Slowdive everything is alive
2023 - Dead Oceans
#Slowdive#Rock Internazionale#Alternative #shoegaze #Indie-rock #dream-pop
Così in queste otto tracce, magistrali ed emozionanti, le note di synth modulari anni ’80 dal suono di vetro e siderali sono avvolte da chitarre shoegaze ricche di riverberi, corpose e dolenti, che trascinano nella loro scia malinconica, mentre i cori riecheggiano talora distanti e pulsanti come echi profondi del dolore (shanty, primo brano del disco e primo pezzo da cui la band è partita per mettersi al lavoro sull’album).
Altre volte le chitarre sono un abbraccio nostalgico, prezioso e intimo (la meravigliosa strumentale prayer remembered, con synth sognanti), o regalano arpeggi deliziosi che sostengono ritmi più vivaci e coinvolgenti, come in alife, in cui per la prima volta è accreditato come firma, con Halstead, anche un non componente, la sua compagna Ingrid Pop, che ha contributo come fotografa anche all’artwork dell’album, come già accaduto per il disco del 2017. alife è definita da Neil una vera e propria canzone pop, per quanto sappia bene che il gruppo non possa mai rientrare a pieno titolo nel genere; a Shawn Everett (già al lavoro con nomi come The War On Drugs, Alvvays, Weezer, Local Natives, ecc. e che ha mixato tutti i pezzi, ad esclusione di shanty e chained to a cloud, mixati da Halstead) avevano detto di voler addirittura qualcosa che fosse un incrocio tra The Smiths e Fleetwood Mac.
In andalucia plays, invece, chitarre pensose e synth impalpabili contribuiscono allo stesso effetto rarefatto, placido, delicato e onirico; non mancano inoltre atmosfere sospese in cui immergersi, riff di tastiera anni ’80 (quello ipnotico e liquido di chained to a cloud che a Neil ricorda Smalltown Boy dei Bronski Beat), bassi fascinosi e muri di chitarre elettriche tese e insieme galvanizzanti. Le interpretazioni delle due voci appaiono sempre pregne di emozione, mentre calibrano alla perfezione volume e intensità, dal sussurro etereo come un sospiro dell’anima al canto più affascinante.
Nei versi emozioni oscure si ammantano della speranza dell’attesa di un cambiamento, si parla delle difficoltà del quotidiano con semplicità e immediatezza che si caricano di intensità, si fermano nel tempo i ricordi che conservano “the dark heart of everything”. Palpita inoltre il desiderio di allontanare fantasmi e sofferenze per ricominciare da capo, come nel trascinante singolo kisses, che Halstead temeva fosse un brano troppo leggero, complice anche la parola chiave del titolo, che non riusciva a non cantarci su, ma il risultato è convincente e fa fluttuare in una nebbia agrodolce, senza allontanarsi dalla qualità marchio di fabbrica della band.
Un disco struggente e ammaliante, vivo e catartico, dalla bellezza estatica e sofferta, che accarezza e guarisce.