Swans To Be Kind
2014 - Mute
La sensazione è che sia la gentilezza dell’eccesso a dettare l’imprimatur per To Be Kind, disco dall’andamento parabolico che alterna, anche se non con regolarità, tracce sfrenate ad altre più letargiche, pur mantenendosi sempre su un comune registro di oscura solennità.
Anche stavolta gli Swans non hanno problemi a officiare un paganesimo musicale che fa della dismisura un oggetto di culto evocato nelle durate dei brani e nella loro forma disgregata, seppure ogni volta centrata sulla ripetizione ossessiva dei fraseggi strumentali e su una reiterazione ritmica diluita solo da devote strizzatine d’occhio alla pantonalità delle loro remote sperimentazioni.
E non hanno problemi in tal senso perché sono l’unica band ancora attiva che riesce a godere nel fare a pezzi la forma canzone con la stessa radicalità del gesto iconoclastico tipico delle avanguardie classiche primonovecentesche.
Tra un inchino al decadentismo psichedelico dei Doors e ai Pink Floyd e una riverenza al minimalismo americano (citato per buona parte della title track), gli Swans si autocelebrano con un disco meno opprimente di The Seer, concedendosi addirittura una cavalcata in odore di marcia militare (Nathalie Neal) e delicate cedevolezze da narcosi sonora (Kirsten Supine).
Con una cadenza vocale prevalentemente ispirata da Hypnos, ma scolpita e magnificata dalle sferzate di una Hybris timbrica implacabile, i mantra di Gira si alternano a furibondi algysh (She Loves Us), in un tripudio di synth e chitarre che inchiodano frequenze deliranti (vedi la coda della colossale Bring The Sun/ Toussaint L’Ouverture) all’ascolto, insopportabili solo se si prova a prendere le distanze da un album a tutti gli effetti fagocitante.
La realtà è ben altra, perché To Be Kind è un’immersione sorprendente nella prepotenza angosciosa del suono, fatta salva ovviamente la volontà di lasciarsi invitare negli abissi übernoise di Gira e compagni, dove è il rumore a dettare le coordinate per orientarsi nel loro caos allucinato e selvaggio.
Un disco scomodo per molti, probabilmente, ma un invito a nozze per chi non teme l’arte, soprattutto quando è un maelstrom di ricerca sonora di vertiginoso livello e dalla sensualissima potenza.