Six Organs Of Admittance Shelter from the ash
2007 - Drag City
Ora il fatto che Ben Chasny abbia intitolato la sua ultima fatica “Shelter from the ash” (ovvero “Al riparo dalla cenere”) è un ulteriore rimando al tema: la cenere è elemento prodotto e residuo del fuoco. E queste otto tracce sembrano proprio voler cercare un rifugio da quanto fatto e bruciato in precedenza.
Se la musica strumentale del progetto aveva finora fatto scintille, innescando volute psichedeliche, qua Chasny si ritira più nella forma canzone concedendosi ripetutamente anche al canto.
Rimane la sensazione di un trip, che non rinuncia ad atmosfera esotiche con qualche raga di stampo indiano e rintocchi ambientali fatti di drones, vibes, zahir e batin sounds.
Stavolta la visione è però meno accesa, più plumbea, e vi contribuiscono i testi, a tratti a apocalittici, con l’aggiunta di vocals, spesso gotiche (Chasny deve aver avuto una passione per gli Iron Maiden o giù di lì). L’insieme ha comunque il suo fascino e se ne viene ammaliati anche nelle parti più cantate come “Strangled road”, che è un po’ il pezzo simbolo del disco.
Non è difficile farsi rapire dal fingerpicking torbido e dalle reiterazioni acustiche al punto che questo può essere considerato il lavoro più accessibile dei Six Organs Of Admittance. Sono diminuite infatti le spirali elettriche a favore di un suono che sfuma in un’aria cinerea, lavorando su echi e toni baritonali, mentre schianti e vortici più duri fanno da corollario ad un’atmosfera che è cupa anche nelle descrizioni di paesaggi teoricamente bucolici come l’”equestrian land” di “Coming to get you”.
Se “The sun awakens” era un disco onirico, che bruciava al sole, “Shelter from the ash” pare provenire da un incubo, con tanto di creature mostruose a suggerire rimandi metaforici non certo idilliaci con la realtà.
Ci sono meno colori e uno strato di grigiore che fa da cappa ad ogni traccia, ma la musica dei Six Organs Of Admittance rimane una delle poche del genere neo-psichedelico in cui vale la pena perdersi.