Simone Alessandrini - Storytellers Mania Hotel
2021 - Parco della Musica Records
Insieme a lui ci sono Antonello Sorrentino (tromba), Federico Pascucci (sax tenore, clarinetto turco), Riccardo Gola (basso) e Riccardo Gambatesa (batteria, percussioni). Come ospite speciale si segnala l’intervento di Giacomo Ancillotto alla chitarra.
In continuità con il primo lavoro Simone propone un concept basato su storie vissute, semplici, senza protagonisti di dominio popolare che hanno in comune tratti di follia. Non si tratta di riferimenti a patologie cliniche ma a situazioni di anomalia e distorsioni rispetto ai canoni delle epoche di riferimento.
Non ci sono luci visionarie, allucinazioni o derive paranoiche da raccontare bensì l’evocazione di reazioni che si immaginano per i protagonisti in relazione al loro contesto, dal quale venivano allontanati.
Citiamo due brani esemplificativi in questo senso : Marina Luz e Dr. Semmelweis.
Il primo si riferisce alla storia di una bimba abbandonata nella giungla e cresciuta dalle scimmie. Dimenticatevi situazioni alla Tarzan o alla Mowgli, non hanno nulla a che vedere. Nessuna retorica eroica o da favola di avventura; la matrice latina della musica interallacciata con una polifonia alla New Orleans densa di staccati, di frasi brevi e di armonie sghembe (con perfino echi di accordi western della chitarra) rendono un effetto caleidoscopico semplice ma efficace, caratteristica che accompagna tutti i pezzi del lavoro.
Il secondo è forse ancora più significativo dal punto di vista dell’intento narrativo. La vicenda è quella del piuttosto noto dr. Semmelweis, passato alla storia come “dottor salvamadri” per aver scoperto nel XIX secolo che la miglior terapia per limitare le morti delle partorienti era quella di disinfettarsi le mani per limitare la trasmissione batterica. Deriso al tempo da tutto l’ambiente scientifico ricevette poi un riconoscimento purtroppo postumo. Il brano adotta schemi analoghi a quelli citati per la storia di Marina con però un piglio ritmico che a tratti pare impazzito o, meglio, sbigottito; facile associare questo effetto alla presumibile incredulità che accompagnò il medico in vita per quello che gli veniva erroneamente contestato.
Sembra quasi che si tratti di una disperata invocazione per essere ascoltato.
L’opera è offerta con l’aggiunta di un intro, degli intermezzi e una conclusione a richiamare una struttura a più movimenti tipica di una recitazione sinfonica. Particolarmente efficace da un punto di vista sinottico è il brano di apertura. Gli ingredienti sono presentati tutti: unisoni chiari e impro, cadenze stomp (o stoner…) e pronunce selvagge, ritmiche ostinate e strutture alla math rock fino anche a echi stemperati di accademia contemporanea. Per arrivare alla conclusione Exit in cui la recitazione spettrale di un testo poetico rimbalza tra una malcelata rabbia e un probabile ma anoressico ottimismo.
Un cenno anche al sapiente ricorso a colori diversi, espediente che favorisce la generazione di riflessi multipli e rapidamente variabili. Il suono “duro” del clarinetto turco, il ricorso al “karaoke toy”, la pronuncia tirata del sax alto, la voce filtrata del recital finale sono esempi di questo non secondario aspetto del lavoro.
Un plauso quindi alla capacità di usare la musica per comunicare non solo sensazioni ed effetti ma idee e concetti. Per farlo occorre dominare bene tutto lo spettro delle materie coinvolte e Simone & Co ci riescono benissimo.
Ottimo per chi ama l’inusuale non autoreferenziale.