L’ascolto di questo cd è consigliatissimo non solo per la testimonianza genuina di questo percorso, ma anche perché contiene praticamente tutti i singoli di successo della formazione torinese, non tralasciando alcune chicche come l’appassionata, caricatissima versione originale di “Ghetto” (1987), quella travolgente dal vivo di “Io dio” che trasuda ortodosso rhythm and blues, la nuova (e la vecchia) versione della hit più celebre del gruppo, quella “Abbiamo vinto il festival di Sanremo” che dalle nostre parti aprì la strada all’ennesimo revival ska di inizio anni ’90, qui in verità in una versione che pare aggiungere poco in più rispetto all’originale. Completa il quadro il brano inedito di rito, la lineare e canonica title-track che, se probabilmente non verrà mai ricordata come uno dei pezzi più rilevanti della carriera degli Statuto, ha dalla sua il nobile intento di essere stata dedicata ai lavoratori cassintegrati o licenziati della FIAT. Da segnalare che i diritti provenienti da questo brano verranno devoluti al fondo di finanziamento per gli stessi lavoratori, coerentemente con la linea di attenzione sociale che da sempre accompagna il percorso del gruppo.
Nel mezzo di dipana cronologicamente la storia degli Statuto, a partire dai più acclamati estratti dell’album d’esordio “Zighidà”, su tutti la stupenda “Qui non c’è il mare”, fino alle indimenticabili “Vattene sceriffo”, “Solo tu”, “Cos’è?”.
Ascoltati in questa successione i brani scelti divengono ciascuno tasselli di un percorso ben più articolato di quanto, osservando la discografia degli Statuto, tenderebbe ad apparire. Percorso che Oskar e compagni lungo la loro storia, da bravi Mods, hanno avuto il coraggio e il buonsenso di deviare dalla rotta canonica dello ska per farlo approdare nei lidi di certo rock vecchio oramai di quarant’anni (e se qualcuno lo chiama brit-pop si tratta solo di differenti definizioni, la sostanza non muta), che se a tratti si limita ad una reinterpretazione aggiornata dell’atmosfera di quegli anni come in “Pugni chiusi” (brano dal testo evocativo e sibillino), altrove (Senza di me) gioca con i riferimenti ai primi Oasis, non sfigurando al loro confronto, anzi.
In questo gioco di riferimenti, ai quali gli Statuto non si sono mai negati, sono da segnalare gli attacchi della chitarra in pieno stile Who della peraltro bellissima “Se stiamo in tre”, e il beat irresistibile di “L’attimo fuggente”, altro episodio memorabile, che par provenire direttamente da una balera tardi anni ’60. Ritornando al fronte prettamente ska on potevano mancare le cover nella nostra lingua italiana dei Madness (Un passo avanti) e dei Bad Manners (Laura), e le recenti felici collaborazioni con una Rettore in levare (La mia radio) e Righeira (Sole mare), entrambi hit che richiamano feste estive e una spiccata solarità come del resto buona parte del repertorio del gruppo.
Questa raccolta, eterogeneo esempio di quanto si può fare musica pur rimanendo coerenti con una propria filosofia manifesta un’acquisita maturità proprio in virtù di un percorso che si fonda sulla visione a 360° di un periodo storico (gli anni ’60), piuttosto che di un genere, esplorandone le infinite sfaccettature.
Anche e soprattutto per le band di recente costituzione l’esempio degli Statuto è illuminante e sintomatico di quanto si può essere artefici della propria musica senza finire a ripetere all’infinito il ruolo di ska band, francamente poco interessante.
Discografia:
- Vacanze (1988)
- Senza di lei (1989)
- Zighidà (1992)
- È tornato Garibaldi (1993)
- Canzonissime (1996)
- Tempi moderni (1997)
- Riskatto (1999)
- Il migliore dei mondi possibili (2002)
- I campioni siamo noi (2003)