà attendere oltre prima che i SOAD tornino a schiarirsi le idee.